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“For All the Dogs” di Drake: perché sì, perché no

Abbiamo chiesto a due redattori con opinioni personali differenti di parlare dell’ultima fatica in studio di Drake, “For All The Dogs”

Perché sì:

Qualche mese fa, raccontandovi Austin di Post Malone, abbiamo scritto che l’artista californiano è in una fase della sua carriera in cui può fare quello che vuole. È un discorso che mi sento di applicare anche a Drake, seppure per motivi diversi: se per Post Malone è semplicemente una conseguenza della sua personalità eclettica e del suo purissimo talento, per Drake è una conseguenza della sua longevità, dello status che si è costruito negli ultimi quindici anni. Il punto però resta quello: Drake nella musica può fare quello che vuole e non avere mai torto. Ciò non vuole ovviamente dire che abbia sempre ragione, o che un disco non lo possa sbagliare, ma semplicemente che può permettersi di andare oltre la critica, oltre il mercato musicale. For All The Dogs è un disco che non si accontenta. Emotivamente, si tratta sicuramente del progetto più sentito da Drake dai tempi di Scorpion, e lo si percepisce da tanti dettagli, dal coinvolgimento del figlio Adonis sia per la copertina che in Daylight alla presenza di tante persone che hanno avuto un ruolo importantissimo nel percorso di Drake, da Snoop Dogg a Chief Keef passando per Lil Yachty e J. Cole.

Lo si percepisce anche dalle tante personalità artistiche a cui Drake ha voluto dare spazio: c’è tanto rap, ma anche tanto cantato su generi diversi e produzioni molto varie e mai banali. I featuring sono tanti ma sono scelti con cura non tolgono spazio a Drake ma anzi rappresentano un valore aggiunto al progetto. Ovviamente, trattarlo come un disco da ascoltare dall’inizio alla fine lo può far risultare pesante per via della lunghezza ma se lo si tratta come un progetto in cui Drake ha voluto dare spazio a tutta la musica che è capace di fare e in cui tanto i fan di vecchia data quanto i fan degli ultimi anni possono riconoscersi, allora ha tutto senso. Menzione d’onore va a First Person Shooter in collaborazione con un J.Cole in forma smagliante, che contiene anche due chiavi di lettura importanti. La prima è data da J.Cole quando dice “Discutono di chi sia il più grande/È K-dot (Kendrick Lamar, ndr.)? È Aubrey (Drake, ndr.)? Sono io?/Siamo i Big Three”. La seconda è data da Drake alla fine del pezzo, quando dice “Sono a -1 da Michael,” facendo riferimento al fatto che gli manchi solamente un primo posto nella Billboard Top 100 per eguagliare Michael Jackson a quota tredici. Kendrick Lamar, J. Cole e Michael Jackson. Sono questi i campionati in cui gioca Drake, e finché potrà fare dischi del genere, il suo status sarà sempre legittimato.

Perché no:

Dopo l’uscita del suo nuovo disco Drake ha annunciato di voler allontanarsi per un po’ dalla musica, questa pausa arriva dopo un periodo di quattro anni in cui il rapper ha fatto uscire un progetto discografico sostanzialmente ogni anno e questo si rispecchia soprattutto in For All The Dogs, un album che “coccola” chi si aspetta il solito Drake ma che non riesce a sottolineare a pieno il potenziale del rapper – già espresso in gran parte nei dischi precedenti. I contro di For All The Dogs sono individuabili soprattutto nella mancanza di originalità da parte del rapper canadese: lo stesso elemento di cui abusò in Honestly, Nevermind è totalmente assente in questo nuovo disco. Ne sono esempi brani come Fear of Heights, dove Drake letteralmente copia e incolla quello che ha fatto in passato o Bahamas Promises, il genere di brano R&B a cui ci ha abituato da sempre. Nonostante ciò rimane uno dei migliori nel suo ambito anche quando non abbandona la propria comfort zone, le sue barre sono uniche così come la scrittura che diventa un modo per affrontare il successo e le problematiche personali – vedi il diss a Rihanna in Fear of Heights.

Le tracce dell’album sono ventitré, talmente tante che si arriva stremati alla fine dell’ascolto e con un’immensa confusione in testa; serve dare tempo all’ascoltatore che in questo modo non può digerire i brani, anche perché a dirla tutta questo disco non è monotematico e ha più le sembianze di un mixtape che di un vero album. Altro passo falso è la presenza di featuring che in alcuni casi non aggiungono nulla: la partecipazione di Chief Keef in All The Parties, che qui collabora per la prima volta con Drake, è priva di qualità, lo switch tra il suo ritornello e la strofa del rapper di Toronto non ottiene l’effetto desiderato; al contrario J.Cole, ospite in First Person Shooter, scrive una strofa straordinaria e che probabilmente rimarrà negli annali ma che eclissa completamente le barre di Drake. Insomma, For All The Dogs lascia indifferenti, non punta ad essere considerato un capolavoro, ma soprattutto non cambia le regole del gioco.