C’è un filo rosso che sembra collegare una buona fetta delle opinioni che girano attorno all’ultimo film di Paolo Genovese FolleMente: è la sua interpretazione di Inside Out. Che poi si parli di una visione adulta o in salsa italian-romana è solo un dettaglio, alla fine molte persone cascano lì. Di sicuro, la Disney non farà una causa e per un semplice motivo: tra i produttori della pellicola c’è proprio il servizio streaming del colosso di Burbank. Di film sui primi appuntamenti ne è piena la storia del cinema. C’è chi, come Richard Linklater, è partito da un primo appuntamento per costruirci una trilogia (Before Sunrise), chi ha deciso di fare un viaggio nella storia (Orgoglio e pregiudizio) e chi, il primo appuntamento, lo ha voluto interpretare in salsa indie (500 Days of Summer). Ma in pochi hanno cercato di portare in pellicola anche la pluralità dei pensieri di una persona, ancora meno raffigurando questi come persone. Come per Perfetti sconosciuti, anche FolleMente si basa su un cast che si conta, letteralmente, sulle dita di due mani. I protagonisti, Edoardo Leo e Pilar Fogliati, si incontrano nel loro primo appuntamento arrivando da due contesti completamente diversi: il primo è un docente di lettere over quaranta separato e fortemente affezionato alla figlia, la seconda è una restauratrice con qualche anno in meno, uno spirito libero e un carattere orgoglioso.
Apparenze tipiche dei primi appuntamenti che saranno destinate però ad essere disattese o ad evolversi nel corso del film. Genovese sceglie l’espediente del raffigurare i loro pensieri e istinti rappresentandoli con due squadre di quattro persone. Da una parte troviamo Claudia Pandolfi, Emanuela Fanelli, Vittoria Puccini e Maria Chiara Giannetta; dall’altra Marco Giallini, Claudio Santamaria, Rocco Papaleo e Maurizio Lastrico. Otto personalità che sono tra di loro accoppiabili (il pragmatismo adulto di Pandolfi e Giallini, l’irruenza di Fanelli e Santamaria, l’insicurezza cronica di Giannetta e Papaleo e la visione romantica di Puccini e Lastrico), ma per le quali ognuna mantiene la propria identità, figlia del sesso di appartenenza e delle esperienze pregresse. FolleMente è un film costruito su due livelli di narrazione e, grazie anche ad una scrittura solida, ci porta ad empatizzare con le situazioni impacciate e dal doppio senso facile dei due protagonisti, ma anche con le incertezze e con i litigi di questi otto piccoli fantasmini che sono la causa degli eventi. La freddezza iniziale dell’incontro tra Lara e Piero, con fraintendimenti sul concetto di “nido” e piccole bugie per salvare le apparenze (il film si tiene in un sabato sera nel quale vi è il derby della Capitale), si evolve nel corso del film arrivando, ad un certo punto, all’inevitabile scontro tra sessi, con la femminista Lara che cerca in tutti i modi di mettere all’angolo un inizialmente impacciato Piero.
Un rapporto tra i due che si evolve anche grazie al contributo di questi otto pensieri che porteranno i protagonisti a raccontarsi per quello che sono veramente, togliendo già nel primo appuntamento la maschera di apparenza e piccole bugie che in questo contesto chiunque indossa. Un’evoluzione repentina del rapporto fa emergere che in realtà due personalità così diverse sono in realtà molto simili: entrambi arrivano da un percorso di insicurezze, di certezze disattese o crollate e di una visione del futuro poco definita, se non per la routine di tutti i giorni. A raccontare tutto questo sono anche i pensieri di loro due, in bilico tra la visione romantica, pragmatica, disillusa e impulsiva degli eventi rappresentata dagli altri otto protagonisti. FolleMente è la conferma che non servono grandi produzioni per fare grandi film se si ha tra le mani una buona sceneggiatura, cosa che lo stesso Genovese ha dimostrato più volte in passato. Due set, un appartamento, dieci persone: questi gli ingredienti che portano ad un film nei quali in molti si riconosceranno e, perché no, faranno scendere una lacrimuccia tra una risata e l’altra.