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Tedua, destinazione Paradiso

Il Paradiso di Tedua è esattamente come deve essere: imperfetto e pieno di contrasti. «Nella vita soffre chi vuol essere sempre felice, perché non accetta che la vita è fatta anche di sofferenza», dice

Tedua è una di quelle persone che ti guarda fisso negli occhi quando ti stringe la mano per salutarti.  È uno di quegli artisti che legge (davvero) le interviste, gli articoli, i post che vengono pubblicati su di lui. Uno di quelli che fa molta attenzione alle parole, che si ricorda i commenti negativi, ma anche i giudizi positivi. È uno di quegli artisti che si incazza se mentre ascolti la sua musica in sua presenza guardi il telefono, per poi scusarsi quando capisce che non stai mandando un messaggio, ma prendendo appunti. Con Tedua ci chiudiamo per più di un’ora dentro una stanza che diventa quasi un mondo a parte, fatto di parole e musica. «Potete andare avanti a farmi domande fin quando volete», dice al ristretto gruppo di giornalisti che ha appena finito di ascoltare le otto tracce che vanno a chiudere il cerchio de La Divina Commedia (proprio mentre incontriamo Mario, arriva la notizia che il disco è certificato quintuplo disco di platino con oltre duecentocinquantamila copie vendute e tutte le tracce certificate).

Le otto tracce del Paradiso non metteranno d’accordo tutti e Tedua questo lo sa. Ne ha già avuto dimostrazione su Instagram, tra i commenti del post in cui annunciava la tracklist e i featuring. “Consigli: l’ultima volta che ve la siete presi coi feat era per Baby e Yugi e sappiamo tutti com’è finita. Lasciate che a parlare sia la musica”, ha aggiunto, dopo qualche ora, nella didascalia del post su Instagram che annunciava la tracklist. Ed è esattamente questo che tutti, dai fan della prima ora a quelli che l’hanno scoperto solo di recente, dovrebbero fare. Alla fine dell’ascolto mi soffermo su Mare calmo, che lui definisce «il pezzo più pop della mia carriera» e fatto «non per stremmare su TikTok». Nella traccia canta: “Caso mai dovessi trovar chiuso quel portone, sotto lo zerbino ti ho lasciato il mio doppione”. Il rimando a Il fabbricante di chiavi, uno dei brani a mio parere più belli di Mowgli, è quasi immediato. Tedua continua a dialogare con il se stesso del passato. Crescendo, artisticamente e personalmente, porte con sé pregi e difetti. «La tua è una domanda tosta e vedrai che le risposte verranno fuori durante l’intervista», mi dice, guardandomi negli occhi. «Un pregio, ma anche un mio difetto, è la spontaneità. Continuo a fare musica seguendo quello che mi passa per la testa. La storia di Mare calmo è privata e intima, ma i miei la conoscono e questo rende unico il valore di questo brano e sono certo che chiunque stia vivendo una situazione sentimentale simile ascoltandolo ci si ritroverà».

«Angelina sta al Paradiso come Kig Yugi sta alla Divina Commedia»

Diverse le collaborazioni presenti nel disco, da Tony Boy in Al limite, un brano in cui ritroviamo «l’original Tedua», ai fidati amici della Drilliguaria – Izi, Disme, Vaz Te’ e Bresh in Jolly Roger. Un brano di cui Tedua è orgoglioso e che mostra al pubblico quello che è «lo stampino unico della Drilliguria», con un ritornello che «solo Izi poteva fare così bene». Tedua ne è sicuro, per i fan del collettivo genovese sarà «un classico». Nel Paradiso non potevano mancare delle figure femminili, la scelta è ricaduta su Annalisa e Angelina Mango. Scelte azzardate? No, scelte spontanee, che raccontano perfettamente il suo modo di approcciarsi al pop, senza perdere autenticità e senza mancare di coerenza. «Il mio modo di fare pop non è ricercare la hit estiva. Annalisa è entrata nel mio mondo, con un brano (Beatrice, ndr.) che è un back2back con un sound alla Timbaland». Per quanto riguarda Angelina Mango, Tedua non ha dubbi: regge l’intero concept del Paradiso. Ne parlacon grande stima e rispetto e racconta nel dettaglio il loro incontro in studio, il modo in cui Angelina lo ha ascoltato e ha capito al volo quale fosse il suo “concetto di Paradiso”. «Nella vita soffre chi vuol essere sempre felice, perché non accetta che la vita è fatta anche di sofferenza. Per me “paradiso” è capire che a volte non è perfetto». Alla fine del nostro incontro mi dico che Tedua ha ragione: la risposta alla mia domanda è arrivata davvero durante il corso di tutta l’intervista. Perché nel rapper convivono un lato istintivo ed estroverso e quello più legato al controllo.

Pregi e difetti si delineano così, e si mescolano, perché dove io vedo qualcosa di positivo, Tedua potrebbe vedere un’arma a doppio taglio. «Il Paradiso non può essere totale quiete», e allo stesso tempo non può essere così neanche lui. Lo dimostrano i sette inediti del Paradiso, in cui ritroviamo il Tedua che abbiamo conosciuto agli inizi e quello che in tanti hanno imparato ad apprezzare oggi. Un artista desideroso di sapere («Nella vita ho sempre cercato le risposte a tutto da solo», dice), che non si ferma mai alla superficie delle cose e che riesce a tirare fuori il meglio anche dagli artisti con cui collabora. «Gli artisti mi rispettano, quando chiedono una collaborazione tutti ci tengono a darmi il loro lato meno superficiale e a fare bella figura». Durante l’ora insieme, Tedua rimanda più volte alla dimensione live. «Mi piace tirare pipponi sullo stato emotivo durante i live, ma so anche quali sono i pezzi che fanno divertire il pubblico. Quelli dove canto sono per me i momenti più belli durante il concerto. Mi piace cantare Red Light perché esco dalla mia comfort zone». E sui live del 29 e 30 giugno agli I-Days, che lo vedranno protagonista di due serate aperte da due pesi massimi del rap americano (21 Savage, il 29 giugno, e Offset il 30 giugno), ha da dire solo una cosa: «Nessuno è triste di essere in apertura, né gli artisti né i loro manager».

Ancora una volta Tedua riesce a colpire anche per la scelta della copertina del Paradiso. Uno scatto perfetto di un momento irripetibile, perfettamente fermato nel tempo dalla bravura indiscutibile di David LaChapelle: «Non mi pongo barriere nell’arte. L’arte, come ha detto Michele Placido, è abbattere l’ego. David LaChapelle e Michele Placido sono i miei cavalli di battaglia». Il Paradiso di Tedua è esattamente come deve essere: imperfetto, pieno di contrasti, di voci diverse che si mescolano in maniera perfetta. Un Paradiso dove non mancano le citazioni e i rimandi al passato, ma sempre con gli occhi puntati avanti, verso un futuro fatto di nuove consapevolezze, di pregi e difetti. Un Paradiso dove finalmente abbiamo imparato che la vita è fatta anche di dolore, e non solo di felicità.