Gli esseri umani, per quanto non siano degli animali aquatici, presentano una caratteristica molto più sviluppata del previsto, un cosiddetto “riflesso di immersione”. Il nostro corpo, infatti, immerso nell’acqua, mette in atto tutta una serie di risposta fisiologiche che permettono all’ossigeno di distribuirsi verso il cuore e il cervello, favorendo l’apnea prolungata. L’uomo, proprio come potrebbe fare una gigantesca balena, riesce a trattenere il respiro sott’acqua per lunghi periodi, in una maniera quasi del tutto eccezionale. Forse è proprio questo riflesso innato al quale possiamo ricondurre l’esperienza mozzafiato che James Cameron sta donando al mondo in questi giorni con Avatar – La via dell’acqua. Ci sono voluti tredici anni, ma dopo un processo creativo e tecnologico che ha fatto parlare tutto il mondo per lungo tempo, il regista canadese (Terminator, Titanic e lo stesso Avatar) torna finalmente in sala con un nuovo film.
Dai tanti rumors sapevamo già che Avatar – La via dell’acqua sarebbe ripartito da dove la narrazione del primo film di era interrotta, riportandoci sul pianeta Pandora in compagnia dei Na’vi e dei protagonisti Jake Sully (Sam Worthington) e Neytiri (Zoe Saldana). Quello che non sapevamo è che Cameron avrebbe espando la famiglia dei protagonisti, presentandoci tutti i figli nati nei dieci anni tra il primo e secondo film e proponendoci quindi un nuovo capitolo incentrato proprio sui rapporti familiari tra questi. James Cameron, grazie alla sua innata passione per le nuove tecnologie applicate al cinema e ad un budget di 400 milioni di dollari, non solo ci aveva promesso una nuova esperienza in 3D come mai prima si fosse vista, ma ai aveva anche promesso tanta acqua, forte delle sue esperienze di Titanic e del suo viaggio sul fondale oceanico. È l’acqua la vera protagonista di questo film, e sì, Cameron ci ha donato qualcosa di mai visto prima in un cinema. Erano in tanti pronti a sparare a zero contro Cameron, che nella sua carriera ha sempre subito forti critiche per il suo approccio “scientifico” al cinema. Ma anche stavolta Cameron l’ha fatta grossa, in tutto e per tutto. Del resto se ad Hollywood sono soliti dire che mai bisogna scommettere contro James Cameron, un motivo ci sarà.
Avatar – La via dell’acqua è un vero e proprio miracolo su pellicola, perché con le sue tre ore e dodici minuti di durata, riesce a trasportare lo spettatore su Pandora, applicando la potenza visiva e narrativa dell’opera non solo ai cinque sensi, ma anche alle emozioni che questi suscitano. Sia chiaro, il film non è soltanto effetti speciali di livello stratosferico, ma è anche una bellissima storia che mescola ai legami familiari l’integrazione tra i popoli e, soprattutto, una forte invettiva ambientalista con cui Cameron spara a zero sulla caccia alle balene con delle sequenze forti, crude e di grandissimo impatto. Chiunque ami la settima arte non potrà che rimanere commosso ed esterrefatto di fronte ad Avatar – La via dell’acqua, un film che ingloba in poco più di tre ore, tutto il senso stesso del cinema, dai fratelli Lumière ad oggi. Quindi, fate il biglietto, prendete gli occhiali 3D e ricordate: ispirate ed espirate lentamente, state per immergervi nel film dell’anno.