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MezzoSangue è la mia, la tua, la nostra rabbia

Cosa è cambiato in dodici anni? Nulla. Adesso come all’ora, il mantra di “Musica cicatrene” di MezzoSangue è esplosione, rabbia, voglia di far urlare forte il proprio io interiore

Prima di parlare di Musica cicatrene, c’è un prologo che ha bisogno di essere raccontato. La brevissima storia di E. È il 2018, E. ha da poco compiuto diciotto anni. Sta attraversando quella fase di vita in cui tutto è davanti al suo sguardo, poco alle sue spalle. Quel periodo in cui i mesi sembrano minuti per quanto l’esistenza corra veloce. Le giornate di E. si sono fatte grigie in poco tempo, mentre lui si lascia inghiottire dall’adolescenza, nel letto di una camera d’ospedale color bianco lattiginoso c’è T. che lotta contro delle infami piccole cellule nere che si fanno strada in un corpo, così, senza un apparente motivo. Perché il cancro non ha mai un motivo valido per farsi vivo. Arriva e basta. E. è arrabbiato, deluso, ha poche notizie a riguardo e non riesce a comprendere fino in fondo quest’ingiustizia. Ma una cosa la sa: non resta molto tempo. Passa le ore a immaginare quel momento, non sa come la affronterà, ma non può farsi trovare impreparato quando arriverà la notizia. La chiamata non ci mette molto ad arrivare. Poche parole, viziate dai singhiozzi di chi sta dall’altra parte.

E. non è triste, non ha lacrime da versare. Gira due volte la chiave nella serratura della cameretta, spegne le luci e mette le cuffiette. Le mani tremano forte, ma non gli impediscono di premere play. Soul of a Supertramp di MezzoSangue, per tre volte, tutto il disco. Per quanto ce l’abbia messa tutta per arrivare preparato, E. non riesce a piangere, non riesce a urlare o a spaccare tutto quello che gli capiti a tiro. È immobile, a dare voce alla sua rabbia c’è un’altra persona nelle sue cuffiette, una traccia dopo l’altra. La vita ha appena tirato il primo pugno in bocca a E. e l’unica cosa che ha pensato di fare in quel momento è stata ascoltare un disco, fermo, al buio. La brevissima storia di E. ci rivela in pochi istanti tutta l’essenza della musica di MezzoSangue. “Sta merda non ha faccia, sto col passamontagna. Perché sotto c’è chiunque abbia un motivo per cantarla”. È tutto qui. MezzoSangue non è un rapper o un liricista, MezzoSangue è la voce violenta della mia, della tua, della nostra rabbia. Non consola, sprigiona. Arriva nel momento in cui non riesci a urlare o a spaccare tutto. Quattro anni dopo l’ultimo lavoro, l’identità non cambia, non si adatta alle logiche di mercato. Musica cicatrene è il ritorno alle origini di un artista collettivo che dalle origini non si è mai allontanato, che prende da ciascuno di noi e restituisce in parole crude, reali. Quando ti senti perso torni sempre dove tutto è cominciato, e questo disco lo dimostra a pieno.

A distanza di dodici anni, si torna alla genesi, per reinterpretarla. Nel 2012, un giovane mc romano si presentava all’industria con il volto coperto da un passamontagna e un mixtape irruento. I testi sono la sua vera firma, l’obiettivo è quello di spaccare in due la realtà. I fotogrammi che ne emergono sono molteplici: cinema, filosofia, letteratura. La denuncia sociale la fa da padrona, la riflessione esistenziale si insinua nell’ascoltatore e lo travolge. Le produzioni si evolvono, i sample originari vengono rilavorati da zero, si plasma la qualità sonora che meritano testi di un certo calibro. Adesso come all’ora, il mantra del disco è esplosione, rabbia, voglia di far urlare forte il proprio io interiore. Cosa è cambiato in dodici anni? Nulla. MezzoSangue di Musica cicatrene è ancora quello di Musica Cicatrene Mixtape e darà ancora voce alla rabbia di E. Perché la vita non smette mai di prenderci a pugni.