Ho immaginato spesso come sarebbe potuta essere la mia vita se fossi riuscita a compiere piccoli passi da un punto A ad uno B senza passare per D, poi per F, infine per Z. Come sarebbe stata, insomma, una vita lineare, senza intoppi, decisioni da prendere, strade sbagliate percorse pensando che sarebbe state giuste. Questo discorso suona completamente opposto pensando alla carriera di Fulminacci, che pubblica il suo terzo album, Infinito +1. Il suo è stato un percorso lineare, giusto, «organico», come lui stesso lo definisce nell’intervista. È riuscito a crearsi un suo mondo lavorativo senza stravolgere la sua vita privata. Soprattutto, è riuscito a non snaturarsi, crescendo, rimanendo curioso e con una sana voglia di imparare dagli altri.
Mentre scrivevo l’intervista riflettevo sul fatto che le uscite dei tuoi dischi sono legate ad un evento importante per la tua carriera. Con La vita veramente hai vinto la Targa Tenco per la Miglior opera prima, Tante care cose è legato a Sanremo e questo alla tua prima data nei palazzetti. È stata una crescita costante nel tempo.
È stato tutto molto organico, perché ho avuto tantissime soddisfazioni e sono arrivato dove sono senza traumi. La mia vita privata è rimasta invariata, e questa è una cosa bella, perché non ci sono state trasformazioni brutali dovute al successo – o come lo vogliamo chiamare. Mi sento la persona che sono sempre stata, però nel frattempo faccio il lavoro più bello del mondo e mi impegno per far sì che questa cosa rimanga così, rispettando soprattutto chi ascolta e apprezza le mie canzoni.
Nell’intervista con Billboard Italia hai detto: «Questo disco è stato diverso rispetto ai primi perché è stato scritto sapendo che questo è il mio lavoro». Ma cos’è cambiato?
Quando uno scrive il suo primo disco magari lo fa in cameretta, senza sapere che fine farà, se verrà mai ascoltato, se qualcuno investirà per farlo uscire. Il mio primo disco l’ho proprio scritto dicendomi “voglio scrivere delle canzoni, punto”. Il secondo disco aveva molte canzoni che avevo già nel cassetto, quindi non posso definirlo completamente concepito da zero da persona che fa questo lavoro. Quindi, questo terzo album è davvero il primo concepito in quel modo, con la consapevolezza di fare questo lavoro e quindi, in qualche modo, un dovere. Ovviamente non lo vivo come un dovere o una pressione, ma è il mio lavoro. Contemporaneamente alla passione e alla voglia di giocare, che rimane sempre la stessa, c’è anche la serietà di dire “ok, non devo deludere le persone che mi danno fiducia”.
Parliamo delle due collaborazioni del disco, Giovanni Truppi e Pinguini Tattici Nucleari.
Con Giovanni Truppi ci siamo scritti su Instagram per un po’ di tempo. Quando siamo riusciti a incontrarci sono andato nel suo studio a scrivere ed è stato bellissimo, perché è stato un incontro tra due generazioni vicine ma diverse. Abbiamo scritto un pezzo dove fondiamo le nostre esperienze, creandone una nuova. Per quanto riguarda i Pinguini Tattici Nucleari, è stato divertente, perché con Riccardo (Zanotti ndr.) ci eravamo già visti. Lui era venuto ad un mio concerto a Bergamo, ci eravamo detti reciprocamente tantissime cose belle perché ci stimiamo molto. Lui è venuto un giorno in studio da Giorgio Pesenti, che è il produttore di tutto il mio disco, e abbiamo lavorato insieme. Sono brani dove sono voluto entrare io nel loro modo, più che il contrario.
Perché?
È un disco in cui voglio ascoltare gli altri. Volevo uscire dalla mia comfort zone. Avevo la possibilità di lavorare con due artisti che stimo tantissimo, bravissimi a fare la loro musica, e volevo imparare da loro, non dargli quello che io di me già so e già so fare. Sarebbe stata una collaborazione sprecata.
Baciami baciami e Occhi grigi mi sono sembrate due facce della stessa medaglia. Da una parte l’inizio di un amore, e dall’altra una storia che finisce, senza rancori, ma con la consapevolezza di essersi voluti davvero bene.
Sono storie diverse. Con Truppi abbiamo fuso i pensieri di entrambi, e mentre li scrivevamo c’era un continuo scambio di esperienze e visioni. Baciami baciami è sicuramente più leggero, in cui però c’è “quel vaffanculo a cui non dice ti amo” a cui tengo molto come frase.
Come mai?
Ti amo è una frase che ho sempre trovato imbarazzante da dire, perché mi sembrava di utilizzare le parole standard di chiunque per dire una cosa che vorrei solo mia e dell’altra persona, nostra. Poi però, pensandoci, mi sono detto “cosa dico”. È tutto un codice. Lo voglio dire e penso “vaffanculo a chi non lo dice, perché non lo dici?”.
Forse non è tanto dirlo, ma il modo in cui carichiamo quella frase di significato.
Esatto, non è una frase di cui dobbiamo abusare, perché rischiamo di svuotarla di significato. Io gli do valore e accolgo questo codice, decidendo di utilizzarlo accettando determinate circostanze.
In Ragù dici “devo scrivere una hit perché non è una hit”, ma anche “per non fare passi indietro, ma neanche in avanti”. Come vivi il rapporto con la musica usa e getta? Un paio di settimane fa ho intervistato Colapesce e Dimartino e abbiamo parlato di come Musica leggerissima sia diventata una hit, ma molti si siano fermati solo alla melodia orecchiabile, senza soffermarsi sul testo e sul suo significato.
Io penso che ci siano anche persone che vogliono capire i testi, e a quelle persone mi rivolgo con le parole. Agli altri con la melodia. Non mi ritengo disilluso, vedo e riscontro che le persone che hanno capito Musica leggerissima ci sono, e sono felicissimo che sia diventato un tormentone. Ti parlo di questo brano perché mi piace di più parlare di una cosa non mia e sono davvero lucido. Musica leggerissima è un esempio perfetto di un brano scritto bene, profondo, scritto da artisti validissimi, che sono riusciti a fare con gusto ed eleganza questa di orecchiabile. Questo per dire che si può fare un po’ quello che ci pare, scrivendo il pezzo con aspirazione pop con dentro quello che vuoi, e poi chi vorrà ascoltarlo lo farà.
In Simile dici “siamo diversi”, ma arrivi ad un certo punto in cui sono le diversità a farci assomigliare. Cambia solo la forma, no?
La cosa strana, che non so se si capisce, è che ho cominciato a scriverlo pensando di rivolgermi ad un ipotetico figlio. È una cosa egoistica mia, dove per una volta volevo ricoprire la figura di consigliere quando in realtà mi sento molto bambino per altre cose. Volevo fare il genitore in senso più largo, consigliando ad una persona come comportarsi e dicendole che sì, penserà tantissime cose diverse, ma non si deve spaventare perché ci si può far attraversare dalle cose, lasciarle andare, capirle e non capirle, e soprattutto cambiare. Bisogna ascoltare per poter cambiare, accettando anche il fatto che non sì è perfetti e che nella vita bisognerà stare in un equilibrio dinamico, dove servirà muoversi costantemente per riuscire a stare fermi. Se non lo fai, diventi un conformista.
Come ti senti per questa data al palazzetto di Roma?
Elettrizzato, è il posto più grande che abbia mai fatto, non vedo l’ora e sento già molto entusiasmo che mi dà carica e fiducia. Poi è la mia città, quindi sarà bello vedere le facce dei miei parenti e amici, cercando di riconoscerli in un posto così grande. Lavoreremo per far sì che sia una serata speciale, come tutte le altre, perché lo show sarà sempre lo stesso.
Non hai pensato di fare qualcosa di diverso?
Magari ci sarà una sorpresina per ogni data, però il concerto sarà quello.