I The National sono una di quelle band che hanno saputo costruirsi una carriera solida, disco dopo disco, scavando nel cuore delle emozioni più profonde. Con la voce baritonale di Matt Berninger e testi che oscillano tra malinconia, speranza e introspezione, il gruppo ha creato un suono inconfondibile che evolve costantemente. Ogni album è una finestra su stati d’animo complessi, e mentre alcuni lavori brillano per coesione e impatto, altri sperimentano nuove direzioni con risultati più divisivi.
10. The National
L’album di debutto mostra una band ancora in cerca di identità. Lontano dalle sonorità raffinate dei lavori successivi, il disco mescola folk, country e rock alternativo, con risultati altalenanti. Nonostante la mancanza di coesione, tracce come 29 Years rivelano sprazzi del potenziale che emergerà in futuro. The National è un lavoro grezzo ma onesto, interessante per chi vuole esplorare le origini della band.
9. Sad Songs for Dirty Lovers
Con il secondo album, i The National iniziano a delineare uno stile più definito, ma sono ancora in fase di crescita. Sad Songs for Dirty Lovers è più cupo e raffinato rispetto al debutto, con Matt Berninger che affina il suo baritono distintivo. Brani come Cardinal Song e Murder Me Rachael mostrano maggiore intensità emotiva e lirica. Tuttavia, l’album risulta disomogeneo e manca la coesione che caratterizzerà i successivi lavori. È un passo avanti importante ma resta una tappa secondaria nella loro discografia.
8. First Two Pages of Frankenstein
First Two Pages of Frankenstein segna un ritorno più intimo e riflessivo per i The National. Il lavoro in studio esplora temi di fragilità emotiva e guarigione, con un sound morbido e arrangiamenti minimalisti. Tuttavia, manca l’impatto emotivo dei loro lavori migliori. Da sottolineare le collaborazioni di spessore con Taylor Swift e Phoebe Bridgers.
7. I Am Easy to Find
Con I Am Easy to Find, i The National sperimentano con nuove voci e suoni cinematografici. La presenza di molteplici voci femminili rende l’album unico nella loro discografia, ma la durata prolissa può risultare impegnativa. Tracce come You Had Your Soul With You e Oblivions brillano, ma l’album nel complesso è meno immediato rispetto ad altri. Pur essendo affascinante e ambizioso, manca un po’ di coesione.
6. Laugh Track
Rilasciato a sorpresa, Laugh Track è il complemento diretto di First Two Pages of Frankenstein, ma con toni più ruvidi e diretti. L’album riprende il lato più oscuro e sperimentale del gruppo, con chitarre più incisive e testi che affrontano l’incertezza e la perdita. Brani come Space Invader e Turn Off the House si distinguono per la loro intensità. Sebbene non raggiunga i vertici emotivi di altri lavori, Laugh Track offre un respiro più immediato e dinamico, mostrando un lato più spontaneo della band.
5. Trouble Will Find Me
Trouble Will Find Me rappresenta una sintesi matura del suono dei The National. Le atmosfere sono dense e riflessive, con brani come Sea of Love e I Need My Girl che esplorano temi di vulnerabilità e connessione. L’album non si prende troppi rischi, ma offre un’eleganza lirica e sonora che cattura l’ascoltatore. È un lavoro coeso, seppur privo di innovazioni radicali, e consolida il gruppo come maestri dell’indie rock adulto. Un album che cresce con l’ascolto, rafforzando la loro identità musicale.
4. High Violet
High Violet è stato l’album che ha consolidato i The National come una delle band più rilevanti della scena indie. Brani come Bloodbuzz Ohio e Terrible Love sono diventati classici, grazie a testi densi e arrangiamenti avvolgenti. L’atmosfera malinconica e oscura permea l’intero lavoro, creando una connessione profonda con l’ascoltatore. Sebbene alcune tracce siano più introspettive e meno immediate, High Violet è un capolavoro di emozione e raffinatezza, che ha definito un’era per la band.
3. Alligator
Alligator è l’album che ha segnato la svolta creativa dei The National. L’intensità emotiva e la scrittura affilata emergono in tracce come Mr. November e Abel. L’album è caratterizzato da una tensione costante, con liriche che esplorano ansie personali e relazioni complesse. È un lavoro grezzo ma potentissimo, che ha catturato l’attenzione della critica e dei fan, preparando il terreno per i successivi capolavori. Alligator è il primo grande album della band, capace di trasmettere una visceralità che resta indimenticabile.
2. Boxer
L’atmosfera elegante e malinconica di Boxer si riflette in brani come Fake Empire e Slow Show, che esplorano la quotidianità e le insicurezze con delicatezza. Gli arrangiamenti raffinati e la voce baritonale di Berninger creano un’opera sofisticata e coesa. Boxer è un album che richiede attenzione, premiando l’ascoltatore con ogni nuova scoperta. È un disco intimo ma potente, simbolo di una band che ha trovato la propria voce in modo definitivo.
1. Sleep Well Beast
Con Sleep Well Beast, i The National abbracciano sonorità più elettroniche e sperimentali, pur mantenendo il loro caratteristico lirismo. The System Only Dreams in Total Darkness e Day I Die mostrano una band che si reinventa senza perdere la propria essenza. Le tensioni familiari e personali si riflettono in testi intensi e arrangiamenti stratificati. È un album cupo ma energico, che cattura la complessità delle emozioni umane. Premiato ai Grammy Award 2018 come Miglior album di musica alternativa, Sleep Well Beast rappresenta il lavoro più coraggioso e riuscito della band.