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“The Substance”, un’opera sanguigna sul prezzo della bellezza

Con “The Substance”, Coralie Fargeat scava nell’ossessione hollywoodiana per l’eterna giovinezza, mettendo Demi Moore nei panni di una star del fitness in declino che tenta l’impossibile per fermare il tempo

The Substance, vincitore del premio per la Miglior sceneggiatura all’ultima edizione del Festival di Cannes, è il primo film in lingua inglese dell’autrice francese Coralie Fargeat. Complice una brillante campagna di marketing, il film sta da mesi incuriosendo il pubblico generalista, tendenzialmente non troppo interessato a titoli tanto eccentrici. The Substance, infatti, è un horror d’autore, che racconta il disperato tentativo di restare giovane di una star del fitness in decadenza. Uno dei principali meriti di The Substance è la scelta del cast: la protagonista Elisabeth Sparkle, ex attrice di successo riciclatasi come guru dell’aerobica, è interpretata da Demi Moore, sex symbol degli anni Ottanta e Novanta da tempo esclusa da ruoli di primo piano. Moore, nota anche per l’aspetto incredibilmente giovanile, sceglie con coraggio di interpretare una protagonista che mette in ridicolo la sua stessa figura attoriale, andando a raccogliere l’eredità di Gloria Swanson (Viale del tramonto) e di Bette Davis (Eva contro Eva). Il tema dell’invecchiamento femminile, legato il particolare al divismo, è al centro di diversi titoli contemporanei, come Maria di Pablo Larrain o X di Ti West, che nella sua trilogia aveva già avuto l’intuizione di usare il genere horror per trattare l’argomento.

Più in generale, opere con tematiche apertamente femministe, spesso costruite attorno a una diva matura, si stanno sempre più imponendo nel panorama cinematografico contemporaneo, e The Substance si inserisce con successo in questa corrente. Nel film di Fargeat, la protagonista Elisabeth decide di sottoporsi a un bizzarro e avanguardistico trattamento, che le permette di creare una copia più giovane di sé: le due versioni della stessa donna, che faticano ad accettare di essere una sola persona, dovranno alternarsi senza eccezioni ogni settimana. La giovane e bellissima Sue, interpretata da Margaret Qualley, non resisterà però alla tentazione di prendere sempre più tempo per sé, andando a danneggiare il corpo più vecchio che l’ha creata. The Substance va a colpire con arguzia l’ossessione per la giovinezza, responsabile dell’abuso di chirurgia estetica che negli ultimi decenni si è sempre più diffuso, soprattutto tra le donne e soprattutto a Hollywood. In un sistema che identifica la donna come oggetto estetico, il cui valore è legato indissolubilmente alla bellezza e al potere di attrazione esercitato sugli uomini, l’invecchiamento appare infatti come l’incubo per eccellenza, un orrore inevitabile che bisogna a tutti i costi tentare di contrastare.

Fargeat, nella sua opera, non presenta le donne solo come vittime, ma anche come artefici di questo sistema: avendo interiorizzato lo sguardo maschile, infatti, Elisabeth diventa carnefice di sé stessa, rovinando un corpo già bellissimo pur di riconquistare la giovinezza e, con essa, la fama e l’amore del pubblico. Il problema è che, come viene sottolineato nel cronenberghiano ultimo atto, la mutazione è destinata a finire in tragedia: l’abuso di interventi estetici, infatti, arriva ad alterare l’aspetto naturale in un modo sempre più sgradevole, e l’industria che ha portato le donne a sottoporsi alla chirurgia non tarderà a mettere in ridicolo quelle stesse donne, non appena i risultati della chirurgia inizieranno ad andare male. Nonostante un finale eccessivamente dilatato, che esaspera un didascalismo già abbastanza evidente, The Substance è un’opera assolutamente contemporanea, in grado di divertire e soprattutto di far riflettere: la scelta delle attrici, l’inserimento di scene estremamente gore e l’estetica già iconica, infatti, si fanno veicolo di una riflessione urgente sul modo di affrontare la vecchiaia, soprattutto per quanto riguarda il mondo femminile.