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Nessuno può resistere al richiamo di Charli XCX 

Charli XCX torna con il remix di “Brat” tra caos emotivo e critica al famigerato music business, accompagnata da un cast all star: Billie Eilish, Julian Casablancas, The 1975, Ariana Grande, Lorde e Caroline Polachek

Ormai è stato scritto e detto ovunque. BRAT è senza ombra di dubbio il disco internazionale del 2024. Un fenomeno sociale (e social), di costume e persino generazionale, capace di catalizzare l’attenzione del mondo a colpi di verde acido e font Arial sfuocato. Un trend che ha saputo trasformarsi in uno stile di vita, uno stato d’animo, ma soprattutto il frutto di una campagna marketing veramente eseguita a regola d’arte: dai deejay set e pop-up tra New York e Ibiza alla conquista dei palcoscenici più importanti della musica globale come il Primavera Sound e il Glastonbury. E poi ci sono i billboard giganteschi che hanno tappezzato i luoghi nevralgici delle Capitali di tutto il mondo, TikTok e le sue coreografie capaci di spostare gli equilibri dell’industria musicale, l’influenza della PC Music – che ha ormai chiuso i battenti – e il compimento dell’hyperpop come genere che non si prende troppo sul serio. È per questo che siamo tutti pazzi per Charlotte Emma Aitchison. Entrare nel suo mondo significa essere cool, ma non troppo; sfrontati, determinati, ma anche vulnerabili, insicuri, pieni di pensieri (e problemi) per la testa.

Non è un caso che – a distanza di pochi mesi dall’uscita del suo sesto album in studio, quello che può essere definito della consacrazione a tutto tondo – Charli XCX è tornata con il secondo capitolo della sua Brat Era: Brat and It’s Completely Different But Also Still Brat, una raccolta delle sedici tracce originali del suo album remixate in collaborazione con uno stuolo di artisti molto diversi tra di loro. Nel progetto, si alternano suoni, texture e nomi molto diversi tra di loro. C’è Ariana Grande in Sympathy is a Knife, una critica non troppo velata nei confronti della musica e di chi la abita con i suoi atteggiamenti tossici. Ci sono i The 1975 e Jon Hopkins, perfettamente in equilibrio nel tappeto sonoro di I Might Say Something Stupid. C’è A.G. Cook nelle sonorità elettroniche, dirompenti ed ipnotiche di So I, lo storico producer e amico di vecchia data di Charli, nonché colonna sonora portante dell’intero progetto artistico. Nel calderone, trovano spazio anche Caroline Polacheck, The Japanese House (Apple), Lorde (Girl, So Confusing) Bilie Eilish (Guess), Troye Sivan (Talk Talk), Robyn e Yung Lean (360), Addison Rae (Von Dutch), BB trickz (Club Classics) e Shygirl (365). Ma le vere gemma del disco è I Think About it All The Time con Julian Casablancas degli Strokes, in cui Charli racconta una nuova parentesi di vita, dove i sentimenti di smarrimento e confusione in merito alla maternità la fanno da padrone.

Nell’intervista con Zane Lowe per Apple Music, l’artista originaria dell’Essex ha spiegato l’eterna dicotomia artistico-musicale che ha sempre vissuto in prima persona: «Sono un’artista underground di nicchia o devo essere una pop star? Con il mio precedente disco avevo giocato con l’idea di diventare una pop star, ma allo stesso tempo avevo creato uno strato protettivo intorno a questo concetto». Infine, ha aggiunto: «Tutto quello che faccio riguardo alla musica, è perché voglio farlo, perché amo così tanto la musica. Questo momento monoculturale è destinato a continuare». E proprio come dice la stessa Charli XCX, la BRAT season non si è esaurita con la fine dell’estate e non ha alcuna intenzione di terminare nell’immediato futuro. Se con il suo disco originale, l’artista statunitense ha riscritto i confini del pop mondiale, questa riedizione del suo LP più autentico trascende i generi spaziando dal clubbing a prezzi più intimi, non disdegnando la sperimentazione più pura e provando ad unirsi anche a mondi parecchio distanti (Ariana Grande e Lorde su tutti). E allora lasciate che questa stagione da ragazzacce prosegua. Anche se “completely different”, rimane pur sempre BRAT

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