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I 10 migliori film di Alfred Hitchcock

«Un film è la vita a cui sono state tagliate le parti noiose», così parlava un paffuto omone inglese nato a Londra alla vigilia del XX secolo. Quell’uomo era Alfred Hitchcock, ovvero una delle personalità più influenti della storia del cinema. L’uomo ossessionato dalle bionde, inventore del MacGuffin e straordinario manipolatore della suspense, lo strumento narrativo per eccellenza del thriller. La sua vasta cinematografia contiene oltre cinquanta titoli che si è soliti dividere in due periodi, la cui frattura storica è identificata nel suo trasferimento da Londra ad Hollywood avvenuto nel 1940. Nella sua Inghilterra Hitchcock ha mostrato di possedere abilità non comuni alla cinepresa mentre, nella città delle stelle, ha saputo brillare come nessuno prima di lui, entrando nel firmamento della regia, diventando per gli appassionati cinematografici di tutte le latitudini l’osannato Maestro del Brivido. Un’etichetta così indelebile tanto che, come diceva sempre lui, «anche se avessi fatto Cenerentola, il pubblico avrebbe cercato qualche cadavere nella carrozza».

10. La congiura degli innocenti

Siamo di fronte ad una commedia nera, grottesca oltre ogni immaginazione. Gli abitanti del tranquillo borgo di Highwater (Vermont) devono fare i conti con il ritrovamento del cadavere di Harry Worp in cima ad una collina. Tre personaggi credono ognuno in cuor loro di aver accidentalmente provocato la morte di Harry nei modi più assurdi. Tutti gli abitanti della cittadina sono strambi all’inverosimile; chi dovrebbe piangere il defunto non versa nemmeno una lacrima, ognuno accusa se stesso dell’atroce atto ma, al contempo, nessuno vuole che gli altri facciano la scoperta del cadavere. Fotografia superba, prima collaborazione – che segnerà l’avvio di un proficuo sodalizio – con il maestro delle colonne sonore Bernard Herrman e un folle finale, sospeso tra la risoluzione di un giallo ed il commiato proprio di un film d’amore, sono gli ingredienti di una pellicola che fu distrutta dalla critica al momento della sua uscita, ma che invece si riscopre, a distanza di molti anni, una perla pregiata e nascosta all’interno del vasto repertorio del maestro londinese. Un film che anticipa di quasi cinquant’anni le acclamate pellicole dei contemporanei fratelli Coen.

9. Nodo alla gola

Phillip (Farley Granger) e Brandon (John Dall) per dimostrare la “teoria del delitto perfetto” uccidono il loro amico David e chiudono il suo cadavere dentro una cassapanca. La bara improvvisata sarà trasformata dai due protagonisti/antagonisti in una tavola imbandita. I due, infatti, hanno deciso di invitare ad un banchetto improvvisato poco dopo l’omicidio il loro ex professore Rupert Cadell (James Stewart) – con cui erano soliti dilettarsi in lunghe discussioni sulla morale e sulla relatività dei concetti di bene e male – i genitori di David e la sua fidanzata. Una cena surreale, con il morto sotto le vivande e con i due che, fieri di dare sfoggio della loro intelligenza superiore alla media, tentano di non farsi sgamare da un James Stewart via via sempre più sospettoso. Film stilisticamente straordinario: il primo film a colori del regista londinese, tutto ambientato in una sola stanza, nato «dall’idea un po’ folle di girare un film costituito da una sola inquadratura», come raccontò Hitchcock a Truffaut.

8. Il delitto perfetto

Tony (Ray Milland) è uno squattrinato ex giocatore di tennis che vive alle spalle della moglie, la meravigliosa Margot (Grace Kelly). Quest’ultima si innamora di uno scrittore di romanzi gialli, Mark Halliday (Robert Cummings) ed ecco che allora il subdolo calcolatore Tony decide che è giunto il momento di liberarsi della consorte inscenando un delitto perfetto che gli permetterà di ereditare, a tempo debito, la sua fortuna. È l’avvio di una serie di colpi di scena culminanti in un favoloso finale. Un noir – che pur prevedendo solo un paio di scene in esterni non appare mai claustrofobico – in cui la suspense monta progressivamente, lasciando sempre più spazio al thriller, fino a tramutarsi in un “giallo puro”. L’assassino assoldato, la mente malvagia, la damigella in pericolo, il poliziotto tutto d’un pezzo, l’aspirante investigatore, sono le pedine di un gigantesco Cluedo cinematografico. Un favoloso gripping movie, per dirla all’inglese; un film che, grazie ad una sapiente regia, coinvolge attivamente lo spettatore nelle indagini, incollandolo letteralmente alla sedia.

7. Notorious – L’amante perduta

I protagonisti sono Cary Grant ed Ingrid Bergman. Lui non è quel personaggio chic ed ironico a cui ci hanno abituato le tante commedie girate negli anni Trenta e Quaranta, bensì T.R. Devlin, un subdolo agente che ricatta Elena Huberman, forzandola ad andare in Sud America per ottenere informazioni su un gruppo di nazisti. Lei è la figlia di un tedesco condannato negli U.S.A. per tradimento che conosce molti membri della pericolosa società tedesca su cui sta indagando il governo americano. In Brasile Elena incontrerà Sebastian (Claude Rains), un vecchio amico di famiglia, e si scoprirà che l’unico modo per spiare Sebastian ed i suoi amici sarà quello di sposarsi con lui. Il problema è che nel frattempo il suo personaggio e quello di Cary Grant si sono innamorati. Notorious è contemporaneamente due cose: un film romantico che segue l’evoluzione di un complicato triangolo amoroso – la scena sul balcone della casa di Rio de Janeiro, della durata di tre minuti tra Grant e la Bergman è diventata famosa per il bacio più lungo nella storia del cinema fino a quel momento – ma anche un fine thriller di spionaggio. Il film vanta tanti estimatori, tra cui Truffaut, che ha definito Notorious come il film che preferisce, almeno fra quelli in bianco e nero del maestro, definendolo «la quintessenza di Hitchcock». 

6. Gli uccelli

L’avvocato Mitch Brenner (Rod Taylor) entra in un negozio di animali a San Francisco per comprare una coppia di pappagallini ed incontra la bella Melania Daniels (Tippi Hedren, alla prima apparizione sul grande schermo, musa e al contempo ossessione di Hitchcock che l’ha scoperta). Mitch non perde occasione per invitare la bella bionda a Bodega Bay, nella casa sulla costa in cui vive con la madre e la piccola sorella Kathy. La ragazza arriva per festeggiare il compleanno della bambina portando i due pappagalli in dono quando viene improvvisamente aggredita e ferita da un gabbiano. Sarà solo il primo caso di aggressione ad umani da parte di uccelli impazziti. Perché gli uccelli aggrediscono i protagonisti? Molti personaggi hanno la loro opinione ma lasciamo a voi il piacere di scoprirlo, magari ispirati dall’ultima celebre e silenziosa scena del film.

5. Intrigo internazionale

«Ho sempre voluto girare una scena di inseguimento sul monte Rushmore».  È quello che Hitchcock puntualmente farà in Intrigo internazionale; un sontuoso film di spionaggio adatto per tutti i palati e condito anche da tinte proprie della commedia sofisticata. Roger Thornhill (Cary Grant), un tranquillo pubblicitario, si trova coinvolto per errore in una vicenda di spionaggio ma, quando conosce l’ambigua femme-fatale Eva (Eva Marie Saint), amante dell’astuto villain Phillip Vandamm (James Mason), decide di gettarsi a capofitto, non senza conseguenze, nella oscura ed intricata faccenda. Intrigo internazionale è un film che racchiude tutti i temi cari al maestro londinese: lo scambio di persona, l’impossibilità per l’innocente di discolparsi, la rivalità fra il buono e il cattivo, innamorati fra l’altro della stessa donna, l’ambiguità della coppia. Leggendaria poi la colonna sonora che accompagna due fra i più celebri inseguimenti della storia del cinema: quello dell’aeroplano ai danni del povero Roger costretto a piedi, fra immensi campi di grano bruciati dal sole, così come la spericolata discesa di Roger ed Eva aggrappati ai lineamenti del viso di quattro dei più famosi presidenti statunitensi. Un film allo stesso tempo sofisticato e spericolato.

4. L’uomo che sapeva troppo

James Stewart e Doris Day sono una delle più affiatate coppie marito-moglie mai apparse sul grande schermo in questo che è un remake di un film del 1934 dello stesso Hitchcock il quale, in una nota intervista a Truffaut, aveva sostenuto: «la prima versione è stata fatta da un dilettante di talento, mentre la seconda da un professionista». Lui, Ben McKenna è un medico – l’uomo comune con cui lo spettatore può facilmente relazionarsi – lei, Jo, nella vita come nella finzione è una cantante, che nella pellicola si è però ritirata dalle scene per dedicarsi alla famiglia. I due decidono di intraprendere un viaggio in Marocco con il figlio Hank (Christopher Olsen) e tutto sembra scorrere placido e liscio finché la famiglia non incontra Louis Bernard, un misterioso individuo che fornirà loro informazioni top secret che metteranno in pericolo l’allegra famigliola. Da qui comincerà infatti una fitta rete di intrighi politici e sotterfugi che porteranno al rapimento del piccolo Hank e alla fuga della famiglia McKenna a Londra sulle tracce di oscuri terroristi. Il finale, ambientato nella meravigliosa Royal Albert Hall è preparato ad hoc per sconvolgere la placida atmosfera iniziale del film. Una lunga sequenza in cui la musica è assoluta protagonista, così come lungo tutta la pellicola grazie alla melodiosa e deliziosa voce di Doris Day che intona un motivetto inossidabile ancora oggi, a tanti anni di distanza: Que Sera, Sera, Oscar 1957 per la miglior canzone.

3. La finestra sul cortile

Jeff Jeffries (James Stewart) è un annoiato fotografo costretto sulla sedia a rotelle per una frattura alla gamba che decide di crearsi come passatempo un’attività che rispecchia a pieno il concetto di voyeurismo. Munito di binocolo e obiettivi fotografici inizia infatti a spiare, dalla sua finestra, le attività e le intime vicende che avvengono negli appartamenti dei dirimpettai, finché un giorno non scorge qualcosa di inaspettato e terribile, un omicidio, o perlomeno così egli crede. La pellicola è un trionfo della visuale in soggettiva. Viene ripreso di continuo Jeff, poi ciò che sta guardando ed infine la sua reazione alla scena osservata. Lo spettatore, grazie a questa ed altre tecniche impiegate dal regista londinese, entra pian piano in simbiosi con gli occhi e la mente di Jeff. Lo spettatore non lo prende per pazzo, diventa anzi un sostenitore delle sue strampalate teorie a differenza dei co-protagonisti della pellicola; la divina compagna di Jeff, Lisa (Grace Kelly), e la sarcastica infermiera Stella (Thelma Ritter), che invece non fanno altro che smentire, a volte in modo dissacrante ed umoristico, i suoi farfugliamenti. Il successo del film è frutto del connubio perfetto che si instaura fra romanticismo, comicità e giallo, la sua grandezza sta nel fatto che La finestra sul cortile è un magistrale film sull’arte stessa di fare film. 

2. Psyco

Marion Crane (Janet Leigh) è la tipica bionda hitchcockiana, segretaria di un’agenzia immobiliare che sottrae una corposa somma di denaro al suo ufficio per rifarsi una nuova vita con l’uomo che ama. Allontanatasi dal luogo del furto per sua sfortuna si imbatterà però nel tenebroso Bates Motel, dove avverrà l’incontro con Norman Bates (un leggendario Anthony Perkins), solitario gestore della struttura, dall’oscuro passato. Eccoci, dunque, all’epica scena della doccia; trentacinque isteriche e feroci inquadrature che, dopo soli quaranta minuti di pellicola, decretano l’orribile uscita di scena di Marion. Al suo posto subentrerà un’altra bionda, Lila Crane (Vera Miles), impegnata ad indagare sulla misteriosa sparizione della sorella. Atmosfere cupe, oggetti di scena che ci aiutano a comprendere l’anima deviata di Norman Bates, l’oppressione generata dall’alternanza continua di campi e controcampi, le magistrali musiche di Bernard Herrmann e la scelta del bianco e nero producono un film feroce, anzi puro per dirla con le parole dello stesso Hitchcock. Psyco è una serie di perfetti tecnicismi cinematografici messi in atto con l’unico scopo di generare un’emozione di massa. L’emozione in questo caso è lo spavento, per un Alfred Hitchcock che devia dai binari del thriller e, avvicinandosi all’horror (allora un genere underdog), fa subito centro, creando quello che fin dal principio sarà il suo film più amato dal pubblico.

1. La donna che visse due volte (Vertigo)

Poco dopo aver visto morire un collega poliziotto senza esser stato in grado di far nulla, paralizzato dalle vertigini, a John Ferguson (un malinconico James Stewart), devastato dal senso di colpa, viene affidato il compito di seguire gli spostamenti di una donna, Madeleine (una strepitosa Kim Novak), moglie di un suo ex-compagno di college. Sta per cominciare la più complessa e straordinaria delle avventure hitchcockiane. Un sublime gioco di specchi che tira in ballo oscure pulsioni, paure, doppiezze e reincarnazioni.  Il film vive di due fasi: i pedinamenti di Ferguson ai danni di Madeleine nei luoghi dell’oscuro passato della donna, all’ombra del Golden Gate Bridge, ed una seconda, che parte dal ritrovamento della misteriosa Judy Barton e procede fino alla conclusione della pellicola. Due parti cucite assieme dalla celeberrima e psichedelica scena dell’incubo, una delle sequenze più iconiche della storia del cinema. Due temi classici del cinema hitchcockiano come quello del doppelganger e del passato che torna a tormentare il presente raccontati come mai prima (e anche dopo) di allora.