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In un mondo di Pepsi, le Bones UK vogliono essere la Coca-Cola

Le Bones UK sono il nuovo volto del rock inglese, emergendo come un faro di individualità e autenticità in un’industria che spesso cerca di incasellare gli artisti

C’è qualcosa di irresistibile e affascinante nel modo in cui Rosie Bones e Carmen Vandenberg sfidano continuamente le aspettative con il loro progetto Bones UK. Il duo di Camden Town ha sempre camminato sul filo del rasoio tra potenza sonora e profondità emotiva, creando un universo musicale unico e inconfondibile. In un sistema che spesso cerca di incasellare gli artisti, le Bones UK si ergono come un faro di individualità e autenticità. La loro musica non è solo un’esperienza sonora, ma anche un messaggio folgorante sulla fiducia in se stessi, sull’accettazione delle proprie imperfezioni e sulla resistenza agli standard imposti dalla società. Un messaggio racchiuso anche nel nuovo album SOFT, un ulteriore, intrigante capitolo di quello che si delinea come un viaggio artistico, oltreché personale.

Il titolo del vostro album è SOFT. È una scelta piuttosto originale, considerando il sound potente del disco. Ho anche trovato geniale l’uso delle lettere maiuscole in una parola come “soft”.
Rosie Bones
: Quando sei una musicista donna in una band rock and roll, devi tenere a bada molta della tua femminilità e morbidezza. È una sorta di battaglia costante, quasi una missione a “essere duri”. Il nostro album, un album rock chiamato SOFT, significa che vogliamo permettere a noi stesse di riaccogliere quella dolcezza, in tutte le sue sfumature. Va anche oltre la dimensione musicale, molte persone, di ogni genere, sentono addosso questa pressione. Sì, possiamo essere maschili, ma anche femminili. Gentili, ma anche rudi. Forti, ma anche delicati. Duri come l’acciaio, ma anche morbidi come la seta.

La vostra discografia sembra sfidare i generi musicali. SOFT è mix fantasmagorico di influenze che spaziano dal rock industriale al grunge e all’elettronica. Posso chiedervi come non volete essere definite?
Carmen Vandenberg
: Non vogliamo essere definite come qualcosa che si è già sentito prima. Vogliamo che le persone non riescano davvero a definire quale sia il nostro stile musicale. Ci piace vivere in quello spazio, benché sappiamo che non sia troppo consono agli addetti ai lavori, soprattutto delle radio.

L’album tocca molti temi contemporanei, dalla fiducia in se stessi all’abbracciare le imperfezioni come tratti unici – partendo dal proprio corpo– al resistere agli standard sociali. Quanto è importante per voi, come artiste, trasmettere questi messaggi di indipendenza e auto-affermazione, specialmente in un’industria che spesso impone standard rigidi e stereotipi?
Carmen Vandenberg
: È la cosa più importante. È la ragione per cui facciamo musica, che abbiamo sempre considerato come megafono più efficace e diretto. Al giorno d’oggi, la mancanza di fiducia in se stessi è qualcosa che riguarda la quasi totalità delle persone. E questo genera dinamiche tossiche, mancanza di confronto, difficoltà di accogliere e accogliersi. Lavorare su questi aspetti richiede un sacco di energia. Noi abbiamo una lunga esperienza di “lotta” contro le insicurezze, pur non avendo la presunzione di affermare di aver risolto la questione. Il vero dono è aiutare qualcuno che sta sullo stesso campo di battaglia.

Un altro brano che si oppone alle pressioni sociali del conformismo e del romanticismo tradizionale è Won’t Settle, che vede la collaborazione con Mike Shuman dei Queens of the Stone Age.
Rosie Bones: Mike
è un grande amico quindi tutto è stato molto naturale e spontaneo. Non facciamo molte collaborazioni. Quelle che nascono è perché sono davvero sentite, racchiudono una versa connessione con l’artista. Mike è ormai considerato un membro della band, è davvero bellissimo creare musica con lui.

Andrete in tour?
Rosie Bones
: Non puoi immaginare quanto sia costoso adesso andare in tour. Possiamo pensare di partire solo se abbiamo la sicurezza che tutte le location saranno sold out. Al momento, quindi, stiamo lavorando a delle date ma non possiamo premere il “tasto verde”: vogliamo dare tempo al disco di girare prima un po’. Poi, certo, abbiamo una grande voglia di suonare dal vivo. È la dimensione in cui le canzoni che registri prendono vita. C’è la vicinanza con i fan, e tutte quelle sorprese sui brani: spesso quelli che pensavi fossero dei successi non funzionano, e invece le B-side si rivelano le migliori da inserire in scaletta.

L’album si chiude con pezzo molto riflessivo, What If I Died. Come si chiude il cerchio di SOFT?
Carmen Vandenberg
: Si chiude con la sensazione di deporre un po’ i guantoni da boxe per dimostrare che non si debba poi urlare così tanto. Un approccio che abbiamo adottato anche nella nostra evoluzione come artiste e come persone. Prima eravamo sempre sul piano di “siamo le Bones UK: viviamo con la spada, moriremo con la spada”. Ora vogliamo semplicemente fare del nostro meglio, pubblicare album di cui andiamo orgogliose e non avere aspettative. Vogliamo goderci di più il viaggio.

Qual è il messaggio principale che sperate i vostri fan colgano dopo aver ascoltato l’album?
Rosie Bones
: In un’espressione unica: io sono la Coca-Cola… e tu puoi essere la Pepsi.

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