La storia insegna che quando si decide di portare la biografia di un cantante o un gruppo musicale devono essere rispettate due regole auree: non deve essere l’elogio aprioristico di un morto o, se l’artista è ancora in vita, deve mettere mano alla storia da raccontare. Chi ha rispettato questi diktat ne è uscito bene (Control su Ian Curtis e Rocketman su Elton John), chi non l’ha fatto, con le ossa rotte (Straight Outta Compton per i N.W.A e, sì, Bohemian Rhapsody per i Queen e Freddie Mercury). Poi arriva Robbie Williams, la più grande popstar degli ultimi trent’anni, che per puro caso coincide anche con il più grande giullare di corte dello showbiz del millennio, a sparigliare le carte: recluta in regia Michael Gracey (The Greatest Showman) e sulla sua vita ci costruisce un musical con una scimmia a rappresentarlo. E Better Man fu. Che si parlasse di un qualcosa fuori dagli schemi lo si vedeva già dal trailer e da questa strana scelta che ha portato ad un importante utilizzo della CGI. Impersonificazione dell’artista, che non vedremo mai di persona per tutto il film, a raffigurarne tutti i momenti della vita: da adolescente bullizzato e ricco di sogni passando per il provinciale che, grazie ad una boyband, arriva tra le luci di Londra e arrivando, nel suo periodo del baratro più buio, dove esprime la rabbia e il rancore allo stato brado. Ah sì, c’è anche la raffigurazione con la tuta in acetato rossa con i capelli ossigenati, non preoccupatevi. Better Man è un film che si può leggere su più livelli e non troverete da qui in avanti molti spoiler: il film uscirà a Capodanno.
Il primo è quello più banale e scontato e riguarda quello che in molti conoscono anche grazie a gossip e carta stampata. Molti dei momenti più conosciuti della sua carriera sono rappresentati: vengono ripresi spezzoni di interviste dell’era Take That e dell’era solista e i riferimenti a momenti iconici sono presenti nella sua interezza. A chi conosce la storia dei Take That scapperà un sorriso quando, nell’arco di pochi minuti, vengono rappresentati tutti i gli abiti che hanno rappresentato la sua carriera, e tutti si esalteranno quando viene trasmesso l’inizio del leggendario concerto di Knebworth del 2003. Il secondo è più profondo e riguarda il rapporto tra lui e le altre persone nei retroscena e nella vita privata. Qui Robbie Williams dà un giudizio onesto e sincero, magari con dei metodi non convenzionali, su molte delle persone che ha incrociato nella sua vita. Riconosce, pur con i forti attriti avuti nell’esperienza dei Take That con i componenti e il loro manager, la bellezza fuori dal comune di Mark Owen e l’immenso talento di Gary Barlow, invidiando il suo ruolo di primadonna nella boyband. E dei Take That racconta anche, dal suo punto di vista, come è uscito dalla band. Inoltre riconosce una certa invidia, anche competitiva, con il leader degli Oasis, Liam Gallagher, che al primo incontro gli inculca quel sogno di una vita chiamato Knebworth e lo tratta con la sufficienza degna di essere data a chi ha fatto parte di una boyband. Ma è l’ambito familiare quello che viene trattato con estrema sensibilità e sincerità. Alla sua relazione con Nicole Appleton, scritta e condivisa prima della proiezione con la stessa cantante ex All Saints, viene dedicato un ampio spazio, a conferma che quel pur breve periodo della sua vita poteva essere il suo appiglio di salvezza prima di crollare nel baratro.
Nicole Appleton emerge come una sorta di angelo salvatore, mentre la vicenda dell’aborto, imposto dalla casa discografica, viene trattata con estrema sensibilità. In quel momento, Robbie Williams vede infrangersi il sogno di diventare padre e comprende che la sua condizione psicofisica sta per precipitare, trascinandolo in dipendenze da droghe e alcol, con il rischio di morte improvvisa e la rottura del rapporto con il suo unico amico d’infanzia. La sua famiglia viene raccontata come la sua ancora di certezza nella quale, pur con un padre assente che a suo modo lo ha lanciato nello showbiz, il ruolo della madre e della nonna sono centrali nella sua vita. Poi c’è il terzo e ultimo livello, che è quello che porta Better Man nel perimetro dei grandi film. Ed è l’esplorazione delle paure di Robbie Williams come uomo prestato all’arte. Qui il cantante inglese non è ipocrita: essere una superstar di calibro mondiale richiede un sacrificio enorme, che porta a mettere in secondo piano la propria serenità per rendere felici i propri fan. Il giovane Robert, bullizzato ma pieno di sogni e di speranze, nell’arco di pochi anni si trasforma nel Robbie entrato in un gioco più grande di lui, nel quale trova una via di fuga nell’alcol e nella cocaina. Robbie è un’anima fortemente competitiva, ma che si trova anche all’apice della fama incapace di gestire le proprie paure e la propria ansia di dover essere qualcuno. Una grossa fetta di Better Man racconta proprio questa grande incapacità di autogestire la sua persona capace di trovare, dopo una vita vissuta al massimo e senza freni, la serenità solamente in un lieto fine nel quale tutti i pezzi del mosaico si incontrano.
La grandezza di Robbie Williams la capisci anche nei dettagli emersi nell’intervista e nel mini-concerto che hanno accompagnato la proiezione in sala. Ne esce una persona che potrebbe tranquillamente andare in teatro con un one man show e che, pur avendo un repertorio enorme, sceglie di mettere in scaletta una cover già nota di Minnie The Moocher. Ah, e viviamo in quel punto del multiverso nel quale una popstar di calibro mondiale ringrazia, in diretta nazionale, quel totem dell’industria cinematografica nazionale che è Andrea Occhipinti. Un gigante della musica che omaggia un gigante della cinematografia. Insomma, Better Man è un film che fa ballare, sorridere e anche piangere. Che Robbie Williams sia una persona fuori dagli schemi è cosa nota, ma che lo fosse così tanto da portare la sua vita in questa maniera al cinema in pochi se lo sarebbero aspettato. Visti i nomi coinvolti nel progetto, era impensabile di trovarsi di fronte ad flop; e infatti Better Man è un biopic del quale se ne parlerà tantissimo nei primi mesi del 2025. Ah, e preparate i fazzoletti, perché c’è uno degli utilizzi di Angels più commoventi che ci si possa aspettare.