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“C’mon C’mon” di Mike Mills è un grande film, ma con un enorme difetto

Guardando C’mon C’mon, si è fatta largo dentro di me una consapevolezza: gli statunitensi hanno una vera e propria ossessione nel rappresentare dei bambini antipatici, filosofeggianti, irritanti ma soprattutto irrealistici. Il film di Mike Mills infatti ha l’unico ma enorme difetto di averne uno come protagonista che rovina del tutto l’esperienza visiva. E dico unico non a caso, poiché a parte questo la pellicola si staglia nel suo perfetto minimalismo e naturalismo su uno sfondo caotico e sfocato, dove lavori di tale e rara bellezza sono oggi probabilmente unici.

Joaquin Phoenix, in quella che è probabilmente la sua più intensa, struggente e bellissima interpretazione, veste i panni di Johnny, un giornalista e creator che viaggia attraverso gli Stati Uniti per realizzare un documentario in cui racconta il futuro dal punto di vista dei bambini. Se pensava di conoscere bene questo mondo tanto innocente quanto complesso, dovrà rimettere tutto in conto quando la sorella gli chiederà di occuparsi per qualche giorno del piccolo nipote Jesse. I due, legati dalla sola parentela ma pressocché sconosciuti, cresceranno insieme, ognuno a modo suo, imparando cos’è l’amore e soprattutto la solitudine. Come dicevo, una trama essenziale ma emotivamente spietata resa ancora più potente dall’utilizzo di un bianco e nero delicato e sofisticato, che non cerca la spettacolarità visiva avvalendosi di forti contrasti ma preferisce che siano gli eventi a travolgere protagonisti e spettatori.

Peccato che si venga travolti esclusivamente dall’impertinenza di Jesse, il bambino più irrealistico che esista e che ti fa ringraziare il Signore per questo, poiché se ragazzini come lui fossero reali avrei già fatto scorta di cicuta. Le plausibili emozioni che Jesse vive nel caos della sua breve vita vengono totalmente amplificate ed esagerate al punto che empatizzare con lui diventa decisamente impossibile e il fastidio che provocano la sua impertinenza e le sue urla è diffuso e sempre più crescente. Nella storia, almeno, Jesse e Johnny riescono a conoscersi, a comprendersi e ad amare se stessi e la vita. Io invece continuo a sopportare a fatica i bambini.