Il giorno prima di un concerto è come la notte prima di un esame: ripassi le possibili canzoni della scaletta, tiri a indovinare se ci sarà questa o quella canzone, magari quella lì vecchia e riarrangiata, non vedono l’ora di urlare, chiudere gli occhi e sentire solo quelle note entrare nel corpo e nell’anima, come agenti esterni elettrizzanti che ricorderai da lì a molto tempo dopo. Il giorno prima di un concerto è più o meno così per chi non sa fare a meno del vizio della musica, figuriamoci il giorno prima del concerto di Cesare Cremonini allo Stadio Olimpico di Roma, dopo più di due anni di fari spenti su un palco musicale, e con La ragazza del futuro e Colibrì con cui ha inaugurato questa nuova sua stagione musicale, e insieme ha urlato il suo messaggio: non bisogna smettere di cercare la luce nell’ombra. Le luci dell’Olimpico si accendono proprio con La ragazza del futuro, come se fosse un invito, un monito imprescindibile e irrimandabile, quello di ballare, cantare, amare e provare il dolore, seguita da PadreMadre, con Cremonini che si abbassa sul palco, guardando a terra mentre inizia a cantare, per poi alzare lo sguardo fino ad incrociare quello di migliaia di sconosciuti. È un momento così catartico che ti perdoni davvero come figlio, che li perdoni davvero come genitori: PadreMadre è la chiave in musica della porta dell’amore, emotivamente sfiancante.
Da qui in poi inizia un viaggio indietro nel tempo: Il comico (sai che risate), La nuova stella di Broadway. Le torce dei cellulari come stelle artificiali e in un attimo sei insieme a lui, nella stanza di Union Square dove ha dichiarato di aver scritto questa canzone, guardando fuori dalla finestra. Mentre canti a squarciagola ogni singolo brano, con i musicisti, il violino, gli arrangiamenti live che non ti aspetti, pensi a quanto Cremonini sia un artista stupefacente: dalle canzoni scritte sui banchi di scuola ai Lùnapop, e da questi a decenni interi di musica sempre più bella e intensa: da Qualcosa di grande che nessun adolescente degli anni Duemila potrà mai dimenticare, per le parole struggenti e quel grido d’amore che solo a quindici anni può essere così definitivo e dolente, fino a un testo incredibile come Moonwalk, che racchiude il senso dietro la ricerca, la vita musicale che procede a passi spediti con l’esistenza, un’introspezione senza uguali, anticipata live dal violino di Davide Rossi e proseguita al pianoforte. Uno spettacolo così intimo e perdutamente interiore che lascia il pubblico senza parole. Dopo Le sei e ventisei, Logico e Mondo, Cremonini regala Stella di mare, che ripropone in un duetto virtuale con Lucio Dalla, che compare sul maxi-schermo centrale con il suo cappellino e i suoi occhiali, e quella voce, l’essenza, la maniera di essere al mondo di un uomo che il mondo lo aveva percepito e svelato meglio di chiunque altro.
Cremonini viene abbracciato da tutto l’Olimpico, prima durante l’esibizione di Chiamala felicità, che ha dichiarato essere la sua preferita del nuovo lavoro e il punto da cui inizierà il prossimo e poi con un vero e proprio sconvolgimento, 50 Special, con lo stadio che impazzisce, balla, urla questa canzone che non smette mai e non smetterà mai di creare quello che è successo con i 57mila dell’Olimpico. Scritta da Cremonini i giorni prima della maturità e ispirata a Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Brizzi, libro che in adolescenza ho amato alla follia, 50 Special è forse il vero significato della musica pop, che trascende ogni generazione, che ci riporta ad uno stato così infantile, unico e pittoresco che per un attimo ti traporta sui colli bolognesi in sella ad una vespa correndo per amore di qualcuno. Insomma, una canzone infinita. Sul finale, arrivano le canzoni di Possibili scenari. In quell’annus horribilis per me – quello dell’uscita del disco – Poetica mi faceva sperare, mi dava la sensazione che in qualsiasi momento si potesse ripartire, che ogni pozzo da cui guardavo la mia vita aveva anche una botola per uscire; Nessuno vuole essere Robin, invece, mi faceva carpire tutta la fragilità di essere al mondo e ricordare tutte le volte che non ho voluto essere Robin. Anche qui l’Olimpico esplode, insieme alla musica dell’artista, alle sue parole che stasera possono semplicemente essere le nostre.
Su Un giorno migliore si chiude la notte romana. Cosa ci aspettiamo dal domani? Non lo sappiamo, ma sappiamo quanto possa fare bene se nel nostro domani continuano ad esistere persone e artisti come Cremonini. E lui stesso ha dichiarato che la musica live fa bene a tutti, perché ognuno ha il suo motivo per andare a un concerto e cantare, ma il respiro di ciascuno sembra davvero diventare unico. Così tante persone, partite da chissà dove, da quale casa, con quale mezzo, dopo chissà quale giornata felice o triste, difficile o serena, che si ritrovano in uno stadio e smettono di pensare per due ore al proprio destino per vivere quello presente, che sembra unirci tutti, invisibile mano nella mano, e tutti inchinati verso un artista che ha fatto la storia della musica contemporanea e che negli stadi, oggi, ha trovato la sua dimensione.
Articolo di Clara Marziali
Foto di Paola Onorati