C’è qualcosa che con gli anni mi attira sempre meno, ossia il sensazionalismo. Ma se a dodici anni ti ritrovi davanti a un centinaio di DVD e, per puro caso, vieni calamitato da quello con in copertina un soldato scozzese dai capelli lunghissimi e una croce bianca e azzurra dipinta sul volto, è facile che tu possa restarne incuriosito. Non ti fai troppe domande su quanto un dialogo sembri estrapolato da un biglietto dei Baci Perugina ma resti incollato allo schermo, soprattutto quando nell’ultima scena del film William Wallace, invece di chiedere pietà, grida “libertà”. A prescindere dal valore cinematografico di Braveheart, nel tempo, questo concetto di libertà ha continuato a risuonare in me, sia in ambito professionale che nel campo della proprietà intellettuale. E poiché è proprio questo il cuore del nuovo singolo di Pierluigi Pieretti, intitolato “Finally Free”, ho deciso di parlarne con lui, intrecciando il suo vissuto e la sua arte, per esplorare tutti i legami che li connettono.
La tua storia di vita è segnata da molte sfide e rinascite. Quanto di questa esperienza personale influenza Finally Free?
La mia vita, in generale, a causa di una disabilità che mi accompagna fin dalla nascita e che mi comporta dolori cronici e difficoltà quotidiane, è sempre stata piena di ostacoli e difficoltà. Ad ogni modo, ho sempre avuto una grande resilienza, forza d’animo e positività che mi hanno permesso di superare qualsiasi avversità e di imparare a convivere e ad accettare questa mia condizione fisica. Di conseguenza, Finally Free è stata fortemente influenzata dalla somma di queste mie esperienze personali e per me rappresenta un riscatto, una vera e propria rivincita e rinascita, è una presa di consapevolezza della mia condizione e, soprattutto, di accettazione della mia persona.
Inoltre Finally Free segna il tuo debutto cantato in inglese. Quando ti approcci alla scrittura in una lingua diversa dall’italiano, come procedi? Lavori sui concetti e poi cerchi di dare loro una forma adatta ad un brano oppure sfrutti la musicalità dall’inglese per costruire delle melodie che poi ospiteranno parole e frasi?
Cantare in inglese per me è una svolta importante. Scrivere in inglese mi permette di lavorare, dapprima, sulla stesura del testo e sulla creazione delle frasi e, in seguito, di collegare la melodia, la musica al testo elaborato in precedenza. È un lavoro creativo davvero interessante ed altrettanto formativo.
Il titolo del brano ha un che di universale, eppure sembra molto legato alla tua esperienza. Qual è stato per te quel momento in cui hai sentito di essere finalmente libero?
Negli ultimi due anni, in particolare, ho acquisito una maggiore consapevolezza delle mie capacità e delle mie potenzialità. In particolare, quest’anno per me ha significato una rinascita a livello interiore: ho compiuto un grande lavoro di introspezione e ho imparato ad accettare i miei limiti e a comprendere che qualsiasi ostacolo può essere superato. Mi sono sentito, finalmente, libero dalle mie paure ed insicurezze ed ho imparato, contestualmente, ad apprezzare i miei punti di forza e ad amarmi davvero per la persona che sono.
A proposito di universalità: il tuo brano si compone di pianoforte, archi e voce-strumenti che attraversano le epoche e rigettano per loro natura il tema della moda. Cos’è per te un brano dal sound intramontabile e quali sono i brani che porterai per sempre dentro?
I brani che preferisco maggiormente, che porto sempre nel cuore, sono delle vere e proprie poesie in musica: Stairway to Heaven dei Led Zeppelin, Romeo and Juliet dei Dire Straits, Purple Rain di Prince, Careless Whisper di George Michael e Comfortably Numb dei Pink Floyd. Canzoni del genere sono eterne e, purtroppo, difficilmente verranno composti in futuro capolavori di tale portata.
Il tema della pace interiore ricorre spesso nel tuo percorso. È la musica il tuo strumento di pace? Cosa significa per te trovare pace attraverso l’arte?
La musica, a mio avviso, è l’unico linguaggio universale parlato da tutti i popoli della terra. Se nel mondo si parlasse quasi esclusivamente il linguaggio della musica, linguaggio che si avvicina di molto a quello dell’anima, la pace globale si sarebbe raggiunta da un pezzo.
Nella tua carriera, hai pubblicato lavori da indipendente e ora hai un contratto discografico. Quanto è importante il sostegno di un team di lavoro e come il vostro rapporto arricchisce il peso specifico della tua carriera?
È fondamentale ed indispensabile. Professionalmente parlando, da soli non è possibile andare da nessuna parte. Hai bisogno di un team che creda tantissimo in te, che ti affianchi nel tuo percorso professionale a trecentosessanta gradi e che ti sostenga, soprattutto, dal punto di vista umano. Ho la fortuna impagabile di avere un contratto discografico con due label prestigiose (Indaco Records e Needa Records ndr.), che mi fanno sentire a casa e mi sostengono a trecentosessanta gradi e in maniera egregia sotto tutti i punti di vista – professionale e, soprattutto, umano. Non potrei essere più grato e felice di come lo sono ora.
C’è un momento in cui hai sentito di voler abbandonare la musica? Cosa ti ha portato a non farlo e a rimanere fedele alla tua arte?
Si, in passato ho sofferto, a causa della mia salute, di una forte depressione e la tentazione di mollare tutto era forte. Fortunatamente, non ho mai mollato, ho fatto la scelta giusta e, naturalmente, ne è valsa assolutamente la pena.
Qualè la cosa più importante che la musica ti ha insegnato di te stesso?
Mi ha insegnato a credere in te stesso, ad accettare i miei limiti, a conoscere le mie potenzialità e a comprendere che è possibile superare qualsiasi avversità.
Qual è l’ultima grande cosa che ti ha sorpreso prima di questa intervista?
Magari un film, una canzone, una persona, un libro, un tramonto. Qualsiasi cosa, purché ti abbia veramente ricordato che la vita vale sempre la pena di essere vissuta. Sono una persona dalle mille passioni. Amo la musica, il cinema, lo sport, l’arte, la lettura, la poesia, la scrittura, l’architettura, l’urbanistica e i viaggi. Ultimamente sono tornato in vacanza a Firenze dopo otto anni dall’ultima volta in cui la avevo visitata e sono rimasto ammaliato dalla sua Bellezza e dalle meraviglie della sua arte. Questa nuova visita fiorentina mi ha emozionato moltissimo e mi ha ricordato che le emozioni nella vita sono una componente fondamentale, perché ti permettono di apprezzare appieno l’esistenza e ti permettono di comprendere che la vita vale sempre la pena di essere vissuta ed amata in ogni momento, perché la vita è davvero bella e dovremmo rendercene conto decisamente più spesso.