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Tutti gli album di Lucio Dalla dal peggiore al migliore

Lucio Dalla avrebbe compiuto oggi 80 anni, questo è il vademecum definitivo di tutti i suoi lavoro in studio.

Ancora una volta, attanagliati da mille dubbi, abbiamo dovuto fare delle scelte, e la scelta, come nel caso della classifica delle opere di Springsteen, è caduta sui soli dischi in studio, intendendosi esclusivamente gli album: dunque con esclusione dei 45 giri, dei non pochi brani inediti (a volte bellissimi) inclusi in raccolte, ristampe e live. Scelta drastica ma dovuta. Peraltro, anche qui lo sforzo di arginare la soggettività, per un artista, Lucio Dalla, che si è amato tantissimo ed è stato il primo e più grande romanzo di formazione, è stato a dir poco enorme. Sicuramente (magari con meno foga rispetto alle accesissime discussioni generate dalla classifica degli album del Boss) anche qui verranno fuori polemiche e dissapori: sappiate che uno sforzo di giustizia c’è stato, e ricordiamoci tutti, comunque, di essere piacevolmente fallibili.

18. Il contrario di me

Il penultimo disco di Lucio, che qui pare poco ispirato, contorto, vocalmente ormai insicuro e senza quell’attacco che ce lo fece amare da subito. Non un brano rimane in mente. Neanche l’allora vendita nelle edicole lo aiutò particolarmente. Il contrario di me fu decisamente un passo falso.

17. Lucio

Un Dalla comunque dell’ultimo periodo, che ospita Mina in un brano non particolarmente remarcabile e che inspiegabilmente deve credere a questo disco, visto che è, per ovvio riferimento del titolo, un completamento ideale della trilogia, dopo Lucio Dalla e Dalla (che invece, come vedremo, erano e sono capolavori assoluti). Disco non brutto ma indiscutibilmente debole.

16. 1999/Terra di Gaibola/Storie di casa mia/Il giorno aveva 5 teste (ex aequo)

Dischi pubblicati a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, vedono un Dalla pieno di idee, un vulcano… che però non è ancora esploso. Si capisce che il talento è impressionante e, potenzialmente, anche la scrittura. Ma non sboccia ancora.

15. Anidride solforosa

Qui iniziamo ad intravedere il genio. I testi di Roversi (con cui aveva iniziato a collaborare dal disco precedente) sono bellissimi ed esplode un brano (La borsa valori) dove il suo caratteristico scat unico ed inimitabile si fa strada, anzi esplode nel vero senso della parola, dettando una delle cifre stilistiche che lo caratterizzeranno per sempre.

14. Luna Matana

Disco siculo e notturno. Uno dei migliori dell’ultimo periodo di Dalla, con alcuni brani decisamente interessanti ed una forma vocale ancora buona. Qualche effetto di troppo alla voce in alcuni brani, ma s’era agli albori di certe cose e forse ci “s’era gasato” sopra un po’. Comunque un buon album.

13. Automobili

Della trilogia con Roversi è il capolavoro. Non perché il poeta abbia dato una prestazione migliore, ma perché è Dalla a crescere in maniera impressionante. I brani, anche impegnati, hanno una struttura migliore, ed inizia a giganteggiare la voce. I tempi sono maturi per i grandi capolavori (che però vedremo ben più in alto nella classifica). Lo scat de L’intervista con l’avvocato è storia, Nuvolari leggenda.

12. Dalla Morandi

Una super operazione commerciale ma tutto sommato ben fatta. Il disco è un miscuglio di roba vecchia rifatta, nuova e altrui. Ci sono partecipazioni importanti (Battiato, Guccini) e la fattura dell’album è ottima. Sicuramente un paio di brani sono rimasti nella memoria collettiva. Seguì un tour meravigliosamente in bilico tra canzone d’autore e canzonetta. Molto sanguigno e vero, pur patinato. In fondo molto emiliano.

11. Ciao

Disco che ho sottovalutato a lungo, ma che riascoltato si fa apprezzare. Anzitutto perché gode di una produzione invecchiata benissimo (l’album suona benissimo ancora oggi), Lucio è in forma vocale e compositiva più che buona e i brani, non capolavori, son però tutti belli.

10. Angoli nel cielo

L’ultimo disco in studio. Dalla in fortissima ripresa sia compositiva che vocale. Stranamente si può vedere quest’album come una parentesi particolarmente felice (anche nel tour reunion con De Gregori destava qualche preoccupazione) tra imprese musicali lontane dall’eccellenza di cui è stato capace.
I brani son tutti belli con qualche vetta davvero ottima e, col senno di poi (e pensando anche a qualche auto-citazione, peraltro strana per lui), commovente.

9. Canzoni

Disco di grande successo, con un Dalla a tratti ancora assolutamente maiuscolo. Alcuni brani da immaginario collettivo e una media compositiva e interpretativa notevole. Una curiosità unica nel panorama musicale italiano (ma forse anche mondiale): Dalla reinterpreta un suo brano antichissimo, cambiandogli testo, significato e migliorandolo moltissimo. A voi scoprirlo (è in assoluto uno dei più belli).

8. Cambio

Successo clamoroso del singolo Attenti al lupo, il che può e deve influire nel giudizio. Il resto del disco è una svolta di arrangiamento e di uso dell’elettronica. Un disco influenzato sicuramente da Prince (per ammissione dello stesso Dalla), ma contenente anche brani di assoluta drammaticità. Le rondini, poi, è una delle ultime grandissime canzoni di Lucio. Torna Roversi per un brano.

7. Bugie

Anche qui singolo di successo notevole (Se io fossi un angelo) e disco che contiene perle assolute ed una fuga jazzistica. Pur essendo ancora un disco di ottima fattura, è il primo nel quale, già allora, iniziammo a vedere un minimo cedimento compositivo. Davvero minimo, ma percepibile. Il Dalla da qui in poi non sarà mai più ai livelli di quello precedente, salvo il disco che segue.

6. Henna

A mio avviso è l’unico capolavoro del Dalla post 1984. Qui Lucio osa moltissimo, con un disco con la cifra stilistica di cambio, ma con brani infinitamente migliori. La title track è un brano stranissimo, splendido, dalla struttura circolare e privo del classico canone strofa/ritornello, nel resto del disco si vola alto (con momenti di commozione, come quando si sente la voce di Mastroianni in Cinema o nella meravigliosa Latin Lover). Anche i due brani apparentemente “discotecari” son molto belli (e malinconici).

5. Q Disc

Che siano o non siano scarti, questo mini album è un capolavoro assoluto. Telefonami tra vent’anni non ha bisogno di commenti, malinconica e immaginifica com’è. Ciao a te è la via nostrana ad un outing funk atomico e Madonna disperazione è semplicemente (perdonatemi ma non contengo la soggettività) una delle tre canzoni più belle di sempre di Lucio.

4. Viaggi organizzati

Disco maiuscolo con arrangiamenti diversi da prima (si sentono la produzione di Malavasi e la prima assenza degli Stadio) e con una manciata di brani molto belli. Su tutti l’epocale Tutta la vita, che occuperà le scalette dei concerti fino alla fine. Ma anche la title track e Aquila sono brani eccellenti. Washington, funk post apocalittico che mischia micro e macro storie come solo lui sapeva fare, è un’altra opera rimasta nel sentimento collettivo.

3. 1983

La prova che l’artista è sempre il peggior critico di sé stesso. Lucio non amava questo disco e lo considerava confezionato in fretta e furia. Niente di più sbagliato. Questa è un’opera perfetta, come gli arrangiamenti, le strutture e le idee. Opera vulcanica, profondamente malinconica e diretta all’anima. Come accade a volte con le cose più preziose, Lucio l’ha chiuso in un cassetto della mente per non riaprirlo più. Fosse ancora tra noi sarebbe bello costringerlo ad un riascolto ragionato. In quest’album c’è tutto. Solo pochi millimetri lo distanziano dalla cima.

2. Dalla/Lucio Dalla (ex aequo)

Qui davvero non è possibile sceglierne uno dei due. Qui siamo alla assoluta perfezione compositiva, interpretativa, d’arrangiamento, produzione e chi più ne ha più ne metta. Puro momento d’oro. Le canzoni (leggetene i titoli, tra future, anni che verranno, sere dei miracoli, tanghi, dediche a Milano, chiedendosi cosa sarà) sono le più belle in assoluto del repertorio dalliano, e una manciata di queste sono pietre miliari del canzoniere italiano e non solo.
Dalla inventa personaggi, oggettivizza con infinita malinconia, ed apre finestre sull’anima come forse solo Fellini prima di lui ha saputo fare.
Questi due dischi sono l’opera immortale di un genio assoluto ed indiscutibile. Risentirli spesso, con la malinconia e l’orgoglio per ciò che abbiamo saputo essere, è utile anche a rinforzare l’ego nazionale.

1. Come è profondo il mare

Leggendo dei due dischi precedenti, vi verrà da chiedervi come fa questo ad essere più bello. Non lo è (forse). È più importante. Lucio per la prima volta scrive tutti i suoi testi. Questo è il “suo” disco per eccellenza. Qui esplode la sua creatività, il suo genio. È incontenibile e senza freni. Alcuni passaggi sono di un coraggio oggi impensabile (Disperato Rrotico Stomp), altri sono immaginifici ed impegnati (la title track), due canzoni sono tra le più belle e malinconiche di sempre (Quale allegria e, soprattutto, Il cucciolo Alfredo), altri ancora sono di pura follia (Corso Buenos Aires e Treno a vela). Il disco ha un suono incredibilmente bello ancora oggi (nel Castello di Carimate doveva esserci un ambiente ben bello, istigator di malinconie, ed un suono perfetto). La sua voce, poi, forse non è mai stata così bella e piena, con un attacco impressionante. Insomma, un disco che oltre ad essere impeccabile in ogni senso analizzabile, è assolutamente commovente. È la storia della nostra musica d’autore.