In un mondo dove gli artisti gareggiano per attirare lʼattenzione, spesso con vicende fuori dallo studio che con la loro musica, cʼè chi, in silenzio, continua a lavorare sodo. Costruisce una fanbase solida, trasforma la propria musica in un mestiere, inteso come scopo e vocazione. Pochi rimangono coerenti nel tempo. Non si tratta di restare uguali – lʼevoluzione stilistica è naturale – ma di crescere con criterio, in modo graduale e consapevole. Questi artisti spesso li abbiamo attorno, li ascoltiamo senza renderci conto del valore che accumulano. Poi, allʼimprovviso, ci accorgiamo che sono diventati pilastri del panorama. È quello che è successo con Nayt e il suo nuovo album, Lettera Q. Il disco arriva dopo quattro anni di crescita esponenziale, con una cadenza di circa una release ogni dodici mesi, mantenendo ciò che lo ha sempre contraddistinto: lo storico 3D alle basi, la sua etichetta VNT1, e uno stile inconfondibile. Poi, nel 2023, la sua presenza in scaletta al Marrageddon ha segnato un momento cruciale: il punto in cui è diventato evidente che Nayt avesse raggiunto un livello ancora superiore.
Negli anni, lʼesperienza ha portato Nayt a scrivere un disco di straordinaria densità. Il pubblico storico si ritrova completamente, mentre i nuovi ascoltatori possono scoprirlo attraverso un progetto completo e stratificato. Ascoltare Nayt non è semplice. Non è possibile farlo con leggerezza o distrazione. Ogni rima, ogni frase, ogni effetto sonoro o skit è pensato per un motivo preciso, per guidare lʼascoltatore in unʼesperienza che è quasi cinematografica. Lettera Q non fa eccezione: ascoltarlo è come guardare una pellicola, ricco di dettagli e significati. Non mi soffermerò sulle mille immagini evocate dal titolo, dalle copertine (quella del vinile è davvero notevole) o sul concept del progetto. Preferisco evidenziare come Nayt, ancora una volta, non si sia privato di dire la sua in ogni brano. Rivendica con orgoglio i successi di una carriera costruita con fatica, mostra senza paura le fragilità dellʼessere umano, e non risparmia critiche al “piattume” che lo circonda. Brani come Di abbattere le mura (18 Donne) lasciano un segno indelebile, mentre La grande fuga mette in mostra tutta la sua tecnica. In Monalisa lascia spazio a Scozia in un assolo che, mi auguro, possa dare una spinta alla carriera di questo talento che ancora non conoscevo.
Dire che la sua musica è per pochi non significa sminuirlo, ma piuttosto riconoscere la qualità superiore del suo lavoro, che lo rende non immediatamente accessibile a tutti. La sua capacità di spingersi oltre le convenzioni del rap lo ha portato a trovare una dimensione unica, ma è evidente che non ci ha ancora mostrato tutto il suo potenziale. A modo suo, Lettera Q è uno dei dischi rap più vicini al cantautorato, riuscendo a intrecciare profondità lirica e ricerca musicale. È un lavoro che rimarrà. Senza se e senza ma. Tra tutti, questo è senza dubbio il miglior album di Nayt fino ad oggi: il più consapevole, il più ricco di contenuti, il più impegnato e, al contempo, il più versatile. Ogni traccia è un passo in avanti nella sua evoluzione artistica, mostrando una maturità che rafforza il suo posto tra i grandi del panorama musicale italiano. La sua capacità di esplorare nuovi territori, senza mai perdere la propria identità, è ciò che rende Lettera Q speciale.