dark mode light mode Search Menu
Search

Achille Lauro, mille modi per morire e rinascere

È finito per essere Bowie, poi Mina, poi Billy Idol, poi Elvis. Tutto questo restando Achille Lauro. Sempre e comunque Achille Lauro. È questo il suo super potere

Achille Lauro è come un’araba fenice, in grado di rinascere dalle proprie ceneri e ripercorrere in modo ciclico il suo corso, ma con maggiore consapevolezza. Voleva essere Vasco, poi un Gallagher ed è finito per essere Bowie, poi Mina, poi Billy Idol, poi Elvis. Ha pianto sangue, si è spogliato dei suoi vestiti, per poi indossare letteralmente ogni capo (maschile, femminile, che importa?). Tutto questo restando Lauro. Sempre e comunque Lauro. Chissà a cosa pensano gli artisti in quei quattro o cinque secondi in cui riflettono in silenzio prima di rispondere alle domande dell’intervistatore? Sicuramente ciò che conta è non essere banale o ripetitivo. Eppure c’è una cosa che leggo sistematicamente in tutte le interviste – da quelle pubblicate negli anni Settanta a quelle più recenti, a prescindere dalla tipologia di artista che si ritrova a formulare la risposta: alla domanda sul cosa sia necessario per raggiungere il successo, tutti rispondono che non c’è una formula segreta e che l’unica cosa che conta realmente è il coraggio di essere sé stessi. Scommetto che mentre leggevate riuscivate ad anticipare ogni parola, non è così? Ed è proprio per questo che negli anni questa domanda si è evoluta, rimescolata, riadattata, ma alla fine quasi tutti i migliori giornalisti del mondo hanno deciso di non formularla più.

È quello che abbiamo fatto anche noi, ovviamente, ma il punto è sempre lo stesso: come si fa ad essere sé stessi e fregarsene di ciò che vuole la propria etichetta, o la propria fan base? Pensate che Dylan venne fischiato solo per aver eseguito Blowing in the Wind con la chitarra elettrica anziché con la solita acustica. Achille Lauro, che è senza ombra di dubbio una delle figure che maggiormente sfugge alle definizioni semplici, ha fatto della sua carriera una continua evoluzione, e fin dagli esordi ciò che lo ha reso diverso da chiunque altro è stato il coraggio di abbracciare questa metamorfosi perpetua senza badare troppo ai pensieri altrui. Durante la nostra chiacchierata, all’interno della quale non abbiamo tassativamente perso tempo a fargli quella stupida domanda, lui ci ha comunque tenuto fin da subito a precisare che le tappe principali della sua evoluzione artistica sono connesse da un fil rouge e che questo filo conduttore è lui stesso, che fluisce in un nuovo personaggio in modo imperituro da sempre. «Ogni fase della mia carriera è stata un’opportunità per esplorare nuove sonorità e sfidare me stesso – ci dice – e senza dubbio l’influenza di personaggi fuori dall’ordinario come Boss Doms hanno permesso che l’evoluzione prendesse atto nel suo habitat naturale, ossia all’interno dell’esistenza di un gruppo di artisti».

«Il nostro legame è basato su una profonda comprensione reciproca, quasi simbiotica. C’è una forte sinergia creativa, certo, ma credo che il più importante strumento che ha consolidato il nostro sodalizio artistico non sia la chitarra ma l’amicizia sincera. Io non accetto compromessi, e nemmeno Boss Doms. Entrambi a modo nostro esprimiamo quel che sentiamo utilizzando la forma che in quel momento riteniamo più autentica ed adeguata. Ecco perché parlare di genere musicale per noi è fortemente limitante». Sì, ma Achille Lauro in fondo cos’è? Un talento naturale? Un istrionico re Mida che riesce senza sforzo a trasformare in oro tutto quel che tocca oppure è un artista costruito col sudore? Su questo tema Lauro fa zero a zero e ci dice che la dicotomia tra talento e determinazione è necessaria. Questi due elementi sono inseparabili e si alimentano reciprocamente. «Credo che il talento e la determinazione vadano di pari passo. Se dovessi dare una percentuale, direi che per me è un cinquanta per cento talento e un cinquanta percento determinazione», e qui crediamo di sapere con buona approssimazione cosa Lauro abbia pensato in quei quattro o cinque secondi prima di rispondere, ovvero che gli artisti maledetti tutto talento e zero disciplina sono bruciati troppo in fretta e che quelli disciplinati ma troppo matematici avrebbero dovuto investire il loro tempo ad inviare curriculum ad una agenzia di marketing, piuttosto. Sarebbero senz’altro diventati come minimo dei capi-reparto. Lauro è uno che attraverso l’impegno ed il lavoro da stacanovista riesce a mostrare il suo talento.

Se è vero che ogni giorno Achille Lauro si evolve come un qualche magnifico Super Sayan della musica, beh allora la cosa più corretta che potessimo fare è parlare del suo ultimo progetto, Banda Kawasaki. Quel che ci ha raccontato determina che questa crescita è ciclica e Lauro ha già fatto il giro, tornando con nuove consapevolezze al punto di partenza: «Sentivo il bisogno di riconnettermi con quel periodo della mia vita che ha segnato l’inizio di tutto e volevo anche riabbracciare quel sound urban dopo aver pubblicato brani in veste rock & roll, blues e perfino techno». È una sorta di riaffermazione? «Sì, ma molto più consapevole. Sembra contro intuitivo ma nell’arte non si può tornare indietro, se non si va avanti». Achille Lauro ha sempre avuto un forte senso di responsabilità verso la comunità, come dimostra la sua collaborazione con i ragazzi di Kayros di Don Claudio Burgio per il remix di Banda Kawasaki. «L’iniziativa è nata dal desiderio di fare qualcosa di significativo e di restituire qualcosa di grande alla comunità», dice. «Coinvolgere i ragazzi è stato un modo per dar loro una voce e farli sentire valorizzati». Anche i più affiatati haters di Achille Lauro converranno che se c’è una cosa che non si può proprio contestare all’artista romano è la sua internazionalità.

Durante il tuo soggiorno creativo a New York e Los Angeles, avrai sicuramente vissuto molte esperienze stimolanti.
Viaggiare e lavorare fuori dall’Italia ha arricchito ulteriormente la mia visione artistica. Ho incontrato produttori internazionali e mi sono confrontato con nuove realtà musicali, ho compreso l’importanza dell’originalità e dell’unicità. Confrontarsi musicalmente con un mondo nuovo ti aiuta non solo a scoprire nuove versioni di te stesso ma soprattutto ti spinge a fortificare i tuoi tratti distintivi.

È difficile essere Achille Lauro?
Le difficoltà che ho incontrato sono state molte ma devo dire che mi hanno sempre spinto a lavorare più duramente e a rimanere fedele alla mia visione, che poi è la cosa che conta di più per me.

Che ruolo ha la spiritualità nella tua vita?
Sono molto grato per quello che ho e quello che la vita mi ha dato sia dal punto di vista professionale che nella sfera privata. Il mio compito è sforzarmi di non dare nulla per scontato ed accorgermi di tutte le cose importanti che mi sono successe cercando di ridare indietro come posso.

Il nuovo tour rappresenta un’esperienza sensazionale, ispirata dal movimento rave degli anni Novanta e Duemila. Lauro voleva creare qualcosa che andasse oltre il semplice concerto, un momento unico e immersivo in cui una tribù si riunisce e vive un’esperienza collettiva. «Non esisteva concetto più adatto per definirlo», dice, evidenziando il desiderio di offrire al pubblico un’esperienza memorabile. Gli chiedo poi del concerto del primo agosto in Puglia e del ruolo che ha avuto la sua musica nelle giovani generazioni. «Essere ospite dell’Oversound Music Festival nella iconica Gallipoli, che è un po’ la Mecca dei giovani, è un onore per me. Sento una grande responsabilità come personaggio pubblico, ma anche una profonda gratitudine».

Kurt Cobain in una intervista diceva di sentire una pressione immane ad essere un riferimento del movimento giovanile, ma Lauro ci trasmette una certa self confidence. Lui sa di aver scritto alcuni degli inni generazionali e sa anche che essere un punto di riferimento significa dover badare ad ogni dettaglio della propria vita pubblica. Eppure l’unico antidoto alla paura di non essere sempre perfetto come ti vorrebbero, è – di nuovo – essere sé stessi. Ci sono state alcune situazioni scomode attorno alla carriera di Achille Lauro, specie a ridosso della prima partecipazione al Festival di Sanremo, ma affrontare con autenticità la gogna mediatica gli ha permesso di uscirne sempre senza macchia. E proprio alcuni giorni prima di quella tanto chiacchierata edizione, poi divenuta storia, in cui si faceva conoscere al grande pubblico, ci disse in una lunga intervista che ancora custodiamo nel nostro archivio, che sarebbe diventato il nuovo Vasco Rossi e che i suoi competitor erano gli Oasis. E poi è diventato Bowie, poi Mina, poi Billy Idol, poi Elvis e chissà quanti altri. Ha pianto sangue, si è spogliato dei suoi vestiti, per poi indossare letteralmente ogni capo (maschile, femminile, che importa?) e toccando con fare esplorativo tutte le coordinate geografiche, sonore e temporali della musica. Tutto questo restando Lauro. Sempre e comunque Lauro. È questo il suo super potere.