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Tutti gli album dei Linkin Park dal peggiore al migliore

Qualche giorno fa passavo il tempo scrollando la bacheca di YouTube alla ricerca di qualche contenuto interessante che intrattenesse la mia pausa pranzo. Ad un tratto sono stato folgorato dal fatto che tra i video correlati io abbia riconosciuto un pezzo di storia che avevo dimenticato, ovvero un AM di Dragon Ball che sicuramente tutti i nati negli anni Novanta ricorderanno, poiché fu uno dei principali elementi di scambio tramite bluetooth dei primi cellulari di nuova generazione. La particolarità di questo video era data dal fatto che la colonna sonora fosse In The End dei Linkin Park, e per tutti quelli della mia generazione, l’avvicinamento ad un certo tipo di musica più matura avvenne proprio grazie a questo bizzarro incontro. Questa storia potrà sembrare oggi strana, ma rappresenta perfettamente cosa sono stati i Linkin Park all’interno dell’immaginario comune: una band in grado di sigillare nell’eternità un movimento generazionale che oggi, dopo una carriera con più bassi che alti e terminata amaramente con la scomparsa di Chester Bennington, ha ancora un posto d’onore nel cuore di tutti gli appassionati del rock.

7. One More Light 

In fondo a questa classifica troviamo l’ultimo lavoro della band, One More Light del 2017. Che la band di Los Angeles ormai navigasse da anni nell’incertezza artistica era chiaro a tutti da un pezzo, ma nessuno si aspettava un album così tanto pop. Gli elementi tipici delle sonorità dei Linkin Park scompaiono quasi del tutto, non troviamo parti rappate, la chitarra è molle e in generale nessuna traccia rimane davvero impressa. A posteriori è triste riconoscere che l’ultimo album di Chester Bennington con i suoi Linkin Park sia così mediocre.

6. A Thousand Suns

L’album spartiacque nella carriera dei Linkin Park. Nel 2010 Mike Shinoda e soci decidono di dare una forte sferzata artistica, rivolgendosi sempre di più all’hip-hop e meno al rock, con una forte contaminazione nella musica elettronica. Il risultato è un concept album sulle paure umane, con campionamenti di discorsi di personaggi famosi e un’oggettiva confusione generale. Riascoltando A Thousand Suns, la sensazione è di essere di fronte ad un progetto troppo ambizioso e troppo discordante.

5. The Hunting Party

Dopo essersi dichiarati quasi completamente al pop e all’elettronica, i Linkin Park sorprendono tutti i loro fan nel 2014 con un album molto duro che riporta alla mente i fasti dei primissimi successi. Indubbiamente riascoltare la band sotto una vesta decisamente più adatta alle loro corde fu molto piacevole, ma il problema di The Hunting Party è che dopo l’iniziale galvanizzazione, ad un secondo ascolto appare solo come una sbiadita copia di quello che fu, calata in un contesto musicale che da tempo non digeriva più certe sonorità.

4. Living Things

Living Things sarebbe stato un perfetto anello di congiunzione tra la prima e la seconda parte di carriera della band. Se A Thousand Suns fu un lavoro alienante e disturbante per tutti i fan, Living Things del 2012 invece aveva tutte le carte in regola per unire gli elementi più rock tipici della band con un sound semplicemente più radiofonico, mescolandoli in maniera omogeneo con l’hip-hop e l’elettronica. Ecco come si entra in classifica senza troppi giri di parole.

3. Minutes to Midnight

Dopo i primi due album, la band era tra le più chiacchierate di tutta la scena. Intuendo però che la moda del nu metal e del rap rock stesse lentamente scemando, i Linkin Park scelsero di produrre un disco molto più classico e posato. Minutes to Midnight è ancora oggi un bellissimo ascolto, caratterizzato da brani aggressivi che valorizzano lo scream di Bennington e ballad da primo posto in classifica. Forse la direzione giusta da seguire negli album successivi avrebbe dovuto essere proprio questa.

2. Meteora

Eccoci arrivati al cuore della discografia dei Linkin Park. Sì, perché il vero apporto che questa band ha dato alla musica internazionale risiede proprio nei primi due album, caposaldi di un genere, il nu metal, che ha avuto vita breve, ma fu molto interessante dal punto di vista analitico. Numb, Breaking the Habit, Faint sono le punte di diamante di un album che ha il solo difetto di essere spudoratamente identico nelle intenzioni rispetto al suo predecessore.

1. Hybrid Theory

Nessuna sorpresa, ma il miglior album dei Linkin Park è senza ombra di dubbio il primo lavoro, Hybrid Theory. Ventisette milioni di copie vendute certificano il successo di dodici tracce composte come mai si era visto prima: lo scream di Bennington, il rappato di Shinoda, i giradischi di Mr. Hahn, il tutto calato in un contesto di crossover sporco e profondamente adolescenziale, raccontando il disagio di una generazione intera. Una pietra miliare della storia della musica degli ultimi trent’anni.