Pur essendo prossimi ai quattro anni dallo scioglimento e con una discografia ufficiale che si conta sulle dita di una mano, l’influenza dei Daft Punk nelle vite di chi ascolta la musica, anche distrattamente, è enorme. È fuori discussione che il duo francese possa essere considerato tra i gruppi più influenti dagli anni Novanta a oggi: look iconico, opere capaci di accontentare un pubblico trasversale e una solida visione sulla propria opera li hanno resi un oggetto di culto che va oltre la semplice musica. Non è un caso che l’uscita nelle sale di Interstella 5555: The 5tory of the 5ecret 5tar 5ystem sia stata accolta con un boato internazionale, con una voce flebile proveniente anche in Italia, dove è stato possibile vederlo al cinema grazie alla sempre presente Nexo Digital. Breve riepilogo dell’opera, visto che si parla di un qualcosa uscito ormai più di vent’anni fa e facilmente reperibile su YouTube. Di per sé la storia è banale: una band aliena, che azzecca il singolo della vita, viene rapita e lobotomizzata tecnologicamente da un malvagio discografico che punta a ottenere il potere globale attraverso il successo del loro brano. Una sceneggiatura senza grossi spunti creativi, se non fosse per il finale, che svela che tutta la storia è in realtà nata dalla mente di un bambino che ricrea il mondo di Interstella 5555 con i suoi giocattoli mentre ascolta Discovery dei Daft Punk.
Fosse per questo, in tutta sincerità, si sarebbe di fronte a un qualcosa facilmente riconducibile al perimetro delle marchette per promuovere un disco. Ciò che ha reso rivoluzionario l’intero concept è il lavoro che c’è stato dietro. Discovery, infatti, era già stato concepito come colonna sonora di una futura opera audiovisiva live action o, come poi successo, in anime prodotto dalla Toei Animation. Casa di produzione leggendaria del panorama nipponico dal portfolio clamoroso, che include anche il successo globale di One Piece. I motivi che hanno portato alla creazione di questo ponte artistico tra la Francia e il Giappone sono due: Capitan Harlock e Leiji Matsumoto. Sì, i Daft Punk sono stati influenzati dalla cultura pop giovanile orientale e dalla sua visione rivoluzionaria e anticonvenzionale rispetto agli standard occidentali, alla quale Matsumoto ha dato il suo fondamentale contributo. Quando gli Stati Uniti erano rappresentati da Disney, Looney Tunes e dalla visione supereroistica DC e Marvel e in Europa dominava la scuola francofona che ha portato ad esempio a Tin Tin ed Asterix, in Oriente l’animazione spaziava dai robot ad Heidi, passando per l’Ape Maia e Anna dai capelli rossi. E sì, senza Mazinga non avremmo avuto quei caschi entrati nell’immaginario collettivo e, come da loro stessi affermato, alcune scelte stilistiche anche dal lato musicale sarebbero state diverse.
Il grosso problema di riportare Interstella 5555 nelle sale vent’anni dopo è il fatto che i master originali dell’opera sono irreperibili, anche in Giappone, cosa che ha reso impossibile sin dall’inizio un restauro partendo da essi. Inevitabile quindi il ricorso all’intelligenza artificiale per rendere l’opera fruibile per i cinema secondo gli standard attuali di alta definizione e giustificare, di conseguenza, il ritorno in sala. Cosa che ha portato a circoscritte polemiche sull’utilizzo dello strumento per il restauro, fondate principalmente sul fatto che si sarebbero persi alcuni dettagli grafici dell’opera originaria. Per chi scrive, che si ritiene tutto fuorché depositario della verità assoluta, l’uscita di Interstella 5555 nelle sale è stato un toccasana e un atto necessario ancora oggi. In un mondo caratterizzato dall’arte usa e getta e dal fatto che in un giorno del 2024 esce più musica che nell’intero 1989, vedere un’opera che abbraccia musica e film in un progetto unico di respiro triennale che non sia egocentrico è un atto rivoluzionario. Una visione molto comune fino ai primi anni Ottanta ma che ad oggi sono in pochi a percorrerla per il semplice motivo che, nell’era del tutto e subito, l’investire tempo e risorse su progetti impegnativi può portare a risultati deludenti o, dal punto di vista dei discografici, al non ritorno dell’investimento. Ma la cosa più importante è l’occasione di ascoltare una pietra miliare della musica europea in una sala cinematografica, con un impianto consono all’ascolto di canzoni che han fatto epoca e con la giusta potenza sonora.
Risentire pezzi come One More Time, Harder Better Faster Stronger o Something About Us in una sala ben attrezzata è un’esperienza che da sola è valsa il prezzo del biglietto. Se poi il “contenuto speciale” promesso ad inizio proiezione è la riproposizione dei cinque video di D.A.F.T.: A Story About Dogs, Androids, Firemen and Tomatoes, allora l’opera è compiuta: oltre all’ascolto di Discovery rivedi quel video di Around The World che, pur avendolo personalmente visto per la prima volta ventisette anni fa, ad ogni visione vieni travolto dalla carica rivoluzionaria di un qualcosa che ha fatto epoca. A chiudere la visione di Interstella 5555 il già noto video di Infinity Repeating, ultimo capitolo della storia della band francese che lascia l’amaro in bocca. Perché, pur essendo di fronte ad un brano tutto sommato trascurabile, la parte visiva vuole farci intuire che il duo francese poteva ancora dire tantissimo dal punto di vista artistico. Forse per la paura di fallire dopo tre dischi epocali, i Daft Punk han scelto di lasciare al loro apice e con lo status di inattaccabili. Cosa che solamente i grandi della musica sono stati capaci di fare.