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Nessuno sa fare quello che fa Lana Del Rey, col successo di Lana Del Rey

Lana Del Rey stratifica. Lana sceglie la poesia, lo storytelling, il confronto con i capolavori più alti. Lana non è e non vuole essere necessariamente pop, e ieri sera agli I-Days l’ha ribadito

Anna Kamieńska, una poetessa polacca che visse lo scorso secolo, diceva che la sua anima non emanava luce. Era piena di “oscurità luminosa”. All’Ippodromo La Maura si esibisce Lana Del Rey. Esattamente dieci anni fa i miei amici mi regalavano il suo primo disco, Born To Die, e per un bel periodo ne sono stato ossessionato. Mentre percorro il PIT, mi vengono in mente i pomeriggi chiuso in cameretta con Ride a tutto volume, ed il poster appeso con lo scotch nell’anta interna dell’armadio. Conosco lei, conosco le sue canzoni, conosco addirittura i suoi fan; ma come si fa a spiegare Lana Del Rey a chi non ha neanche mai sentito Young And Beautiful? Allora cominciamo con ciò che necessariamente non è, o non vuole essere: Lana non è una popstar. E nonostante il suo pubblico è mediamente lo stesso che affolla gli stadi di Beyoncé e Lady Gaga, Lana è una fine cantautrice che non ha mai accettato compromessi sulla qualità della sua musica. Così, mentre la quasi totalità delle sue colleghe percorreva in caduta libera la strada della semplificazione melodica e concettuale, Lana faceva l’esatto opposto. Lana stratificava. Lana sceglieva la poesia, lo storytelling, il confronto con i capolavori più alti. Questo la rende unica, in effetti; non esiste nessuno, ad oggi, capace di fare quello che fa Lana Del Rey, col successo di Lana Del Rey. E lo dimostrano anche i numeri: quasi 67.000 accorsi da mezza Europa.

Finiscono le esibizioni di apertura. Le luci si alzano e illuminano una scenografia un po’ cheap, che ancora adesso fatico a capire. Sembra la riproduzione di un caseggiato, balconi compresi; la resa però è più quella della recita finale del grest parrocchiale di Usmate Velate. Poi le note di Speak Softly. La cosa si fa strana e inquietante allo stesso tempo; così capisco che in realtà non è affatto la replica in cartapesta di un caseggiato qualunque, ma una riproduzione sopraffina del Castello delle Cerimonie. Lana Del Rey entra in scena in modalità Imma Polese, ma ad accompagnarla c’è tutto un corpo di ballo totalmente inaspettato se non avete mai visto Lana Del Rey dal vivo. Il primo blocco del concerto è senz’altro quello più bello. Scorrono veloci (fin troppo veloci) West Coast, Doin’ Time, Summertime Sadness, Pretty When You Cry, Ride e Born to Die. Il concetto è quello di spararsi tutte le più forti all’inizio, una dietro l’altra. Scelta che francamente ancora non mi è molto chiara. Poi, certo, Lana sorride, canta, ammicca al pubblico. Ma soprattutto Lana passeggia. E mentre il suo corpo di ballo si dimena fra lap dance, palle da ginnastica artistica e ventagli svolazzanti, Lana si muove eterea sul palco, totalmente dissociata da tutto quello che accade intorno a lei. Insomma, Lana Del Rey fa Lana Del Rey. E l’impressione è quella che tutto ciò che le sta attorno è un plus del tutto non necessario, perché saprebbe comunque come guadagnarsi l’attenzione del pubblico.

Dopo Videogame, il concerto si avvia alla sua chiusura con qualcosa di abbastanza inaspettato: sul palco, a cantare, l’ologramma di Lana, così da avere il tempo di cambiarsi per l’ultima canzone, Young and Beautiful, ravvivata sul finale da una botta di charleston che lascia i fan più perplessi che meravigliati. Il concerto, nella sua interezza, è comunque un bel concerto, non fraintendetemi. Complice anche una discografia impeccabile, Lana Del Rey riesce a portare una musica così intima, così cupa, anche in un contesto come quello degli I-Days, e non era affatto facile. Riesce a coinvolgere, a far cantare e sognare la gente, pur senza cassa dritta. Perché, sappiatelo, il concerto di Lana non è un concerto Kawaii. È un concerto intenso, scuro, emotivamente impegnativo. E forse, proprio dopo questo concerto, ho fatto esperienza delle parole della poetessa polacca riguardo l’oscurità luminosa. Forse Lana Del Rey non è un faro di scintillante allegria, ma è sicuramente capace di illuminare le ombre nascoste di ognuno di noi. Recitava nello splendido videoclip di Ride: “Who are you? Are you in touch with all of your darkest fantasies? Have you created a life for yourself where you can experience them?”. Lana è capace di danzare con leggerezza nei fondali più bui della nostra interiorità, regalando al suo pubblico una serata magica, al netto delle ingenuità artistiche e delle scenografie tremende.