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I migliori album internazionali del 2024

L’anno dei Fontaines D.C. e del loro “Romance”, dell’esordio straordinario di Mk.gee, ma anche di “Pratts & Pain” dei Royel Otis, e, soprattutto, di “BRAT”, l’album che ha consacrato (come se ce ne fosse bisogno) Charli XCX


Il 2024 è stato un anno di straordinaria esplosione creativa, dove la musica ha vissuto un’autentica rinascita. Tra i protagonisti di questo panorama vibrante, spiccano i Fontaines D.C. con Romance, un disco che intreccia passione e disillusione con il loro caratteristico sound intenso e vibrante. A fianco di loro, l’esordio di Mk.gee ha sorpreso per la sua freschezza e la sua capacità di mescolare generi con una leggerezza che conquista subito. Non possiamo dimenticare Pratts & Pain dei Royel Otis, che ha portato una ventata di energia e innovazione, e, soprattutto, l’indiscutibile trionfo di Charli XCX con BRAT, un album che ha consolidato la sua posizione di regina incontrastata del pop contemporaneo.

10. The Smile, Wall of Eyes

Se siete pratici di Radiohead, potreste capire ciò che intendo se dico che Wall Of Eyes è qualcosa di più vicino a In Rainbows piuttosto che a Ok Computer, per la presenza di suoni puri di batteria e tempi non comuni. Roba insomma che necessita di almeno un paio di ascolti e una pastiglia di Brioschi per essere digerita. Non sappiamo se Wall Of Eyes sarà un giorno all’interno di qualche roboante classifica dei dischi più importanti del nuovo millennio, ma è evidente che poche cose al mondo riescano come Thom Yorke a farci rizzare i peli sulle braccia.

9. Royel Otis, Pratts & Pain

Pochi fronzoli, spensieratezza. Pratts & Pain del duo australiano più promettente della scena alternative rock, i Royel Otis, è un album fresco, generazionale. Ci fa dimenticare le ansie e venir voglia di ballare, senza pensieri. Le influenze sono indie rock e pop, il mix di batterie elettroniche e acustiche rende alla perfezione. Voci, melodie e leads sono lineari, puliti, riconoscibili, l’effetto che ne deriva è divertente, di facile comprensione. È bello senza complicazioni, ci fa stare bene.

8. Billie Eilish, Hit Me Hard and Soft

Hit Me Hard and Soft di Billie Eilish è un album che sfida ogni tentativo di separare forma e sostanza. La loro musica, un equilibrio perfetto tra tecnica e anima, non è solo un susseguirsi di brani, ma una narrazione fluida che si sviluppa come un unico filo musicale. Ogni traccia si fonde nell’altra, creando un’esperienza coesa e avvolgente, da Skinny a Blue, con momenti di grande impatto emotivo come The Greatest e Wildflower. Hit Me Hard and Soft è arte pura, in cui la bellezza si mescola alla sofferenza, offrendo speranza nel caos.

7. Idles, Tangk

Gli Idles sono sempre un passo avanti. Mentre tutto il mondo stava cercando di imitare un sound già pietra miliare dell’alternative rock, loro erano già proiettati ad un sound nuovo, che mantiene ovviamente gli stilemi dello spoken word e delle linee distorte di basso, chitarra e synth, ma portando il tutto in una nuova ottica più sofisticata e, se possibile, ancor più calda. Ecco che arriva Nigel Godrich (da tutti definito il sesto membro dei Radiohead) e nasce il sound di Tangk: un tripudio di cose che non dovrebbero poter coesistere così pacificamente ma che invece qui dentro riescono a farlo. Dal pianoforte ispirato a Bloom (prodotto sempre da Godrich per Thom Yorke), fino agli archi di Dancer con gli LCD Soundsystem. Un disco che promette di invecchiare come il buon vino.

6. Father John Misty, Mahashmashana

Mahashmashana è un’opera monumentale, ricca di contrasti e ironia apocalittica. Father John Misty esplora il collasso della civiltà con una scrittura ai suoi massimi, alternando ballate malinconiche e inni rock carichi di decadenza. Un album sicuramente complesso, ma che si diverte con la disperazione e trova fede nel caos. Come l’orchestra sul Titanic, Father John Misty suona fino alla fine.

5. The Cure, Songs Of A Lost World

Songs Of A Lost World dei Cure è un colpo di scena inaspettato, una dimostrazione che la grandezza non ha età. Alla soglia dei settant’anni, Robert Smith e soci firmano un’opera che non si limita a celebrare il loro passato glorioso, ma lo riattualizza con profondità e coerenza. L’album richiama la maestosità di Disintegration e la cupezza disturbante di Pornography, ma lo fa con un’eleganza che evita il rischio del déjà vu. Smith sfida le regole del tempo, creando un’opera che suona fresca, nonostante i suoi legami profondi con gli stilemi anni Ottanta. Se fosse davvero il capitolo finale dei Cure, sarebbe un addio perfetto, suggellato dalla magnificenza di Endsong.

4. Charli XCX, BRAT

Charli XCX con BRAT si ribella al pop “relatable” dell’era attuale, dove le star sembrano trasformarsi in persone comuni che cantano di astrologia e relazioni fallite. Charli guarda altrove: alla sfacciataggine degli anni Duemila, quando le It Girls vivevano al massimo, tra club neon e scandali paparazzati. BRAT è un omaggio al caos glamour di quell’epoca, un antidoto al pop confezionato che oggi domina le classifiche. Con produzioni di A.G. Cook e EasyFun, Charli richiama il french touch di Daft Punk e Ed Banger, mescolando euforia e aggressività. Da Von Dutch, con i suoi synth pulsanti, a Talk Talk, ogni traccia è una celebrazione del suono elettrico e trasgressivo. Ma Charli non si ferma alla nostalgia: esplora temi complessi come gelosia, narcisismo e potere femminile, dimostrando che essere cool significa anche essere profondamente sé stessi. Senza alcun dubbio il 2024 sarà ricordato anche per questo album.

3. Mk.gee, Two Star & The Dream Police

Mk.gee con Two Star & the Dream Police rivoluziona il pop, rock e soul trasformandoli in un collage sonoro che sembra fatto di metallo contorto e carta vetrata. Voci ferine, riff disarticolati e testi crudi che alternano confessione e provocazione. Ma è la meticolosa cura nei dettagli a rendere l’album tanto umano: sotto la sperimentazione c’è un cuore pulsante di emozioni autentiche. È un album costruito su più strati, su più generi, non necessita di descrizioni particolari che lo sminuirebbero soltanto.

2. Tyler, the Creator, Chromakopia

Chromakopia è l’immagine di un ragazzo che riabbraccia le proprie radici e si spoglia del superfluo. È il gesto simbolico del mettersi a nudo, tra le braccia della madre, per ricordare il momento della nascita, per avvicinarsi il più possibile alla genesi di questa storia, alla vera essenza. Tyler, the Creator, dopo essere stato tante persone in una sola, ha ritrovato il suo io più intimo e Chromakopia è l’unica, vera, fotografia di questa riconciliazione che ci rimane tra le mani.

1. Fontaines D.C., Romance

Romance urla a gran voce che i Fontaines D.C. sono arrivati alla maturità piena, alla fase dei consensi, del pubblico che presto migrerà nelle grandi arene, dei neofiti che si affretteranno a munirsi della copia fisica di quel debutto che in realtà si erano persi. Romance oggi sta ad AM degli Arctic Monkeys come Masterplan e Be Here Now agli Oasis, o ancora come Achtung Baby sta agli U2, per rimanere in terra irlandese. Cosa ci sarà dopo non è dato saperlo. Il terreno è scivoloso, ma nello scenario apocalittico della musica attuale, i Fontaines D.C., con questo disco, romanticamente ci salvano la vita.