Le variabili, in qualunque situazione, sono praticamente infinite. Ogni gesto, parola, combinazione di situazioni, possono portarci a vivere scenari totalmente differenti. Soprattutto, non tutte le variabili sono positive. Gli I-Days sono imprevedibili. Tanti i video che stanno circolando, da TikTok a Instagram, di persone ammassate alle entrate dell’Ippodromo SNAI. File chilometriche, lattine volanti, urla e un po’ di (giusto, mi permetto di dire) isterismo. Perché mentre Night Skinny si esibiva, le persone che attendevano di entrare erano ancora tantissime e se parliamo di un festival è giusto che chi ha pagato il biglietto possa partecipare a tutti gli show proposti, nessuno escluso. Per chi era già dentro a destreggiarsi tra token, posto unico e pit e un caldo torrido, mitigato a momenti da una leggera brezza, l’attesa per la performance di Tedua è stata anticipata dal live di Kid Yugi prima e 21 Savage poi. In entrambi i casi, ma soprattutto nel secondo, con un pubblico particolarmente tiepido.
E questo non a causa delle performance. Perché se Kid Yugi si è dovuto sorbire l’Inno di Mameli all’inizio della disfatta dell’Italia contro la Svizzera, 21 Savage si è trovato di fronte un pubblico che ha espresso quel minimo di entusiasmo solamente durante Rockstar, brano per altro non suo ma del collega Post Malone. Se 21 Savage comunque ha “fatto il suo”, senza particolari guizzi, non si può di certo dire che il pubblico sia stato di grande supporto. Ma il vero protagonista della giornata è Tedua, che porta sul palco un’ora e mezza abbondante di concerto, con una scenografia dantesca, tra scalinate “marmoree” e visual a tratti inquietanti e grotteschi, a tratti luminosi e paradisiaci. La scaletta racconta quest’ultimo, incredibile, anno, con i brani più iconici de La Divina Commedia. Ovviamente non possono mancare le canzoni del passato, da La legge del più forte fino a Wasabi 2.0 e Vertigini. A supportarlo in questo passaggio cardine della sua carriera sono in tantissimi, da Lazza (ormai onnipresente, e va bene così), fino agli amici di Wild Bandana Vaz Tè, Bresh e Disme (a mancare all’appello è solo Izi). E ancora: Sfera Ebbasta, Annalisa, Angelina Mango, Tony Effe, Kid Yugi. «Non è scontato che un rapper che viene dai palazzi faccia un’esibizione del genere, spero di averla fatta bene», dice rivolgendosi al pubblico dopo aver cantato Mare Calmo.
A Tedua, di fatto, per questa serata non si può contestare nulla. Come lui stesso dice “scagliate la prima pietra se siete sicuri di essere senza peccato”. Non per questo uno show, se non ha le carte in regola per definirsi tale, non va criticato. Ma qui le critiche stanno (quasi) a zero. Tedua sceglie bene i brani da proporre, gli ospiti, i momenti in cui parlare con il pubblico, quelli in cui raccontare ancora qualcosa di sé. Per mostrare il lato più fragile, quello di chi vorrebbe poter portare uno spettacolo ben più lungo ma deve sottostare alle regole imposte. La musica si spegne alle ventitré, è così e basta. E a i fan questo non sembra importare troppo. Tre ragazzini davanti a me cantano e interpretano ogni canzone. Guardandomi intorno nessuno sembra deluso, freddo, distaccato. Tutti riescono a percepire l’emozione e la gioia di Tedua, che con due grandi occhi guarda il suo pubblico, forse prendendo coscienza di quello che ha fatto, di dove è arrivato. Questo non è semplicemente l’ennesimo traguardo raggiunto, ma il primo passo verso un futuro ancora più grande.