«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto». È solo una delle tante battute estratte dalle pellicole di Sergio Leone – leggendario cineasta classe 1929, romano de Roma – ed entrate nell’uso comune. Ancora oggi rimangono leggendarie la ricetta della sua più prelibata specialità, gli spaghetti-western, la collaborazione (poi interrottasi a male parole) con il suo cowboy silenzioso Clint Eastwood – del quale bonariamente Leone sosteneva avesse solo due espressioni, «con cappello e senza» – ma su tutte lo storico e duraturo binomio con un trombettista ex compagno di classe alle elementari che ha firmato per lui tutte le colonne sonore tranne una: Ennio Morricone.
7. Il colosso di Rodi
La prima fatica del regista romano, nato a due passi da Fontana di Trevi, è indubbiamente il meno noto e riuscito della sua fortunata carriera. è il 1961 quando sulla scia di successi planetari – girati a Cinecittà – come Ben Hur e Quo Vadis Sergio Leone decide di girare un peplum ambientato nel terzo secolo, dove un ribelle ateniese arriva a Rodi e si trova coinvolto nel rovesciamento di re Serse da parte dei concittadini e dei fenici. Il titolo è anche l’unico di questo elenco nel quale la colonna sonora non è affidata a Ennio Morricone.
6. Giù la testa
Il sandalo e la spada tipici del sopracitato sottogenere storico lasciano ben presto il passo alle pistole, protagoniste indiscusse delle restanti pellicole. Con Giù la testa entriamo nelle due trilogie che hanno segnato la fortuna di Sergio Leone, quella del dollaro e del tempo. Capitolo di mezzo della seconda trilogia, questa pellicola è probabilmente la meno acclamata fra quelle che compongono il prestigioso gruppo d’elite leonino. Le peripezie del rapinatore locale Juan Miranda e dell’irlandese esperto di esplosivi Sean Mallory avvengono sullo sfondo della rivoluzione messicana, una guerra che finirà per avvolgerli e coinvolgerli.
5. Per un pugno di dollari
È il titolo caposaldo – seppur non il primo – del fortunato genere spaghetti-western. Strizzando l’occhio ai samurai di Akira Kurosawa, Leone ridefinisce gli archetipi di un genere – il western – ormai in declino. Lo fa tratteggiando la figura di Joe, un misterioso pistolero solitario interpretato da un poco più che trentenne Clint Eastwood. Per comprendere la rilevanza che questi lavori hanno avuto sulla storia del cinema basta dare uno sguardo all’ultima pellicola di Tarantino, l’ennesimo tributo della sua carriera al maestro e al genere che più di tutti hanno segnato gli anni della sua formazione artistica.
4. Per qualche dollaro in più
Ad un anno di distanza dal primo esce anche il secondo capitolo dedicato al dollaro. Clint Eastwood è ancora il primo violino, questa volta nei panni de Il Monco, un cacciatore di taglie così chiamato per l’abitudine di usare solo la mano sinistra lasciando la destra sempre libera per sparare. Alla banda Eastwood – Gian Maria Volontè, al secondo gettone, si aggiunge il volto di Lee Van Cleef. I tre si ritroveranno, accompagnati dalle leggendarie note di Morricone, in una spoglia piazza, un memorabile antipasto di quello che vedremo sui grandi schermi l’anno dopo.
3. C’era una volta il West
L’incipit della trilogia del tempo è ambientata nell’immaginaria Sweetwater, terra di frontiera dove l’acqua immancabilmente scarseggia. Fra passato e presente va in scena un epico conflitto per decidere il destino della preziosa terra nelle mani dell’ex prostituta Jill: una magnifica Claudia Cardinale. Con lei Charles Bronson nei panni di Armonica, contro di lei lo stupendo villain Frank, interpretato, dopo molti tentennamenti, dal solitamente eroe buono Henry Fonda. Personaggi rimasti nella leggenda ed i cui profili sono stati sapientemente tratteggiati da Sergio Leone in collaborazione con Bernardo Bertolucci e Dario Argento.
2. Il buono, il brutto e il cattivo
Rispettivamente Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van CLeef. I tre si ritrovano dopo due ore di peripezie sullo sfondo della drammatica Guerra di secessione americana in una distesa riarsa al centro di un vecchio cimitero, limitata circolarmente da uno scalcinato muretto di pietre. Sta per andare in scena il più celebre stallo alla messicana della storia, dove l’infinita carrellata degli sguardi incrociati dei tre uomini vengono sublimati da L’estasi dell’oro, le memorabili note di Ennio Morricone. Le mani accarezzano le pistole ancora per poco strette nella fondina. Ne rimarrà solo uno. Nel magnetismo soverchiante del triello finale rimangono lo spazio solo per i brividi e la commozione dello spettatore.
1. C’era una volta in America
Last but not least. Anzi tutt’altro, perché l’ultima fatica del regista romano che ci ha lasciati troppo presto è infatti una perla rara. Ancora le pistole protagoniste, non più però quelle dei cowboy della Frontiera bensì quelle di Noodles e della sua banda, i cui colpi attraversano quarant’anni di storia Americana pre e post proibizionismo, portando De Niro & co. dai quartieri più bassi di Manhattan fino ai vertici della malavita newyorkese. Noodles è ormai un uomo perso nei suoi nostalgici ricordi, fra quegli amici di una vita he ormai non ci sono più e l’amore impossibile per la bella Deborah, il cui nome è anche il titolo della (forse) più grande colonna sonora della storia del cinema, firmata naturalmente Morricone. C’è spazio per un ultimo flashback di Noodles che sorride inebetito alla telecamera mentre aspira da un narghilè in una fumeria d’oppio. Sipario.