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Viscardi: Napoli, l’R&B e Frank Ocean

Fare R&B in Italia è una scelta scellerata se l’obiettivo è raccogliere frutti nel breve periodo. Ma un artista non sceglie. È scelto. Ed è certo che l’R&B abbia scelto Viscardi

Cosa significa essere artista? Beh, questa è sicuramente una domanda che non si fanno gli artisti. Leggendo in questi giorni delle testimonianze di Marina Abramović ho capito che andare oltre il pensiero altrui per intercettare l’eternità – intendo dire, quella che scava nelle epoche come una goccia cinese che vince la roccia – è importante riuscire a focalizzarsi su sè stessi ed il proprio lavoro espressivo. Seppur contro intuitivo, dato che un artista il più delle volte si trova su un palco (che altro non è che un piedistallo), per giunta con fasci di luce che lo tirano fuori dal buio, costruendo una gerarchia col pubblico, il vero artista non può far altro che percorrere la strada che sente. E proprio per questo, mentre c’è chi studia la mappa dei sentieri di fronte a sè, alla fine i reali esseri umani degni di nota (specie nella sfera artistica) sono proprio quelli che si bendano, lasciandosi guidare da quel “sentire” che è una cosa solo loro, e che non va in ogni caso zittita o ignorata. Viscardi è uno di questi, perché fare R&B in Italia è senza dubbio una scelta scellerata se l’obiettivo è raccogliere frutti nel breve periodo. Ma, come detto, un artista non sceglie. È scelto. Ed è certo che l’R&B abbia scelto Viscardi.

Qual è il tuo rapporto con le tue radici napoletane e come si riflette nella tua musica?
Tengo alla mia terra in un modo molto profondo e personale. Sin da piccolo sentivo di poterne trarre ispirazione e ne sono sempre stato affascinato, quindi è stato molto naturale introdurla nella mia arte. Penso sia importante avere una connessione con se stessi e non mentire nella propria espressione artistica.

Che poi la musica in lingua napoletana sta via via contaminando anche generi non propriamente della tradizione partenopea, come nel caso ad esempio di Liberato che porta Napoli nell’elettronica. Scrivere in napoletano ti permette di esprimerti in modo più viscerale e profondo?
Questa lingua, indubbiamente, dal punto di vista testuale, trasmette un senso di autenticità importante, difficile da ottenere con un’altra lingua. Ma, allo stesso tempo, melodicamente parlando, mi ha donato una comfort zone senza eguali per esprimere ciò che volevo. Penso che il progetto di Liberato sia stato un’evoluzione musicale di cui avevamo bisogno per far capire quanto il napoletano sia versatile e quanto possa arricchire qualsiasi genere musicale. Mi auguro di poter donare nel migliore dei modi il mio contributo.

A proposito di ispirazioni ed influenze, sono molto curioso di conoscere il tuo background musicale e l’avvicinamento all’R&B. Cosa ascolti?
Il mio background musicale è piuttosto eclettico. Crescendo in Campania, sin da piccolo sono stato immerso nella musica tradizionale napoletana, ma allo stesso tempo avevo in loop MTV, quindi ti lascio immaginare. Di base ascolto molto R&B ma ho sempre avuto una grande curiosità per i generi musicali di tutto il mondo, ad esempio attualmente sono molto in fissa con suoni di cultura indiana, nello specifico ascolto molti rāga (emozioni ndr.) che sarebbe un modo “pentafonico” dove si ricrea uno stato d’animo. Ritornando sull’R&B, sul mio giradischi trovi vinili di artisti come Stevie Wonder e Aretha Franklin, che sono delle vere e proprie leggende del genere.

E di contemporaneo?
Frank Ocean, H.E.R
. e D’Angelo, che hanno portato nuove sfumature all’R&B. Sulle piattaforme di streaming, spazio molto tra la nicchia londinese e brani di artisti come Anderson Paak, Masego, Mac Aryes o Koffee. Mi piace molto anche esplorare le sonorità di artisti emergenti che stanno innovando la scena R&B con influenze elettroniche e sperimentali. Queste ispirazioni si mescolano poi con le mie radici napoletane, creando un mix unico nel mio approccio alla musica.

Quali sono i tuoi guilty pleasures musicali?
Confesso di avere una piccola passione per la musica neomelodica, non posso evitare di ascoltare dei classici neomelodici, mi piace cantarli. Inoltre, adoro le colonne sonore dei film Disney; quei brani riescono sempre a mettermi di buon umore.

Tutto nel tuo progetto sembra far coesistere gli antipodi: dalla parte visiva a quella musicale. A tal proposito, che ruolo ha il tema del contrasto nella tua visione del mondo?
È importante per me mixare stimoli e idee. Credo che i contrasti, siano essi visivi, musicali o concettuali, siano essenziali per creare profondità e interesse. Possono evidenziare le differenze e far emergere connessioni e armonie inaspettate. Nella mia esperienza, tutto è stato così fluido, senza porsi molte domande e questo mi ha donato una maggiore creatività. D’altronde l’opposto riesce ad attrarsi sempre.

Questa coabitazione degli opposti si manifesta fortissima anche nell’esibizione live di My Lady, portata in scena in un palazzo antico, immerso negli affreschi. Ci racconti la genesi di questa idea e cosa mira a comunicare a chi lo vedrà?
L’idea di eseguire My Lady in un palazzo antico, circondato da affreschi storici, nasce dal desiderio di evocare un senso di eleganza e tradizione. Il brano stesso, My Lady, rappresenta metaforicamente una signora nella sua massima eleganza, e il contesto visivo del palazzo antico arricchisce questa rappresentazione. Volevamo creare un connubio tra la musica e l’arte visiva che potesse trasportare il pubblico in un’epoca diversa, offrendo un’esperienza più sofisticata per questa mia prima live session. Il contrasto tra la modernità del brano e la storicità della location sottolinea ancora di più la forza e l’armonia degli opposti.

Anche lo styling sembra giocare un ruolo cruciale: dunque, parlando di identità artistica, quali aspetti di te stesso cerchi di esprimere attraverso la tua immagine e il tuo stile?
Cerco indubbiamente di esprimere ciò che sento con la musica che creo. Con questo progetto, sentivo il bisogno, insieme al mio team, di tirare fuori la mia eleganza. Voglio che ogni dettaglio, dal modo in cui mi vesto al modo in cui mi presento sul palco, rispecchi la profondità e la sincerità della mia musica.

Cosa ti fa stare bene e cosa invece ti fa incazzare, nel music business?
Mi fa stare tanto bene conoscere gente nuova, esibirmi e vedere quanto poi riesci a dare un’emozione; è così gratificante. È fantastico poter creare da zero un progetto e donarlo a chi ti ascolta, è un po’ come regalare te stesso. Dall’altro lato, ho più di un motivo per essere incazzato. Sai, con ciò che faccio io musicalmente in Italia, è molto difficile essere posizionato. È complicato trovare qualcuno che investa nel tuo progetto, aiutandoti a creare una nuova rete di persone che ascoltano questa musica. Vedo tanta convenienza, che capisco per una questione di guadagno, ma questo deve avere un limite quando si inizia a essere troppo conformi a certe tendenze, soprattutto quando si cerca di mantenere l’integrità artistica.