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“Licorice Pizza”, la lettera d’amore di Paul Thomas Anderson agli anni 70

Quattro anni dopo Il filo nascosto, Paul Thomas Anderson torna a tratteggiare una storia d’amore all’apparenza disfunzionale, cambiando però completamente il punto di vista con cui i personaggi sono mostrati. Mentre ne Il filo nascosto i toni sono distaccati, freddi come il carattere dell’ambiguo protagonista, legato da una relazione enigmatica e morbosa a una donna molto più giovane, in Licorice Pizza lo sguardo è partecipe e profondamente empatico. I due protagonisti, inquadrati spesso da vicino, sono a loro volta caratterizzati da una differenza d’età notevole ma di segno opposto, dal momento che è Alana Kane, la protagonista femminile, ad avere dieci anni in più del quindicenne Gary Valentine: nonostante questa lontananza anagrafica possa sulla carta sembrare respingente, quella in cui lo spettatore si trova immerso è una storia d’amore tanto atipica quanto semplice e reale, in cui le parti del corteggiatore e del corteggiato si scambiano di continuo e i contrasti creano una tensione continua che unisce e divide i due protagonisti, molto spesso rappresentati mentre corrono, ora uno verso l’altra ora uno lontano dall’altra.

Alla fine della visione, quella che rimane allo spettatore è la sensazione di aver assistito al primo, difficile e naturalissimo amore tra due adolescenti: Gary ha quindici anni e Alana ne ha venticinque, ma mentre lei soffre l’entrata in un’età adulta che ancora non le appartiene, lui fa di tutto per sembrare più grande, e la loro interazione si configura quindi come l’unione complementare di due caratteri che solo insieme, in modo irrazionale come in tutte le vere storie d’amore, riescono a lanciarsi in una corsa verso un futuro incerto ma pieno di ottimismo. Il film, nonostante sia ambientato nel 1973, non accusa affatto i colpi di un effetto nostalgia macchiato di passatismo, ma si svolge con una freschezza, una leggerezza e appunto un ottimismo che degli anni Settanta ripropongono la dimensione del ricordo e non quella dell’uggioso rimpianto. In modo analogo, non scade nello sterile citazionismo il richiamo a un cinema passato, nello specifico alla New Hollywood amatissima da Anderson e già messa in scena in Boogie Nights, Magnolia (ambientato nella contemporaneità ma fortemente improntato dal cinema di Altman) e Vizio di forma. Robert Altman, una delle voci più particolari della New Hollywood, è il principale punto di riferimento di tutto in cinema di Anderson e, insieme ad American Graffiti di George Lucas, è fonte di ispirazione anche per Licorice Pizza: come già rilevato, i riferimenti al cinema degli anni Settanta non sono il centro della narrazione – come in La vita è un sogno di Linklater, quasi un remake di American Graffiti – ma lo sfondo dell’intreccio, ed è proprio questa particolarità, notevolissima in un’epoca in cui un citazionismo postmoderno sempre più spinto sembra imprescindibile, a dare all’opera la forza che le consente di porsi effettivamente sullo stesso livello di un film della New Hollywood, sfuggendo completamente all’autoreferenzialità dell’esercizio derivativo per cinefili.

Licorice Pizza, proprio perché si ricollega ai racconti della New Hollywood per le sensazioni trasmesse prima che per l’ambientazione esteriore, è un’opera comprensibilissima anche per lo spettatore più generalista, arricchita comunque da un comparto tecnico al livello degli altri capolavori di Anderson. La fotografia, curata dal regista stesso insieme a Michael Bauman, è caratterizzata dall’uso di lenti d’epoca, che enfatizzano la grana della pellicola e conferiscono al film l’impronta anni Settanta data anche dalla splendida colonna sonora, in cui, accanto alle tracce originali composte da Jonny Greenwood, figurano brani di David Bowie, Sonny & Cher e Donovan. A completare l’opera, le interpretazioni dei due protagonisti, il diciottenne Cooper Hoffman (figlio di Philip Seymour Hoffman, straordinario attore scomparso nel 2014 con cui Anderson aveva spesso collaborato) e la cantante Alana Haim, entrambi esordienti e proprio per questo adattissimi a portare in scena il turbamento del primo amore.