Ripercorrere la carriera di Taylor Swift attraverso i suoi dieci album, significa osservare l’evoluzione di un fenomeno che ha sputo fare il salto dal mondo del country (e da un genere ancora oggi considerato relativamente di nicchia) al pop più puro e sfarzoso, con una bella sterzata verso l’alt-indie e tutto ciò che ne è conseguito. Nell’arco dei suoi sedici anni di carriera nello showbiz, la Swift ha saputo reinventarsi, esplorarsi, mettersi in gioco. Lo ha fatto con coraggio, trasparenza, rabbia, frustrazione, gioia, passione e vulnerabilità. Una parola che si può dire con certezza che abbia accompagnato tutto il suo percorso nell’industria musicale, quando i tabloid e il mondo del web preferiva speculare sui suoi trascorsi amorosi piuttosto che sulle sue innegabili qualità di autrice, compositrice e performer. Taylor ha sempre saputo cosa dire attraverso le sette note, preferendo rimettersi in discussione e scegliendo costantemente una via alternativa, che potesse essere catartica ed offrirle al contempo nuove prospettive per la sua arte.
10. Taylor Swift
Il debutto discografico della cantautrice statunitense è una confezione di brani dal sapore country-pop, pubblicato dalla Big Machine Records di Scott Borchetta. Taylor ha solo diciassette anni, il suo talento è evidente (seppur ancora acerbo). Tracce come Tim McGraw, Teardrops On My Guitar e Our Song, contribuiscono a tracciare i primi contorni di una giovane artista. L’album, inizialmente pubblicato esclusivamente negli States, ottiene un buon riscontro proprio in patria: debutta alla posizione diciannove della Billboard Hot 200 e vende 39mila copie in una settimana. Non solo, essendo rimasto nelle charts per 257 settimane, Taylor Swift diventa l’album con la più lunga permanenza nel primo decennio degli anni Duemila.
9. Lover
Lover è quel disco di passaggio tra una Taylor visibilmente i*******a (Reputation) e una donna che riesce a fare finalmente pace con sé stessa, trovando un equilibrio in un mondo che lascia poco spazio all’immaginazione in termini di continue pressioni e costante scrutinamento da parte della stampa e dei social. Forse è proprio per questo motivo che, nonostante alcune delle sue perle (dall’inno femminista The Man alla colorata e scoppiettante ME! in duetto con Brandon Uris dei Panic At The Disco!, passando per la romanticissima title track), Lover finisce per essere uno dei suoi progetti meno incisivi.
8. Sparks Fly
Anticipato dal pluripremiato singolo Mine, Sparks Fly diventa l’album con più vendite nella prima settimana negli Stati Uniti dal 2005 con oltre un milione di copie, debuttando alla prima posizione nella classifica statunitense e dimostrando che Taylor Swift non sarà solo una meteora nell’industria musicale. L’artista ottiene finalmente i suoi primi consensi anche in Italia, tanto da fissare una tappa del suo Speak Now World Tour al Mediolanum Forum. Questo disco è come il preparato pensato dal Professor Utonium per la nascita delle Superchicche: “Zucchero, cannella ed ogni cosa bella”. Non c’è altro modo per descriverlo.
7. Fearless
Fearless è stato sicuramente un disco rivoluzionario per tanti motivi. In primis, ha contribuito a lanciare la musicista di West Reading nell’Olimpo della musica mondiale (Italia compresa, seppur con meno interesse di tanti altri Paesi europei), raccontando le sue prime esperienze pressoché adolescenziali: le prime cotte, i primi baci, le prime storie d’amore e i primi grandi sogni per il futuro. Si può attestare che fin dall’uscita di questo piccolo gioiellino, la Swift è riuscita a manifestare una grande abilità nel toccare le corde dell’animo di un’intera generazione di ragazzi nati negli anni Novanta e nei primi Duemila. In secundis, Fearless ha permesso a Taylor di trovare la sua (prima) vera identità musicale in un perfetto blend tra country e pop. Lo testimoniano pezzi come Love Story, la prima vera hit internazionale fuori dai confini americani, You Belong With Me e Fifteen. Lo riconosce anche la National Academy of Recording Arts and Sciences, conferendole ben due Grammy Awards nel 2009 (Miglior Album dell’Anno e Miglior Album Country).
6. 1989
Un album definito dalla Swift «il suo primo album ufficialmente pop», che vede la partecipazione del produttore svedese Max Martin, ergo il Gotha della musica per eccellenza (per chi non lo sapesse ha collaborato con artisti del calibro di Britney Spears, Rihanna, Maroon 5, One Republic e così via), e che si contraddistingue per delle sonorità marcatamente anni Ottanta. La matrice dell’artista americana non cambia, ma le sue produzioni diventano più stratificate, ricche di giri di basso, chitarre e voci distorte, sintetizzatori. Viene premiato ai Grammy’s nelle categorie Album dell’Anno e Miglior Album Pop Vocale, segnandone la prima vittoria in quest’ultima categoria. Con questo disco Taylor Swift non sbaglia un colpo, colleziona una serie di singoli di grandissimo impatto (Shake It Off, Blank Space, Style e Out Of The Woods) e ci lascia in eredità una gemma preziosa, che suona ancora molto bene a distanza di quasi otto anni dal suo debutto nel mercato discografico.
5. Red
Red è un disco dal sapore autunnale, ma è anche il colore primario che a detta della stessa Taylor lo ha contraddistinto in ogni fase della sua stesura e produzione. Dopotutto l’album è incentrato sulla fine di una relazione, ma senza necessariamente cadere nel banale. Canzoni come We Are Never Ever Getting Back Together, I Knew You Were Trouble e Begin Again, sono diventate un pezzo fondamentale della cultura pop e oggi ce le ritroviamo persino curiosando su TikTok. Eppure il suo pezzo di punta, rispolverato e ripubblicato nella sua versione integrale di dieci minuti, è senza alcun dubbio la ballata All Too Well. L’anno scorso Taylor ci ha persino regalato un bellissimo corto con protagonisti Dylan O’Brien (The Maze Runner, Teen Wolf) e Sadie Sink (Max Mayfield in Stranger Things), facendoci fare un balzo indietro nel tempo al 2012. Confesso che per le mie orecchie Red non sembra essere invecchiato di un giorno. Credo che la sua bellezza risiede anche in questo suo tratto peculiare e distintivo.
4. Midnights
Midnights non è una vera e propria novità in termini di contenuti e sound, ma è certamente la tempesta perfetta di Taylor Swift. Dopo la parentesi indie-folk del 2020, che ha visto la cantautrice americana collaborare con Aaron Dessner dei The National, il suo nuovo LP mescola le sonorità di almeno tre dei suoi precedenti progetti: ci sono i synth e le vibes anni Ottanta di 1989, un retrogusto alla Billie Eilish che fa tanto Reputation e i ritornelli pop accattivanti di Lover. Ciò che viene valorizzato in Midnights è la scrittura della Swift: a tratti pungente e romantica, capace di colpirti dritta nel petto e di trasportarti nella sua mente con scioltezza. L’album raccoglie tredici brani scritti a mezzanotte in diversi momenti della sua vita: si parla di amore, dubbi, turbamenti, paure, desideri, pulsioni e anche di mostri. Anti-Hero, il primo singolo estratto dall’album diventa così il manifesto del disco, che trova nelle sue vere perle pezzi come Question..?, Lavander Haze – scritta insieme a Zoë Kravitz – il duetto con Lana Del Rey in Snow On The Beach e la sincopata Vigilante Shit. Non sarà il lavoro più ambizioso di Taylor, ma sicuramente quello più introspettivo, analitico e maturo.
3. Folklore
Folklore è stato il mio personale disco rivelazione del 2020, rilasciato completamente a sorpresa e in piena pandemia. Una prova di coraggio e un gesto d’amore verso i suoi fan in tempi tanto difficili quanto incerti. Sfruttando l’isolamento forzato, Taylor si è chiusa nel Long Pond Recording Studios di Aaron Dessner dei The National, che ha contribuito alla stesura di buona parte del progetto. Oltre alla sacra presenza di Dessner, nell’album trovano spazio le penne di Jack Antonoff, William Bowery e Bon Iver. Al suo interno troviamo un mondo musicale e narrativo ricco, sospeso nel tempo e a tratti stravagante, fatto di «capricci, sogni, paure e riflessioni». Per la prima volta, la Swift da vita a dei personaggi immaginari, che diventano i protagonisti di un triangolo amoroso raccontano ampiamente nelle tracce August, Betty e nel primo singolo estratto dal disco: Cardigan.
2. Evermore
Evermore è la sorella o il naturale prolungamento di Folklore. Rilasciato a distanza di pochi mesi dalla sua prima parte, è il frutto di una lunga serie di sedute di scrittura tra la Swift e i suoi collaboratori. Parlando proprio del nuovo disco, Taylor ha manifestato un forte desiderio nel «restare ai margini della foresta folkloriana e avere una scelta: girarsi e tornare indietro o viaggiare più in profondità nella foresta di questa musica. La scelta è stata di vagare più a fondo». Il risultato? Un disco ancora più epico del suo predecessore, con una forte matrice di escapismo, di evasione, ma soprattutto un profondo desiderio di libertà. Con i suoi ultimi due album, la cantautrice ha mostrato al grande pubblico la sua vera evoluzione da stellina country ad artista metodica, autentica, matura, consapevole, o più semplicemente libera e padrona del proprio destino personale e professionale.
1. Reputation
Una Taylor Swift così non l’avevamo mai vista. La sua reputazione è stata messa in discussione talmente tante volte sotto le luci dei riflettori, che questo mastodontico album pubblicato nel 2017 può essere definito la sua vendetta in formato musicale. O forse è meglio definirla una rivincita a colpi di un perfetto mix di dark-pop (…Ready For It?), electropop (King Of My Heart) e synth (Getaway Car, Dancing With Our Hands Tied). Reputation è un disco tagliente, sfrontato e travolgente in ogni sua parte, con una strategia di marketing da dieci e lode (basti pensare al leitmotiv del serpente, presente nell’intera narrazione del disco e persino sul palcoscenico del world tour in supporto al progetto). Ne basta ascoltare pezzi come Call It What You Want e New Year’s Day per rendersi conto che sotto quella corazza costruita per tutelarsi, troviamo la Taylor Swift di sempre. Per questo motivo, questo LP rappresenta una bella parentesi e un caposaldo nella discografia della cantautrice.