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In “Disclaimer” la verità ci mette un po’ a venire fuori

“Disclaimer” di Alfonso Cuarón ci tiene incollati allo schermo e non smette di stupirci fino agli ultimi istanti, ed è merito anche di una straordinaria Cate Blanchett

Esistono due tipologie di persone, solo due, nessuna sfumatura in mezzo: chi ama gli spoiler e chi li detesta. Io rientro nella prima categoria, quasi sempre. Per alcune persone non c’è gusto nel vedere un film di cui si conosce già il finale; io non la vedo così. Credo piuttosto che conoscere la fine ci permetta di osservare meglio il percorso: uno sguardo che altrimenti potrebbe sembrare ambiguo, improvvisamente acquista un perché. Un gioco di parole, un focus in camera, un piccolo dettaglio insignificante al quale altrimenti non avremmo mai dato peso, ora improvvisamente ci permette di stupirci della maestria di chi lo ha pensato, che come un serial killer ha disseminato indizi sperando che qualcuno li notasse. Per la nuova serie di Alfonso Cuarón invece ho amato non sapere e venire rimbalzata di punti di vista in punti di vista.

Disclaimer racconta la storia di Catherine (un’eccezionale Cate Blanchett), una documentarista affermata; ci parla della sua vita apparentemente perfetta con il marito Richard (Sacha Baron Cohen) e il figlio Nicholas, contrapposta a quella misera di Stephen (un altrettanto eccezionale Kevin Kline), un insegnante della periferia di Londra. Se Catherine ha un lavoro dove è stimata da tutti, Stephen è sull’orlo del precipizio con il suo. Laddove Catherine ha un rapporto idilliaco con Robert, Stephen è ormai vedovo da anni. Catherine ha un figlio che adora, Nicholas. Robert il suo Jonathan lo ha perso in un incidente anni prima. Ma queste non sono due storie contrapposte tra loro senza nessun legame. Non sono dritto e rovescio della medaglia, opposti senza mai entrare in contatto. Perché tutto ciò che Stephen ha perso, è per colpa unicamente di Catherine. E tutto ciò che Catherine ha, lo deve a Jonathan e a Stephen, e ora lui è finalmente pronto a riprenderlo. Peccato che a differenza dei libri, nella vita vera non esistono narratori onniscienti. Quanto siamo disposti a fidarci di una narrazione in prima persona? E così noi spettatori impariamo a mano a mano a diffidare dei punti di vista altrui, perché sotto la coltre delle interpretazioni è sepolta da qualche parte la verità, che in Disclaimer ci mette un po’ a venire fuori.

Mentre guardiamo, capiamo un po’ di più sull’uomo e sulla sua natura. Impariamo che esistono sfumature nelle persone. Impariamo che si può amare, pur a tratti detestando l’altro. Che si può essere brave persone e sbagliare, così come essere brutte persone e fare del bene. Siamo matasse di ombre che ballano a cavallo tra i grigi; e così quando ci sono solo bianchi e neri, non ci può essere verità. Disclaimer così facendo ci intrattiene e ci insegna, in un prodotto Alfonso Cuarón per Apple TV che ci tiene incollati allo schermo e che non smette di stupirci fino agli ultimi istanti. La sola nota dolente di questa serie sarebbe non raggiungere la quantità di pubblico che merita. E mi raccomando, se non dovete fidarvi dei narratori, forse fareste meglio a non fidarvi nemmeno di me e a giudicare con i vostri stessi occhi.