Com’ero a dodici anni, cosa volevo diventare, – ma soprattutto – chi ero? Il ricordo che ho della me di ormai quindici anni fa è fatto del club che avevo con le mie compagne di classe, con cui ci scambiavamo quotidianamente un diario in cui annotare i nostri pensieri, i sogni e le aspirazioni che cominciavo a coltivare – nessuna delle quali è rimasta tale, se non per un dettaglio che si è concretizzato: mai avrei fatto qualcosa che avesse a che fare con la matematica. Se mi guardo indietro sono certa di essere diventata molto diversa da ciò che quella ragazzina immaginava che sarebbe stata. Lo so, Chiara-del-2007: le cose non possono sempre andare come vorremmo, specialmente quando le sogniamo quando siamo così piccole. Tante cose, infatti, non sono andate come avrei immaginato nei miei sogni (tra crisi globali, recessione economica, obiettori di coscienza e pandemie), e ciò ha irrimediabilmente plasmato una Chiara-del-2022 diversa da quella che tu stessa ti saresti aspettata quindici anni fa. Eppure mentre scrivo questo articolo, parlando di qualcosa che amo e di cui ho fatto una professione, non posso fare a meno di chiedermi se quella ragazzina, a guardare la se stessa del futuro, sarebbe felice e orgogliosa di ciò che sarebbe diventata.
Questa stessa domanda se la sono posta le protagoniste di Paper Girls, la nuova serie originale Amazon Studios tratta dall’omonima graphic novel di Brian K. Vaughan e Cliff Chiang. Tutto comincia a Cleveland, la mattina presto del primo novembre 1988, quando Mac, K.J., Tiffany e la novellina Erin si incontrano durante il turno della consegna dei giornali nel quartiere di Stony Stream, ignare del fatto che si ritroveranno a viaggiare nel tempo e nel bel mezzo, loro malgrado, di una lotta tra viaggiatori delle diverse dimensioni temporali nelle quali dovranno fare i conti anche con le loro versioni adulte e con ciò che sono diventate. Nonostante Paper Girls abbia uno stampo fortemente fantascientifico, è chiaro che l’espediente del viaggio nel tempo sia una scusa per proporre agli spettatori uno splendido esempio di coming of age: ci troviamo infatti di fronte a un meraviglioso racconto di formazione, rappresentato in tutta la sua naturalezza. A essere più importante del viaggio nel tempo è quello nell’amicizia di quattro ragazzine dodicenni che, condividendo la stessa esperienza, imparano a crescere insieme, a conoscere se stesse e ad apprezzare la bellezza nell’altro. Nonostante la serie sia diversa dalla graphic novel (che, per esempio, è autoconclusiva, mentre tutto ci fa pensare che Paper Girls avrà una seconda stagione) è comunque davvero apprezzabile e godibile dal pubblico, grazie anche alle montagne russe di emozioni che è in grado di far vivere – proprio come nel bel mezzo delle tempeste ormonali che ci hanno travolto quando avevamo dodici anni.
Ogni momento di crescita nella vita delle protagoniste è affrontato con una delicatezza, un garbo e una spontaneità che rende l’inevitabile perdita dell’innocenza quasi indolore. Soprattutto perché ogni attimo di disillusione è vissuto insieme alle proprie amiche: l’amicizia delle quattro protagoniste è infatti il perno fondamentale della storia, e lancia il messaggio chiaro che da sole si è forti, ma in gruppo si è invincibili. Grazie alla regia tutta al femminile (gli otto episodi sono diretti da quattro registe) e alle giovani attrici davvero in sintonia tra di loro, i problemi delle singole protagoniste vengono sviscerati nel profondo e affrontati di petto quando si trovano tutte insieme. Un affresco di solidarietà femminile, a cui bisogna educare le bambine già da quando sono piccole, in modo da guardare a una compagna di classe e vederci un’alleata, non una nemica. Sono proprio le esperienze che facciamo con chi crede in noi che plasmano chi saremo in futuro: raggiungere un traguardo è bello, ma lo è ancora di più se abbiamo qualcuno con cui condividere la nostra felicità (come scriveva sul suo diario Alex Supertramp, ma quella è un’altra storia – e un altro film). Le incredibili architetture futuristiche e i minacciosi cieli rosa (proprio un colore a caso!) non rappresentano altro che quel futuro ignoto che tanto ci fa paura e ci affascina quando si è piccoli, ma inevitabilmente raggiungibile. Il viaggio nel tempo diventa quindi un viaggio nella propria personale epopea, nel proprio futuro, in quello che verrà successivamente e nella propria crescita.
Può far paura, certo, ed è per questo che le protagoniste di Paper Girls sono quattro amiche: ognuna è la costante dell’altra, quel punto di riferimento di cui aveva bisogno anche Daniel Faraday in Lost e che aveva trovato in Desmond Hume («Qualunque cosa accada, Desmond Hume sarà la mia costante»; e neanche a farlo apposta una delle registe di Paper Girls ha diretto un episodio di Lost). Galeotto fu il giornale e chi lo scrisse, per semicitare il Sommo Poeta: grazie al loro lavoretto Erin, Tiffany, Mac e K.J. si incontrano ma soprattutto imparano a conoscere se stesse; il fatto che tutto cominci a lavoro indica allo spettatore che il viaggio al centro della storia ruota attorno al senso di responsabilità, che l’amicizia è una questione di responsabilità. Ma che nulla sarebbe possibile senza coraggio e intraprendenza: come la pioniera Mac, che ha cambiato la tradizione dei paper boys ed è diventata la prima paper girl di Stony Stream, permettendo così a tante altre ragazzine di seguire le sue orme e diventare anche loro delle ragazzine dei giornali. Paper Girls è la serie che avrei voluto vedere a dodici anni: so già che avrei viaggiato con la mente, immaginando un ipotetico incontro con la me del futuro. Come sarebbe stato? Mi avrebbe soddisfatto la versione di me adulta o ne sarei stata delusa? Ma soprattutto mi avrebbe spinta a farmi coraggio e a cercare di chiedere a quelle ragazzine che guardavo da lontano di essere amiche, di vederci al parco per prendere un gelato insieme dopo aver fatto i compiti.
Essere una paper girl non è dunque solo una professione, ma uno stato d’animo, un’esperienza di vita. È solo un’etichetta dietro cui si nasconde l’incredibile mondo della preadolescenza. Guardando le avventure di Erin, Tiffany, K.J. e Mac, mi sono anche chiesta che cosa farei se incontrassi la me dodicenne. Le darei dei consigli per evitarle sofferenze e delusioni? A primo acchito mi sono risposta di sì, ma poi ho pensato: la Chiara del futuro, con delle esperienze diverse, sarebbe sempre la stessa Chiara? E non sono più tanto sicura di voler evitare a quella ragazzina una figuraccia, un due in matematica o un’amica che la delude. Perché Chiara-del-2007, per diventare Chiara-del-2022, ha bisogno di vivere anche le esperienze più spiacevoli. Soffrirai e ti incazzerai come solo le dodicenni sanno fare, Chiara, non te lo nego. Ma ti assicuro anche che sarai in grado di fare cose che non avresti mai pensato di essere in grado di portare a termine; mostrerai un coraggio che non pensavi di avere, una forza e una maturità che ti contraddistingueranno sempre. Tante persone ti ammireranno e ci sarà addirittura chi guarderà a te come un modello da seguire. Per non parlare di chi ti amerà e contribuirà a renderti felice ogni giorno, che condividerà le tue gioie insieme a te e che ti farà vivere un sogno a occhi aperti. Certo, per alcuni versi il futuro non sarà come lo immaginavi, ma ti assicuro che ti soddisferà tantissimo. Spero che quando arriverai al 2022 tu sia fiera di me e della Paper Girl che siamo diventate.