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Per JP Cooper ora è tornato il sereno

JP Cooper genera un effetto macchina del tempo dal motore in costante evoluzione. L’abbiamo incontrato alla vigilia del suo ritorno in Italia: «Se non ti chiami Taylor Swift o Ed Sheeran andare in tour è una grande sfida»

Lo abbiamo conosciuto per il suo timbro vocale unico, il ritmo coinvolgente delle sue canzoni e singoli lanciati in rotazione sulle radio – da Perfect Strangers con Jonas Blue a September Song fino a She’s On My Mind – che lo hanno consacrato come uno degli artisti più promettenti del prolifico panorama di Manchester. A due anni di distanza dal suo ultimo lavoro in studio, JP Cooper torna con un nuovo singolo, Waiting On A Blue Sky, come anticipazione del suo terzo album. Ascoltarlo, genera un effetto macchina del tempo dal motore in costante evoluzione. La sua voce è sempre riconoscibile, l’atmosfera evocata dal brano contiene sonorità emozionanti, versi evocativi, lunghe attese, consapevolezze rinnovate.

Che significato racchiude questo nuovo singolo e che cosa vedi nel tuo cielo blu?
Sai, mi ritrovo spesso a parlare del meteo. Il mio primo album si intitola Raised On A Grey Sky. Essendo cresciuto a Manchester, le condizioni meteorologiche mi hanno sempre influenzato molto: la pioggia costante, il cielo grigio. Insomma, il meteo è diventato una metafora della mia vita. Anche il significato chiaroscurale della luce, l’alternanza tra luci e ombre. Succede lo stesso con le persone. E succede lo stesso a me. È nelle situazioni di oscurità che è importante intravedere lo spiraglio di luce, imparare a ballare sotto la pioggia, ricordare di farlo, senza aspettare che le cose passino da sole perché non potrà mai allinearsi tutto alla perfezione. Il singolo racchiude queste sensazioni. È una sorta di memo mentale.

Il singolo anticipa la pubblicazione del tuo terzo album, come sono nate le canzoni di questo nuovo progetto?
Il nuovo album si discosterà molto dal mood più commerciale, in cui non mi sentivo pienamente libero di esprimere la mia creatività: le scelte di produzione, gli accordi con le radio… Quando ho iniziato a lavorare a questo album ho sentito che questa direzione non sarebbe stata quella giusta.

Quindi c’è stato un cambio di approccio?
L’approccio è molto differente fin dal principio: scrittura, voce, chitarra, piano, senza produzione. Alcune delle canzoni sono arrivate in studio come note vocali registrate con lo smartphone. E quando abbiamo definito i brani, è venuta spontanea la scelta di lavorare con un solo produttore. Oggi, molti artisti scrivono dischi supportati da milioni di addetti ai lavori e diventa sempre più difficile seguire un processo lineare. Io ho voluto fare le cose come ai vecchi tempi, rispettando il format autentico dell’album, quello che tutti dicono che stia scomparendo.

E come avete registrato?
Abbiamo registrato live, in uno studio senza marchingegni digitali. Come secondo passaggio abbiamo dato un tocco più moderno alla produzione senza mai intaccare l’umanità: ascolterete mani che battono, respiri e tutti i suoni che animavano la stanza. È vero, il disco è diverso dai miei precedenti lavori. Tuttavia, contiene energia, nostalgia, speranza, luce, romanticismo e tanta, tanta bellezza, che è ciò che mi incoraggia ogni giorno a proseguire sulla mia strada. Sono davvero entusiasta della prossima pubblicazione. E non importa che faccia milioni e milioni di stream. Sono felice del risultato perché esprime totalmente ciò che ho imparato ed il mio modo di essere, come persona e come artista.

Di recente sui tuoi canali social hai raccontato quanto siano importanti per te le collaborazioni con altri musicisti. Nell’album sarà presente qualche collaborazione?
C’è una collaborazione molto particolare con un coro. Un’ispirazione nata qualche anno fa durante un tour in Sud Africa, quando mi sono imbattuto in un coro che cantava in una chiesa. È stato un pensiero fisso durante la scrittura del nuovo disco che non potevo non assecondare. Così ho arrangiato alcune canzoni con il Durban Gospel Choir. È stato anche questo un modo per esprimere l’umanità di cui ti parlavo. Parallelamente all’album ho in pipeline altre collaborazioni che funzionano proprio perché viaggiano su due binari paralleli. È avvenuto lo stesso in passato con singoli come Perfect Strangers, con Jonas Blue o altre produzioni più “dance”. Non voglio discostarmi del tutto da questo mondo che, nel tempo, ha aperto molti spiragli, facendomi conoscere artisti che sono anche diventati amici. È bello sapere che chi ascolta la tua musica può trovare una proposta ampia, da atmosfere più intime, al volume della band, ai balli fino a tarda notte.

Stasera salirai sul palco del Superaurora Festival, nella cornice del Castello Chigi vicino Roma. Qual è il tuo rapporto con l’Italia?
Ogni volta che ho suonato nel vostro Paese è stato fantastico. Il pubblico è sempre super entusiasta e c’è una condivisione incredibile. Per la data al Superaurora Festival avevo pensato di fermarmi qualche giorno a Roma, per visitarla ma non so se riuscirò. Sono sicuro, però, che troverò persone stupende, ottimo vino e ottimo cibo.

Il festival si caratterizza per la dimensione immersiva, per il connubio tra arte e musica. Se non fossi stato un musicista, quale arte senti particolarmente vicina alle tue ispirazioni e alle tue modalità di espressione?
(JP Cooper si sposta dall’inquadratura della telecamera e prende una macchinetta fotografica vintage ndr.). Senza dubbio… la fotografia. È una delle mie più grandi passioni. Vengo da una famiglia di pittori ma non sono mai stato molto bravo con le illustrazioni. Quindi, sì, la fotografia.

In Italia, ma anche in Europa, la musica live si sta dividendo sempre più in due dimensioni: una più raccolta in location intime e suggestive e quella dei concerti da stadio o dei grandi festival. Sembra che stia scomparendo una via intermedia. Che cosa pensi di questa spaccatura?
Andare in tour è diventato molto costoso. Non parlo per tour come quelli di Taylor Swift o Ed Sheeran, che ormai viaggiano su una dimensione parallela. Per gli artisti con pubblici meno numerosi è una grande sfida: da una parte, come responsabilità verso se stessi, i propri collaboratori e le proprie famiglie, considerando che spesso siamo in tour anche per molti mesi; dall’altra ci si deve preparare al meglio per offrire ai propri fan un’esperienza indimenticabile, creando una connessione, lavorare ed esprimersi al meglio finché tutto funzioni.

Come hai preparato i live?
È stata molto divertente tutta la fase delle prove e abbiamo inserito molte nuove canzoni nella setlist: alcune di queste saranno pubblicate a tour iniziato, poi la metà del tour coinciderà con l’uscita dell’album. Ho preparato il live secondo il mood del disco e secondo il mio approccio a questa serie di concerti. Vorrei che la dimensione del live fosse molto intima, raccolta, connessa. Ci saranno alcuni momenti in cui il sound lascerà a bocca aperta il pubblico. Deve essere un’esperienza totalmente immersiva.

Sono rimasta affascinata dal tuo video in cui celebri quell’oggetto magico che è la macchina da scrivere Lettera 22 della Olivetti. Anche io sono particolarmente legata a quella macchina da scrivere, coltivando la grande passione per la scrittura in tutte le sue forme e anche io mi sento parte di un mondo vintage che forse non esiste più. In che prospettiva si pone questo mondo, in considerazione delle evoluzioni digitali dell’AI anche nella musica e che futuro vedi per la musica?
All’inizio ero un po’ preoccupato, ora sono molto curioso. Penso che assisteremo ad una scissione nel panorama musicale. Da una parte, ci sarà la musica creata dalle “macchine”, con uno scopo specifico, con tutti gli algoritmi del caso per scrivere canzoni e piazzarle al meglio nelle playlist. Qui, forse, alcuni professionisti potrebbero essere sostituiti. Dall’altra, però, ci saranno sempre gli artisti che creano, scrivono, compongono con anima e cuore e non potranno mai essere sostituiti da qualcosa di digitale. È in questo ambito che esploriamo la nostra umanità, abbracciando le nostre imperfezioni e unicità. Ed il pubblico sarà sempre in grado di distinguere questi due mondi.