dark mode light mode Search Menu
Search

“The Order”, Justin Kurzel indaga sulle origini del trumpismo

Thriller, ma anche poliziesco, heist movie e western: “The Order” di Justin Kurzel non è esente da difetti, ma nonostante ciò risulta un film solido e ben girato con un ottimo Jude Law

Adattando per il grande schermo il saggio The Silent Brotherhood di Kevin Flynn e Gary Gerhardt del 1989, Justin Kurzel presenta in concorso a Venezia 81 The Order, film ambientato nel nord-ovest degli Stati Uniti del 1983 e incentrato sulle vicende dell’agente FBI Terry Husk (ben interpretato da Jude Law), che tenta di sgominare un gruppo di terroristi neonazisti guidati dal carismatico leader Robert Jay Mathews (Nicholas Hoult). Sebbene siano trascorsi quarant’anni dal tentativo dei suprematisti bianchi di stabilire l’ordine ariano in America attraverso la lotta armata e i dettami del romanzo I diari di Turner del 1978, gli eventi risultano ancora di stringente attualità negli Stati Uniti del 2024, vuoi per i fatti di Capitol Hill del 2021 (che molto hanno a che fare con gli scritti di William Luther Pierce), vuoi soprattutto per le imminenti elezioni presidenziali, che dalle premesse della campagna elettorale si preannunciano particolarmente infuocate.

L’obiettivo primario di The Order sembra essere proprio quello di indagare le origini del trumpismo, che affonda le sue radici nella miseria, l’ignoranza, la disperazione e il bisogno di rassicurazione facilmente riscontrabile in una guida demagogica. Per perseguire il suo scopo, Kurzel attinge alla storia del suo Paese (i fatti raccontati sono realmente accaduti) e ricorre ai generi cinematografici maggiormente rappresentativi, come il thriller, il poliziesco, l’heist movie, ma anche il western (il personaggio di Jude Law in fondo deve molto ai cowboy solitari del cinema classico). Sono dunque queste le premesse poste alla base della caccia all’uomo attorno a cui ruota l’intera struttura del film. Se però da una parte Kurzel tenta di allestire una messinscena secca ed essenziale, figlia del cinema di Michael Mann (si pensi ad esempio al suo intramontabile Heat – La sfida), dall’altra non riesce a resistere alla tentazione di enfatizzare il tutto con metafore didascaliche e ridondanti (come quella del cervo, che rimanda in modo pericolosamente equivoco ed insistito a Il Cacciatore di Michael Cimino).

Al netto di questo non trascurabile limite, il film presenta comunque svariate sequenze d’impatto: la resa audiovisiva di rapine, inseguimenti e scontri a fuoco risulta di alto livello, conferisce il giusto ritmo all’opera e si dimostra capace di intrattenere qualsiasi spettatore. Convincenti risultano inoltre tutte le interpretazioni, dall’ottimo Jude Law, molto più energico e sul pezzo rispetto alle sue ultime prove attoriali, fino ai credibilissimi Nicholas Hoult e Tye Sheridan, entrambi all’altezza del protagonista. Per tutti questi motivi The Order risulta un thriller solido e ben girato, non esente da difetti, ma comunque in grado di non sfigurare in una rassegna prestigiosa come quella del concorso di Venezia, di cui rappresenta una delle migliori sorprese.