La natura del suo nome d’arte, spesso e volentieri soggetta a critiche, la conosciamo un po’ tutti: «Voglio rappresentare per la musica ciò che Radio Gaga ha rappresentato per i Queen». Dopo aver ascoltato la sua interpretazione, di certo, si sarebbe potuta chiamare Lady Song e nessuno avrebbe potuto metter bocca.
Non saprei dire se Your Song rientri nella top 100 dei singoli più iconici del romantic pop britannico (e se sì, quale posizione occuperebbe) ma è chiaro che quando si pensa di fare una cover di un mostro sacro come sir Elton John, un po’ di pressione e remore legate all’inevitabile prospettarsi di confronti si viene senz’altro a generare, anche – e forse soprattutto – se il tuo nome è Lady Gaga. Ma la verità è che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” e, già dopo il primo ascolto, l’impressione è che zio Ben si riferisse proprio alla nostra Germanotta. Una interpretazione struggente dalla veste musicale quantomai delicata e raffinata, realizzata – proseguendo con la metafora sartoriale – con una seta pregiata (l’accompagnamento col pianoforte) ed uno strascico prezioso che le si adatta e la valorizza al meglio (il tappeto d’archi che sale verso la fine del brano).
Insomma: lungi da me dire frasi profane del tipo, “Your Song di John eclissata da Your Song di Gaga“ ma senz’altro non trovo azzardato dire che se il primo è il padre del pezzo, la seconda è sicuramente la zia di primo grado. Perché è vero, Your Song la cantiamo tutti a squarciagola con un accendino in mano, ma quella di Lady Gaga sembra quasi un sacrilegio sporcarla con la nostra voce, a prescindere dalle capacità canore che si posseggano.