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Salmo & Noyz Narcos – The Rap Brothers

Se il vero riconosce il vero, Salmo e Noyz hanno fuso le loro cause e i loro intenti, in tutto e per tutto. Il loro “CVLT” ha preso vita dall’incontro di due rapper e i rispettivi producer in una villa in Toscana, con visioni che convergono e fanno a pugni

Senza troppa fatica, cercando online, è possibile ritrovare una sessione di pittura di Giorgio De Chirico accompagnata da una infinita trafila di domande a cui l’artista risponde perlopiù in modo schivo e sintetico. La cosa che più colpisce di questo prezioso reperto audiovisivo riguarda le piccole ma al contempo grandi perle che ogni tanto quasi sfuggono di bocca al Maestro. Ad esempio, ad un certo punto, scrutando l’orizzonte dall’abitazione dell’artista a Piazza di Spagna, l’intervistatore dice: «Nel sole di Roma stasera c’è un po’ di foschia» e De Chirico risponde: «Io non dico mai foschia, ma piccola nebbia perché foschia è una parola che mi dispiace, mi dà noia». E poi spiega che c’è un’altra espressione che lo irrigidisce, ossia «a prescindere». Ora, non sappiamo se anche Salmo e Noyz Narcos – che raggiungiamo in una delle date del loro tour estivo – detestino questa espressione, ma di certo la loro storia e soprattutto i loro live non hanno mai dato per scontato qualcosa. Che si tratti dei pezzi in scaletta, degli arrangiamenti o delle scenografie, niente è «a prescindere» in un lavoro di Salmo e Noyz, men che meno nello show che promuove il loro joint album CVLT. Ogni minuzia in questo spettacolo ha motivo di esistere e di prendere posto esattamente lì e non altrove.

Scavare nell’intimo di un artista sarà sempre un fallimento a metà. Questo rende amara la linfa che genera la domanda, la sterilizza. Non pretenderemo mai di arrivare nel profondo più profondo, non si può e, forse, non si deve. Il contraddittorio che genera l’arte è insito nell’artista: è intimo, personale, tutto quello che racconta e che non vuole raccontare. L’immaginario è cruciale nel dono che ogni artista fa alla propria platea. Il mondo che vive o che sceglie di vivere, per più o meno tempo, la dimensione in cui ci accoglie è un regalo, una concessione più o meno sofferta. Gli immaginari di Salmo e Noyz hanno scelto di convergere in una sola di dimensione. Hanno scelto di unirsi in una galassia che li accomuna, che li solleva dalle realtà scadenti. Il dono che arriva con CVLT è inaspettatamente, o forse no, crudo e violento. L’ambientazione è quella del più cruento film horror che possiamo immaginare e nulla è lasciato al caso. La cura del dettaglio è la benzina che alimenta il macabro, il raccapricciante. Deve essere tutto così dannatamente perfetto per fare schifo. Ce lo insegna Hitchcock in una ben nota chiacchierata con François Truffaut: il suono, molto più della parola, è il più grande regalo che sia mai stato fatto ai fotogrammi che scorrono. Più che mai nell’immaginario horror, il sonoro inquieta e trascina i sensi di chi guarda verso quel tunnel chiamato paura. «Per noi la componente visual è cruciale tanto quanto quella sonora».

Salmo & Noyz Narcos, foto di Tommaso Biagetti

«La scelta di ispirarsi agli horror viene da una passione in comune, siamo cresciuti con il culto delle serate film horror tutti insieme a casa di qualcuno», mi racconta Noyz Narcos a pochi giorni dal concerto alla Planet Arena di Paestum all’interno dell’Oversound Music Festival, tappa numero undici di un tour che ha attraversato tutto lo stivale e che si concluderà il 17 agosto al Red Valley Festival. Non è un caso che il gran maestro dello scabroso Made in Italy abbia scelto i Goblin di Claudio Simonetti per accompagnare l’inquietudine di pietre miliari come Suspiria o Profondo Rosso. È proprio in Dario Argento che Salmo e Noyz cercano l’apoteosi del proprio lavoro, la realizzazione plastica di quell’immaginario in cui sguazzano. «Quando abbiamo deciso di lavorare con Dario Argento per l’annuncio dell’album lo abbiamo fatto perché volevamo lavorare con un top player del settore, un orgoglio italiano e nel live riproponiamo le ambientazioni con un mix fra tecnologia ed elementi reali sul palco, nulla è affidato al caso», precisa Salmo. La cura del dettaglio è il faro in mezzo al mare che segna la rotta, vale anche per la dimensione del live, per un semplice concetto: la costruzione di un mondo così complesso e ben architettato, dall’ideazione alla realizzazione, in un disco minuzioso nella fattura, non può sfumare sul palcoscenico. Quella costruita in studio è una scenografia vera e propria, dal suono alle immagini, è tutto come dovrebbe essere. Il live show deve rendere giustizia a tutto questo, non ci sono alternative, soprattutto nella performance.

Nell’epoca delle voci sovrapposte alla traccia che gira sui CDJ, Noyz e Salmo rappresentano una delle poche eccezioni. L’ultimo barlume di rap della vecchia scuola che, sul palco, non ha paura di urlare forte a chi sta dall’altra parte e non aspetta altro. Quando gli chiedi di svelare quali sono gli ingredienti fondamentali per uno show rap di qualità come il loro, non hanno dubbi: «Puoi girarci intorno ma l’unico ingrediente è fare tanta gavetta. Siamo cresciuti in sala prove e soprattutto sui palchi dove ci siamo fatti le ossa concerto dopo concerto. Il live con il pubblico è la dimensione più bella del nostro lavoro». Fare bene il proprio e andare altrove. Curare nel particolare tutto quello che riguarda il proprio genere e poi ampliare gli orizzonti. Non c’è mai arte senza contaminazione, come nel cinema, nell’arte visiva, così nella musica. Più lampi di diversità colpiranno forte, più l’arte si arricchirà. L’attenzione al dettaglio resta il nucleo, attorno gravitano nuove esperienze, nuove direzioni, nuove influenze. Elettroni, protoni e neutroni vanno e vengono nel grande calderone della materia, il nucleo non cambia. È proprio così che immaginiamo le premesse che conducono alla sperimentazione di un artista eclettico come Salmo, l’esplorazione costante di nuovi impulsi musicali e non, resta un elemento centrale della sua musica. «Cercare nuove ispirazioni è una parte essenziale per me», dice. «La mia identità ha un nucleo forte e si compone anche di tutti gli spunti nuovi. Mi piace esplorare varie direzioni musicali e sperimentare nuovi ruoli per esprimermi artisticamente».

Foto di Tommaso Biagetti/Digital Cover di Jadeite Studio

Per andare altrove c’è bisogno di un solo grande promemoria: sapere da dove si proviene. In un genere che ha visto i propri natali tra le fughe dei marciapiedi di cemento e tra le venature dell’asfalto, dimenticare le origini è l’errore degli errori, senza se e senza ma. L’identità nasce con l’artista, costruirne una vuol dire prendere il sentiero sbagliato. Emanuele faceva le prove in un appartamento malandato di Centocelle, e Noyz questo non l’ha dimenticato. Nessuno come lui, nella storia del rap italiano, è riuscito a rappresentare trasversalmente così tante generazioni. Un ragazzino di sedici anni ascolta ancora Deadly Combination alla fermata del bus, un padre di famiglia quel disco lo conserva ancora in soffitta. E il segreto è proprio lì, in quell’identità che non è mai cambiata. Nella credibilità di chi si sente ancora un figlio perduto delle periferie romane, oggi come allora: «Penso che il segreto stia nel rimanere real sempre, la musica che fai deve rimanere quella e non essere soggetta alle mode». Sta tutto nell’autenticità, nello spingersi controcorrente anche quando quest’ultima sembra così forte da poterti trascinare nel dimenticatoio. E se è vero che il vero riconosce il vero, Salmo e Noyz hanno fuso le loro cause e i loro intenti, in tutto e per tutto. Nell’epoca del digitale, in cui i dischi prendono vita virtualmente e il contatto umano è striminzito, la direzione scelta è, ancora una volta, ostinata e contraria. CVLT è figlio di questa mentalità. La musica si fa insieme, in un gran casino di idee e persone. La musica prende vita dall’incontro e dallo scontro, faccia a faccia, nessuno schermo a dividere. Due rapper e i rispettivi producer, visioni che convergono e fanno a pugni. Sì, ma tutto in studio, in una villa in Toscana, tutti insieme.

«È stata una bella sfida perché abbiamo dovuto trovare un equilibrio fra i nostri metodi, diversi fra loro», spiega Noyz. «Essenziale per noi è stato passare intere giornate a lavorare insieme, senza fare niente a distanza, e soprattutto fare gioco di squadra. Con Sine, Luciennn e Verano per ogni brano siamo partiti da un sample che potesse piacere a entrambi, dopodiché abbiamo scritto tutto fianco a fianco, in un flusso continuo». La musica è delle persone, per le persone e due artisti come loro continuano a farci credere in questa vana filosofia stile Confucio. La componente umana è ancora cruciale nella produzione di un disco. Il gusto e la mano esperta alla base, la parola e il flow orpello fondamentale e la tecnologia uno strumento a disposizione, niente di più. C’è il flusso creativo, poi il digital come mezzo: evolversi sempre per non rimanere incastrati nel proprio tempo, con cognizione di causa. Integrare uno strumento come l’AI nel processo creativo e non farsi travolgere è l’obiettivo. Salmo mette le cose in chiaro: «L’AI, come tutti gli strumenti della tecnologia, dipende da come viene usata. In questo show l’abbiamo incorporarla nei visual on screen che modificano i nostri volti in tempo reale durante lo spettacolo. Se fatta bene e usata con cognizione può creare delle cose veramente innovative».


Foto: Tommaso Biagetti
Digital Cover: Jadeite Studio
Coordinamento redazione: Emanuele Camilli
Ufficio stampa: Mascara Milano & Words For You
Thanks to Vivo Concerti, Oversound Music Festival, LBNSK 360, Thaurus Music, Columbia Records Italy, Alessandra D’Alessandro, Beatrice Mannelli & Chiara Boscarato