Presentato fuori concorso al Festival di Cannes, Furiosa: A Mad Max Saga consiste nel quinto capitolo dell’universo cinematografico post-apocalittico ideato e interamente diretto da George Miller, che in questo prequel tratteggia l’origin story di Furiosa, vera e propria co-protagonista del fortunatissimo Mad Max: Fury Road. Diversamente dall’ultimo capitolo della saga (incentrato sostanzialmente su un viaggio di andata e ritorno nel deserto) e dall’elementarità insita nella maggior parte dei film di Miller (all’apparenza diversissimi tra loro, ma tutti basati su una trama archetipica sviluppata per immagini), Furiosa risulta un lungo racconto di formazione suddiviso in cinque capitoli, che attenua la travolgente epica action del titolo precedente, per dare più spazio al romanzesco e al farsesco, mediante un ampio utilizzo della parola, normalmente elemento quasi accessorio nei titoli di Miller (a tal proposito, basti pensare che, in origine, Interceptor era stato concepito come un film muto).
A dimostrarlo sono la lunga durata, le numerose linee di dialogo, la contestuale presenza di svariati archi narrativi, tutti elementi dettati dalla necessità di spiegare e mostrare ciò che fino a questo momento era stato lasciato all’immaginazione dello spettatore (il Luogo Verde delle Molte Madri, il ratto di Furiosa, il passaggio al servizio di Immortan Joe, l’amputazione del braccio, fino al rapimento delle mogli che darà il via all’inseguimento di Fury Road, di cui vengono riproposte le sequenze più iconiche prima dei titoli di coda). A destare qualche ulteriore perplessità risulta anche il largo ricorso alla CGI: se nel titolo precedente gli effetti visivi venivano utilizzati con parsimonia, essendo finalizzati quasi esclusivamente a pulire gli innumerevoli stunt realmente eseguiti, in Furiosa la presenza dei green screen risulta piuttosto sovrabbondante, rivelandosi imprescindibile per l’estensione del worldbuilding di Fury Road. Dal punto di vista recitativo convince l’interpretazione di Anya Taylor-Joy, la quale, a sorpresa, veste i panni di Furiosa solo nella seconda parte del film (essendo la prima incentrata sull’infanzia della protagonista, comunque ben interpretata da Alyla Browne) e riesce nell’impresa di non far rimpiangere eccessivamente la comunque insuperata performance di Charlize Theron. Meno in parte Chris Hemsworth, un po’ perché, diciamocelo chiaramente, il talento attoriale è quello che è, un po’ perché risulta molto più credibile quando deve far ridere rispetto a quando deve incutere timore (la sensazione è che non si sia ancora tolto del tutto la calzamaglia di Thor).
Al netto dei limiti appena menzionati, il film si dimostra comunque un solidissimo action movie, capace di intrattenere e conquistare sia lo spettatore neofita, sia il fan della saga, entrambi ammaliati dall’iconografia punk-western, dal clangore dei motori, dalla roboante colonna sonora, dalle esaltanti coreografie di scontri ed inseguimenti, insomma, da tutti gli stilemi che hanno reso Mad Max uno dei fenomeni cinematografici degli anni Ottanta prima (con Interceptor, Interceptor – Il guerriero della strada e Mad Max oltre la sfera del tuono) e dello scorso decennio poi (con il già citato Mad Max: Fury Road, titolo capace di rivoluzionare il cinema d’azione contemporaneo). Probabilmente Furiosa non avrà lo stesso impatto del suo illustre predecessore, ciò nonostante, il settantanovenne George Miller (come del resto molti dei suoi illustri colleghi, da Woody Allen a Michael Mann, da Spielberg a Scorsese, fino all’intramontabile Clint Eastwood) ha dimostrato ancora una volta che nel cinema il passare degli anni non scalfisce il talento e la visione dei grandi autori.