Cinque anni. Un’eternità a livello musicale. Ma tanto è trascorso da Astroworld, ultimo caleidoscopico album di Travis Scott, risalente all’agosto 2018. E adesso che Utopia pare essere imminente, tra billboard promozionali e tour europeo che farà tappa proprio venerdì a Milano (per la prima volta nel nostro Paese), perché non ripercorrere le tappe di un artista innovativo, sempre sotto l’occhio della critica e osannato dai fan di tutto il mondo? I progetti ufficiali sono solo tre, aggiungiamoci volentieri due mixtape che sono state vere e proprie pietre miliari, ed escludiamo un joint album con Quavo (dimenticabile) ed uno con i JackBoys (sette brani e tutte hit, ne consigliamo assolutamente l’ascolto). Se pensiamo che dall’uscita di Astroworld c’è stata una pandemia mondiale, Travis è stato il primo artista ad esibirsi su Fortnite per ben cinque concerti esclusivi, ha subito passivamente la tragedia dell’Astroworld Festival, in cui morirono undici persone, ha incrementato la sua influenza anche nel Mondo della moda con marchio Cactus Jack… Tutto ciò forse non rende ancora l’idea dell’artista che stiamo aspettando sul palco degli I-Days.
4. Rodeo
Primo vero disco ufficiale per Mr. Webster. Sin da subito ci viene mostrata una varietà sonora che ritroveremo anche negli anni a venire. L’unica pecca è forse la massiccia presenza di featuring, che mettono un po’ in ombra l’artista stesso. Per l’epoca in cui venne pubblicato forse si infiló nel filone trap un po’ in ritardo (era l’anno di Culture dei Migos, Young Thug anch’esso esplose con Barter 6, vero e proprio gamechanger all’epoca), portando poco di innovativo. Resta il fatto che ogni traccia potesse essere pubblicata come singolo, Pray 4 Love, 90210 e 3500 ad otto anni di distanza risultano ancora tra i pezzi più apprezzati dell’artista.
3. Days Before Rodeo
L’anticipazione al primo disco solista è questo mixtape, pubblicato come antipasto per ingannare l’attesa spasmodica dell’esordio. Travis veniva da alcune produzioni con GOOD Music, le aspettative erano già alle stelle, ed i fan richiedevano musica in tempi stretti. Come accadrà successivamente durante tutta la carriera, salta subito all’orecchio la scelta di un determinato tipo di produzione, che spesso relega in secondo piano la voce di Travis. Esempi lampanti possono essere sia Grey che Quintana Pt. II, veri e propri banger all’epoca. E vi parliamo di un tape pubblicato solo online, tant’è che attualmente lo recuperate esclusivamente su SoundCloud. Roba da veri intenditori.
2. Birds in the Trap Sing McKnight
Il secondo album è sempre il più difficile, cantava Caparezza ad inizio carriera. Beh, difficile o meno, l’upgrade rispetto a Rodeo si sente immediatamente. Tracce meno lunghe e complesse (nel precedente si sforavano abbondantemente i quattro minuti), beats più cupi, uno stile che più si avvicina agli idoli dell’artista. Prendete ad esempio Through The Late Night, con Kid Cudi: la produzione ipnotica di Cardo sembra uscita da Man On The Moon, e su questa i due artisti vocalizzano, sperimentano, ci volano sopra raggiungendo un’amalgama perfetta. Che dire poi di Goosebumps con Kendrick Lamar? Se cercate sul dizionario la definizione di banger, vi spunta il link alla canzone su Spotify.
1. Astroworld
Un lunapark mastodontico in onore alla sua Houston, un monumento alla città natia, un disco con mille sfaccettature, poliedrico, lungo, ma che non stanca, anzi. Gli highlights sono tanti e di livello: Sicko Mode la conosciamo tutti a memoria, Stargazing, Butterfly Effect sono tutte hit che sappiamo a memoria. Ma anche il lato conscious è curato nei minimi dettagli, basti pensare all’armonica suonata, in Stop Trying To Be God, da un’eccellenza come Stevie Wonder. Il lavoro di Mike Dean in cabina di regia è accurato, le produzioni sono variegate, ogni canzone ti porta in luoghi diversi, come un intricatissimo lunapark mentale. Travis inventa e si re-inventa, evolvendosi rispetto ai due dischi precedenti. Con risultati eccellenti, esattamente come in passato.