Centomilacarie non è solo la next big thing del panorama musicale italiano – è un segnale forte e chiaro che il futuro della musica qui da noi è più vivo che mai. Lo abbiamo incontrato, ci ha parlato senza filtri, e ci ha lasciato intravedere il suo mondo, fatto di ombre e lampi accecanti. Se lo conoscete solo per Non mi riconosco – il pezzo di MACE con Salmo – fermatevi un secondo. Poi cercatelo, ascoltatelo. Lasciatevi inghiottire. Centomilacarie non gioca a fare la star, Simone (questo il suo vero nome) ha fame di qualcosa di più grande. È la dimostrazione che si può ancora andare oltre i numeri e le playlist. Quando ci si mette dentro verità, e una dose massiccia di passione, il resto segue.
Partiamo dalla fine: come ti immagini le tre date di Bologna, Roma e Milano?
Vorrei andare oltre il concerto canonico, creando un mood assurdo e unendomi mentalmente con le persone. Sono stato a diversi concerti anche della vecchia scena trap americano e mi hanno dato una forte ispirazione.
Ti ho visto qualche settimana fa al concerto di Giuse The Lizia e capisco bene quello che vorresti. Poi, insieme avete fatto un gran bel pezzo.
È stato bellissimo lavorare con lui. Io abito a trentacinque minuti da Milano, ma non ci sono andato spesso. Una delle primissime volte, a sedici anni, quando ci sono andato per conoscere la realtà che stavo per vivere, ho conosciuto Giuseppe (Giuse The Lizia ndr.), ed è stata una grande sorpresa. Da lì ci siamo uniti molto, siamo amici e ci vogliamo proprio bene. Lo stimo davvero come persona, è molto solare ed è uno di quelli che è davvero bello avere vicino.
Non hai mai pensato di trasferirti a Milano?
Ovvio, c’ho pensato, ma non ho la possibilità economica in primis. E comunque, anche se avessi la disponibilità, attualmente non ce la faccio. Ho bisogno di stabilità in questo momento e di tutte quelle cose che fanno parte della mia safe zone.
Ti frena il fatto che Milano sia considerata una città frenetica, dove c’è questa corsa a essere sempre i primi e lavorare incessantemente?
Mi creerebbe uno status di stress di cui non ho bisogno, avendo già i miei problemi. Sono una persona che sa gestire la pressione, però alcune cose mi fanno esplodere, come l’ammassarsi della gente, le metro affollate, mi fanno prendere male.
Dei tuoi ultimi brani mi piace sia il filo conduttore che hai creato con i colori e i disegni delle copertine, ma anche questa immagine ricorrente del buio, della notte, del momento in cui si va a dormire. Sembra sia consolatorio per te, come a dire: “ok, finisce la giornata, mi calmo e domani andrà meglio”.
La musica per me ha molto a che fare col buio e la luce, proprio come tematica persona, di rinascita e sopravvivenza. Nell’ultimo periodo è tutto stato un po’ più difficile del solito e la musica mi ha allontanato dalla realtà e fatto rinascere.
Hai detto che è stato un periodo difficile. Hai vent’anni, sei in un’età di passaggio tra l’adolescenza e la vita da giovane adulto. Come la vivi, soprattutto in relazione a quello che hai intorno, in un’Italia che tra l’altro non è un Paese facilissimo per i giovani…
A volte mi prendo male, perché sento di avere un macigno pesante rispetto ad altre persone della mia età che mi sembrano molto più libere. Le invidio molto, anche se non sono invidioso e non lo sono mai stato. Però, la cosa che sto notando ultimamente è che forse non mi diverto come dovrei. Sono più cupo rispetto agli altri e questo non mi fa stare bene, anche perché alcune persone mi dicono “hai vent’anni, devi sfogarti”. Anche il fatto che la società ti venga a dire quello che devi fare è frustrante, ti fa sentire inadeguato.
Mace, a proposito del lavoro che avete fatto insieme, allargandolo anche agli altri emergenti, ha detto che è stato entusiasmante lavorare con voi e che spesso avete più entusiasmo degli artisti affermati che ormai vedono la musica come un lavoro. Come vedi questa nuova generazione di cui tu fai parte?
Con internet, TikTok, la mia generazione è molto più presente. Noi abbiamo tanto da offrire perché abbiamo tanti strumenti per farci sentire e abbiamo l’urgenza di farlo. Allo stesso tempo, però, sappiamo anche aspettare. Ci deve essere sempre questa fiamma, perché quello che facciamo è il lavoro più bello ed emozionante che ci sia. Noi siamo affamati, ma bisogna fare attenzione a non bruciare subito quello che abbiamo da dire, perché avendo tanti strumenti rischiamo di farlo. Non bisogna avere fretta di pubblicare tutto subito, aspettare ti dà la fame giusta.
Qual è la canzone che ha segnato il tuo 2024?
Se penso a quello che ho vissuto, che ho passato, ti voglio fare un piccolo inciso: c’è stato un momento della vita, in cui ero piccolo e un po’ solo, e prima che diventasse famoso ascoltavo tantissimo Lil Peep, perché il suo sound mi faceva sentire meno solo. Poi per un paio d’anni non l’ho più ascoltato, perché mi riportava a provare dolore. Qualche mese fa ho voluto fare l’esperimento di ascoltarlo e ho messo su Lil Jeep. È stato come passare in un tunnel di vetro, dove però vedevo tutti gli anni precedenti con occhi differenti.
So che ti sembrerà una domanda strana, ma è una cosa a cui penso spesso: c’è qualcosa che i giornalisti non ti hanno mai chiesto?
Se sono contento di fare musica. Quello che arriva al pubblico è un prodotto finito. I giornalisti lo analizzano e lo studiano, ma non vedo mai da parte della società, non solo nella musica, la volontà di capire se si è soddisfatti del proprio lavoro. Secondo me è bello entrare nelle vite di chi crea musica.
È come chiedere “come stai?”. Sembra una domanda banale, ma in realtà non lo è per niente. E a questo punto, pur immaginando la risposta, te lo chiedo io: sei soddisfatto di quello che fai?
Nel marasma della mia vita, che è parecchio tormentata, fare musica è tutto. Il disco a cui sto lavorando, le tracce, è la cosa che mi dà un motivo per dire “io vivo, io esisto”. Sono quasi ossessionato, in modo positivo, da quello che faccio. So che quello che sto facendo è il frutto della mia vita negli ultimi due anni, e contando che ho vent’anni non è poco. E quindi sì, sono contento.
Foto: Simone Biavati
Digital Cover: Jadeite Studio
Coordinamento redazione: Emanuele Camilli
Ufficio stampa: Alessandra Pardi & Giulia Caci, Out Loud
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