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Cor Veleno, a casa tutto bene

I Cor Veleno sono in forma smagliante e con “Fuoco Sacro”, il loro nuovo album, omaggiano la cultura hip hop in tutte le sue sfaccettature, mettendo insieme generazioni diverse

La tradizione vuole che a differenza di altri generi musicali l’hip hop abbia una data di nascita precisa, che ci sia un giorno zero, uno spartiacque temporale che segna la separazione tra un mondo senza hip hop e un mondo con l’hip hop. È ovviamente una forzatura: nessun genere, cultura o movimento sociale nasce da un giorno all’altro. Eppure, è una forzatura che abbracciamo, forse per avere un pretesto per celebrarlo, questo genere che negli anni ha impattato così tante vite. Forse solamente per darci una scusa, ogni tanto, per fermarci e tentare di fare un bilancio, di rispondere a quelle domande che amiamo noi giornalisti, tipo “Come sta andando l’hip hop a X anni dalla nascita?”. Qualunque sia il motivo, la sera in questione è quella dell’11 agosto 1973, quando nel Bronx, Kool Herc organizzò quella che oggi è per l’appunto considerata la prima festa hip hop della storia. Secondo questa narrazione, lo scorso agosto ricorreva il cinquantesimo compleanno dell’hip hop, un anniversario che anche in Italia i fan del genere hanno celebrato. I Cor Veleno hanno deciso di andare oltre la semplice ricorrenza: con Fuoco Sacro, l’ottavo di una carriera trentennale, hanno voluto omaggiare la cultura hip hop in tutte le sue sfaccettature e forme, mettendo insieme generazioni e stili diversi in un concentrato di passato, presente e futuro.

D’altronde, per usare le stesse parole che hanno usato loro nel corso dell’intervista, l’hip hop è sempre in evoluzione perché viene plasmato dalle sensibilità delle generazioni che lo imbracciano. In altre parole, l’hip hop è sempre la musica di oggi. «Una decina di anni fa ha avuto una crisi di mezza età», mi dicono Grandi Numeri, Squarta e Gabbo quando gli chiedo com’è arrivato l’hip hop al cinquantesimo compleanno. «Non era convinto neanche lui di dove volesse andare, ma oggi sta benissimo e sta tornando in forma». Ne parlano con il rispetto che i devoti riservano per simboli spirituali. «L’hip hop è una grazia che abbiamo avuto perché ci ha permesso di creare un’alternativa nelle nostre vite, di scegliere di fare altro rispetto a dei contesti che erano già inquadrati. Ci ha dato tutto, la possibilità di viaggiare e conoscere gente in tutto il mondo, di poter fare la musica che vogliamo». Da qui il desiderio di uscire con un disco che nonostante (o forse grazie a) trent’anni di carriera li vede più in forma che mai: «Per noi era fondamentale rendere omaggio a questo genere». Rifiutano categoricamente che l’età o gli anni di carriera abbiano un impatto sulla qualità della musica che si va a fare: «Noi siamo in forma smagliante. Non sono gli anni di carriera, i numeri di dischi, i live che hai fatto a indicare se sei bravo o meno. Se sei una pippa, puoi avere fatto musica da una vita e essere comunque scarso».

Fuoco Sacro è un disco pieno di spunti, citazioni, e ospiti perfettamente adattati allo stile unico di uno dei gruppi più importanti della storia del rap romano, ma in cui i Cor Veleno mantengono la loro attitudine da outsider (che è anche il titolo di uno dei pezzi del disco). «Essere outsider è sempre una nostra prerogativa. Se fai parte di una serie di artisti che pensano un po’ al di là degli schemi riesci a sopravvivere alle storture del mercato. Se sei in linea con quello che il mercato ti chiede, sarai pure “perfetto”, ma chi cazzo sei?». L’essere outsider come resistenza: «In futuro ci sarà una parte di musica che si piegherà al mercato e una parte che cercherà di abbatterlo. Ognuno deve rispondere con il proprio essere, il proprio stile, il proprio gusto per cercare di prevalicare ciò che qualcuno prova a imporre. Anche questa è una forma di resistenza». Insomma, il disco è ricco di ospiti, «amici in cui abbiamo riconosciuto lo stesso fuoco sacro che abbiamo noi». «Abbiamo fatto una selezione pensata per celebrare questa cultura. Volevamo mettere alcuni amici che hanno iniziato con noi, come i Colle der Fomento e Inoki, poi artisti contemporanei, come Nayt, Franco126 e Mostro e infine una parte di artisti che speriamo siano il futuro di questa musica, come Klaus Noir ed Ele A».

Fuoco Sacro è un meraviglioso affresco dell’hip hop più puro, intimo ma incalzante, energico ma nitido, i Cor Veleno al loro meglio. «È vero che in questi anni è cambiato tutto, siamo cambiti il modo di scegliersi le battaglie, ma non guardiamo mai indietro nostalgici. Per noi il disco più bello è sempre l’ultimo». Nessun rimpianto o mancanza, quindi, se non la più ovvia, la più umana e per questo la più viscerale, ovvero l’assenza di una persona amata: «L’unica mancanza che abbiamo, l’unica cosa che ci fa rimpiangere il passato è David». David è il compianto Primo Brown, uno dei volti storici dei Cor Veleno e uno dei simboli rap italiano. In questo disco come nell’ultimo – Lo spirito che suona, uscito nel 2018, quindi a due anni dalla morte di Primo – ci sono diverse strofe e snippet inediti, che continuano a mantenere in vita la sua penna, una delle più incisive che questo genere abbia mai visto in Italia, e la sua voce, ancora oggi una delle più riconoscibili.