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Con “Astrale” Deci si sta cercando

Con “Astrale” è come se Deci stesse sussurrando un segreto al vento, al centro di una piazza gremita di gente, ma in qualche modo, non si capisce bene come, tutti lo riescano a sentire

Con Astrale Deci ci propone un pezzo che si inserisce nel solco di un pop elettronico raffinato, caratterizzato da un sound sintetico che richiama atmosfere sognanti, ma senza mai perdere una certa concretezza. Il viaggio sonoro – prima ancora di diventare anche lirico – è quantomai cinematografico e, come detto, si sporca le mani di un’elettronica minimalista e rarefatta, dando prova del fatto che anche la musica destinata ad un target molto ampio (e spesso generalista) possa, a suo modo, cercare una via di esplorazione out of the box. E anche il brano stesso, al suo interno, è un viaggio il cui il ritmo cresce gradualmente, come un motore che alza via via i giri. Tutto questo è paragonabile al respiro trattenuto prima del tuffo, che poi arriva puntuale, non ribaltando troppo i canoni della forma canzone. Questo momento è esattamente dove ci aspettiamo che stia, ossia in quella esplosione finale in cui voce e suoni orchestrano una alchimia di suggestioni, pur mantenendo quell’eleganza che è il vero marchio di fabbrica di Astrale.

Deci si sta cercando, insomma, e lo fa attraverso un uso oculato degli effetti sonori che arricchiscono i suoi pezzi senza appesantirli. L’uso dei sintetizzatori su Astrale, nello specifico, è particolarmente riuscito, contribuendo a creare un’atmosfera sospesa che si adatta perfettamente alla tematica del viaggio e conferendo al brano un effetto quasi ipnotico che amplifica la sensazione di trovarsi in un loop onirico. Mentre tutta questa forma si muove sullo sfondo, Deci si esprime con sicurezza e maturità attraverso le parole, restituendo un messaggio che è allo stesso tempo intimo e distaccato, capace cioè di trasmettere una certa vulnerabilità senza scadere nel melodramma. Il racconto per parole è dunque a tutti gli effetti una sorta di sogno febbrile dove le immagini si susseguono con una logica interna che sfugge alle facili interpretazioni, ma che rimane sempre accessibile grazie ad un uso sapiente delle parole (“Meno male, meno male, non spacciatemela per mare, è una visione astrale”).

Senza velleità poetiche, è come se Deci stesse sussurrando un segreto al vento, al centro di una piazza gremita di gente, ma in qualche modo, non si capisce bene come, tutti lo riescano a sentire. E poi c’è il tema portante degli ultimi (almeno) cento anni di musica destinata alle grandi masse: coniugare universalità e scoperta di sé. Ebbene Deci, lo fa abbastanza bene e questo è il reale successo di Astrale. Non so dirvi se la sua musica, per dirlo con i fratelli Gallagher (tornati in voga in questi ultimi giorni), diventerà familiar to millions, se alla fine prenderà il sopravvento la ricerca di un pubblico verticale o orizzontale, ma certo è che questo artista si potrà giocare le sue carte per trovare posto nello spazio aperto del mercato musicale. Ma dunque: in quale caso vale davvero la pena dare un ascolto ad Astrale? Soprattutto se siete in cerca di un singolo che si posizioni con intelligenza nel panorama del pop contemporaneo, senza mai perdere di vista la qualità e la cura del dettaglio, un tentativo lo farei.