Mentre sono immerso nella visione dell’ultimo Nosferatu di Robert Eggers, non posso fare a meno di notare una scena particolarmente suggestiva: a metà pellicola, l’ombra di una mano gigante, ripresa in una lunga panoramica dall’alto, attraversa e avvolge Wisborg, la cittadina tedesca in cui è ambientato il film, datata 1838. In quel momento ho sognato di condividere la sala con un Tim Burton che applaude di gusto, perché quella panoramica richiama subito alla mente l’iconica Winter River di Beetlejuice. Gli omaggi ai grandi registi, del passato e del presente, sono tanti e disseminati con cura in questa nuova opera di Eggers. Si passa dai tributi obbligati a Murnau e Herzog, fino a richiami più barocchi alla versione di Dracula firmata da Francis Ford Coppola. Alcuni critici vi hanno intravisto perfino l’eco di Mario Bava e le atmosfere disturbanti di Zulawski. Per molti, affiancare il lavoro di Eggers ai capolavori di Murnau e Herzog sembrava improbabile, se non impossibile. Eppure, questo giovane cineasta newyorkese, che ha esordito con il celebrato The Witch e ha poi confermato il suo talento con The Lighthouse e The Northman sembra avere l’incosciente consapevolezza di possedere una visione fuori dal comune, tale da permettergli di affrontare uno dei mostri sacri della storia del cinema.
Robert Eggers si dimostra autore di grande calibro, riadattando una delle storie più raccontate sul grande schermo e imprimendovi la sua inconfondibile cifra stilistica. Una delle innovazioni più significative riguarda il character design del Conte Orlock, che, rispettando più fedelmente il romanzo, viene presentato con lunghi baffi e lineamenti più acuti. Bill Skarsgård, quasi irriconoscibile, offre una versione del Conte caratterizzata da una fisionomia più deforme e da un’andatura stanca e affannata. Ma la vera protagonista è Ellen, interpretata da una sorprendente Lily-Rose Depp. Moglie di Thomas, Ellen è costantemente tormentata da incubi, e qui Eggers calca la mano con grande audacia. Gli incubi di Ellen e Thomas, e il morboso rapporto che il Conte instaura con la donna attraverso stati alterati di coscienza, culminano in una scena di possessione demoniaca che cita rispettosamente L’esorcista di William Friedkin. Pur criticata da alcuni per essere sopra le righe, questa sequenza disturbante e anarchica regala al film un fascino personale che lo distanzia ulteriormente dai precedenti adattamenti. Tecnicamente eccelso e visivamente strabiliante, Nosferatu offre squarci fotografici mozzafiato, giocando con contrasti di caldo e freddo, luce e ombra, interni ed esterni, ed alternando con maestria piani lunghi e corti.
Eggers non rinuncia nemmeno alla sua passione per il folk horror, evidente in una scena che vede Nicholas Hoult protagonista, insieme a un gruppo di zingari, durante il viaggio verso la Transilvania. Qui ritroviamo le atmosfere che hanno reso The Witch un caposaldo del cinema horror contemporaneo. Il cast si dimostra all’altezza della grandezza visiva e narrativa del film: Willem Dafoe eccelle nel ruolo del Professor Albin Eberhart Von Franz, mentre Emma Corrin e Aaron Taylor-Johnson convincono nei panni dei coniugi Harding. Bene anche Simon McBurney, intenso nel ruolo di Knock, e Ralph Ineson, impeccabile come Dr. Wilhelm Sievers. Non è una questione di classifiche o paragoni con i capolavori del passato. Nosferatu di Eggers è un’opera d’autore che rischia, si carica di enormi aspettative e dimostra che è ancora possibile fare cinema di genere senza rinunciare alla poesia e alla visione personale. Di questo film si parlerà ancora a lungo, e non resta che attendere la prova del tempo, con la speranza che possa essere ricordato come una delle migliori riduzioni cinematografiche del capolavoro letterario di Bram Stoker.