A metà tra confessione e sogno, Cascate di Deci è cronologicamente il primo brano dell’album Metropoli ad essere stato scritto. Un po’ come la prima scena di una filmografia si fa manifesto il più delle volte dell’intera poetica del regista, Cascate utilizza la formula della ballata per dichiarare con forza i propri intenti, racchiudendo il cuore pulsante del disco. Il brano si rivela una delle composizioni più intime e stratificate di Deci ma soprattutto chiarifica la sua capacità di trasformare frammenti di vita quotidiana in un racconto universale di fragilità e ricerca di senso. Insomma: c’è tanto, in poco. Perché la sintesi, in ultima istanza, è la più alta forma di sofisticazione artistica. Durante il Romanticismo la potenza travolgente e maestosa della natura, capace di suscitare emozioni forti come timore e meraviglia, era chiamata “sublime”: nel testo di questo brano emerge più o meno consapevolmente questo turbinio di emozioni in cui gli occhi possono avere qualcosa in comune con delle cascate ma anche con delle macchine incidentate.
Deci sa giocare con immagini forti, opposti e contrasti, come l’inverno che in un attimo diventa estate, creando un paesaggio interiore instabile, ma al tempo stesso vivido. Tutto ciò è presente nel videoclip ufficiale del brano. Questo lavoro è in grado di immergere l’osservatore nella metropoli che dà il titolo al progetto. E allora eccoci: sotto un cielo squarciato da saette, catapultati dentro inquadrature post apocalittiche in cui un albero e la carcassa di una vecchia auto sono mangiati dalle fiamme e in cui l’asfalto della strada percorsa dallo stesso Deci si spezza sotto la forza di una natura selvaggia e vendicativa. Eppure le cascate descritte nel brano continuano a scorrere pacificamente al di là del vetro di una vecchia metropolitana, in un mix antitetico che restituisce quel senso profondo di instabilità ormai marchio di fabbrica del cantautore classe 1991. Ciò che si vede, dunque, è la metafora del turbine inconfessato che Deci sente dentro di sé? Questo non è dato saperlo, ma evidentemente questi pezzi che via via vengono rilasciati sembrano dar vita ad un disegno più complesso che scioglierà tutti i nodi.
Sul piano sonoro, Cascate si muove in una dimensione sospesa, dove la linearità della ballad si intreccia con i tocchi minimali dell’elettronica di estetica Eighties. Eppure è la voce di Deci che si fa protagonista assoluta, evocando un’interpretazione viscerale, capace di oscillare tra il sussurro e l’urlo emotivo. La produzione è sofisticata e cinematografica, con dettagli ambient che amplificano la sensazione di trovarsi in un paesaggio di solitudine urbana. Il tema del movimento è centrale in Cascate, non solo nei riferimenti testuali alle strade e ai luoghi percorsi, ma anche nell’alternanza tra stasi e slancio musicale. Le cascate del titolo sembrano metafore della caduta, ma anche della purificazione: un continuo tentativo di lasciar andare il passato e ricostruire sé stessi, anche quando incombe la solitudine ed il quartiere resta uguale.