«Tutto può andare a puttane in un millesimo di secondo», afferma Tokyo (Úrsula Corberó) all’inizio della quarta stagione de La casa di carta. Ed è anche la frase che meglio descrive le otto nuove puntate della fortunatissima serie (dobbiamo dare a Cesare quel che è di Cesare: a luglio 2019 sono stati oltre 35milioni gli account Netflix che hanno visto almeno un episodio durante i primi sette giorni di disponibilità della terza stagione). Bastano infatti una manciata di secondi di Game Over per capire che il regista Álex Pina ha mandato nuovamente tutto a puttane. Per la seconda volta. Dopo una terza stagione copia della prima, ecco arrivare la quarta che è un copia della seconda. Sì, cambiano le vicende, è vero, ma di fatto le dinamiche che snocciolano i vari imprevisti sono le medesime.
Da qui in poi l’articolo presenta spoiler
La terza stagione era terminata con Lisbona (Itziar Ituño) in mano alla polizia, il Professore (Álvaro Morte) in conflitto con se stesso, l’ispettore Sierra (Najwa Nimri) in pieno delirio d’onnipotenza, Nairobi (Alba Flores) colpita in pieno petto e il resto della banda ancora dentro la Banca di Spagna. Ed è da qui che la quarta stagione riparte. Sembra tutto allo sbando e si fa un po’ di fatica a riprendere il filo tra insubordinazioni, crisi di coppia e fastidiosi flashback. Arrivano i nemici dall’interno e gli alleati dall’esterno, il tutto avvolto in una linea autoriale poco chiara e a tratti surreale come Nairobi che riesce a riprendersi in poco meno di 48 ore da un’operazione che sulla carta consiste in una lobectomia polmonare. Alla faccia di Wolverine verrebbe da dire. Ma peccato che non siamo nell’Universo Marvel e che un tale inciampo di scrittura non può passare inosservato. Per trovare un po’ quel retrogusto delle prime stagioni occorre arrivare agli ultimi due episodi. Un tutti contro tutti dove i cattivi mostrano il lato brutale dei buoni e ciò viene utilizzato come arma per confondere le acque e rimettere in carreggiata il piano ideato da Berlino e Palermo. Nonostante La casa di carta 4 faccia acqua da tutte le parti, Álex Pina riesce comunque a valorizzare l’unico colpo di scena, che c’è e arriva alla fine della sesta puntata sulle note di Delicate di Damien Rice; l’uscita di scena di Nairobi – senza alcun dubbio tra i personaggi più interessanti dell’intera serie insieme a Berlino – è infatti ben studiata e riesce nell’intento di far emozionare lo spettatore. Insomma, mancano le intenzioni, manca la sceneggiatura e manca quella dose di veridicità che renderebbe il tutto più passabile. Viene da chiedersi quale sia il problema. Forse si è esaurita la vena creativa, forse l’acquisizione da parte della piattaforma ha portato danni inevitabili o forse semplicemente che dopo i primi 22 episodi non c’era più altro da raccontare che non fosse superfluo. Fatto sta che La casa di carta ha smesso di essere rilevante.