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Sam Fender guarda il mondo e ne canta la rovina

“People Watching” di Sam Fender è una dolorosa fotografia della working class del nord-est britannico, che eroicamente sopravvive mentre fuori tutto sembra crollare inesorabilmente

I lavoratori e gli studenti fuori sede lo sanno perfettamente: tornare a casa dopo tanto tempo può essere meraviglioso e straniante allo stesso tempo. Vedere che tutto è cambiato e allo stesso tempo niente è cambiato può creare uno stato di curiosa veglia, in cui riscopriamo la bellezza delle piccole cose, dei gesti quotidiani e delle persone semplici che diventano eroi sotto i riflettori dell’ordinario. In questo spirito di rinnovata attenzione al quotidiano, People Watching di Sam Fender, prodotto da Markus Dravs e Adam Granduciel dei The War on Drugs, si presenta come un album che cattura le sfumature del vivere di una working class britannica che, nonostante le incertezze sul futuro della propria nazione, prosegue con eroica determinazione la sua marcia. L’omonima traccia d’apertura ci immerge in una atmosfera quasi irreale, in cui Sam osserva la città come se fosse un prezioso palcoscenico destinato a cadere a pezzi. “Under the billboards, out of the heat/Somebody’s darling’s on the street tonight/Oh, I can’t stop runnin’/I see the whole town fallI people-watch on the way back home”.

L’intero album risulta quasi eccessivamente didascalico nella sua ferocia. Un esempio è Chin Up che – ricca di rimandi agli Oasis – racconta senza mezzi termini la crisi occupazionale e i suoi figli malati: debiti di gioco, tossicodipendenza e incapacità di regalare un futuro alle prossime generazioni; qui Sam si descrive come un “presuntuoso, ozioso e stupido ventottenne che si succhia ancora il pollice”, osservando il dolore dei suoi coetanei e non potendo più immaginarli nello stesso modo in cui li ricordava. Crumbling Empire rappresenta la fotografia del disastro lasciato dagli anni di politiche thatcheriane nella regione nord-est della Gran Bretagna, e Sam canta “I don’t wear the shoes I used to walk in”: non appartiene più a quei luoghi e appare quasi come uno spettatore che ormai osserva da lontano, rischiando di perdere l’empatia che una volta lo legava profondamente alla sua terra. L’ultimo segmento dell’album si apre come un inno alle nuove frontiere sonore che Fender si propone di esplorare, elevandosi a figura imprescindibile dell’indie rock britannico.

Gli ultimi brani – TV Dinner, Something Heavy e Remember My Name in collaborazione con l’Easington Colliery Band – si fanno portavoce di una sperimentazione audace, che sfida le convenzioni del passato. In TV Dinner, ad esempio, il pianoforte si fa delicato testimone di una voce carica di una palpabile angoscia, in un lamento contro l’effimera cultura delle celebrità e le crudeli conseguenze della povertà. Questo percorso sonoro si rivela, nel suo insieme, un viaggio interiore che riporta alla mente i volti, gli amici e gli amori che hanno forgiato l’essenza di Fender. Ogni traccia si trasforma in un ricordo vivido, rievocato con una malinconica consapevolezza del tempo che passa e si fa portatrice di un interrogativo silenzioso: chi potremo essere domani? Con sensibilità e introspezione, People Watching diventa così non solo un racconto di ciò che è stato, ma anche una meditazione sulle infinite possibilità del futuro.