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Red Hot Chili Peppers, quanto ci eravate mancati

E pensare che a questo concerto io non volevo neanche andarci. Poi, un giorno, l’impensabile, un annuncio sui social così semplice e conciso da sembrare finto: John Frusciante torna nei Red Hot Chili Peppers. Non c’è tempo per pensare, l’annuncio è reale e l’unica cosa da fare è organizzarsi. E poi l’ultima volta che li ho visti non mi hanno fatto Otherside, quindi ho pure più di un pretesto. Dopo poco annunciano il nuovo disco, Unlimited Love, con Rick Rubin di nuovo alla produzione. Il tour non è quindi volto solo alla promozione dei nuovi brani, ma a una vera e propria celebrazione. Un rituale ricco di slapping, vecchi ricordi, funk e jam session improvvisate che danno tempo al pubblico di prendere fiato tra una hit storica e l’altra. Non c’è tempo per le cover o per i pezzi di I’m With You e The Getaway: noi siamo nostalgici, vogliamo John e loro lo sanno. Si inizia con le classiche Can’t Stop e Dani California e sentire quell’assolo rivisitato fatto proprio da John fa davvero un certo effetto.

Il tuffo nel passato prosegue con pezzi come Charlie o Nobody Weird Like Me, mentre si alternano le nuove These Are the Ways e Watchu Thinkin’ a quelle che più hanno formato la persona di ognuno dei presenti: le note di Snow risuonano limpide e il coro è così forte da poter percepire l’emozione collettiva del Visarno. Alla fine Otherside la fanno sul serio e io canto con loro pensando a quanto non sarei la stessa se da bambina non avessi visto quel video musicale in tv. C’è grande intesa tra loro, stanno bene e sono super in forma. Anthony si diverte da matti, non si comporta troppo da frontman e lascia ampio spazio agli altri, John non sta sempre e solo nel suo e cerca costantemente il resto della sua band come se non avessero mai smesso di suonare assieme, Flea saltella ovunque come suo solito cercando più di tutti il contatto col pubblico. Nessuno di loro si dimentica di Chad nascosto lì in fondo tra la batteria e il gong: si avvicinano l’uno all’altro e giocano, parlano tra loro creando simpatici siparietti e rendendoci ospiti della loro jam del sabato sera.

Eccoli lì gli amici di sempre, a suonare Californication con l’intro-medley di John e Flea che ricorda tanto quel live allo Slane Castle del 2003 che abbiamo tutti consumato su YouTube. Dopo Black Summer è la volta di Give It Away, una delle mie canzoni del buonumore: accanto a me c’è il delirio più bello mai visto, io sono lì a rapparla tutta ma a voce troppo alta rispetto al solito perché sono felice e finisco senza fiato. L’encore è composto da By the Way, pezzo a cui viene affidata la chiusura della terza giornata del Firenze Rocks. Flea torna sul palco camminando sulle mani in verticale e John si appoggia con la testa sulla spalla di Anthony non appena terminata la canzone. Messaggi d’amore e fratellanza vengono comunicati prima di lasciare il palco: è tornata la musica live, i grandi festival, le migliaia di cuori che battono all’unisono sotto lo stesso palco dopo due anni difficilissimi.

Decido di condividere questa ennesima avventura con le mie amiche più care e fedeli dai tempi del liceo: i Red Hot Chili Peppers lo fanno sopra il palco, noi invece sottocassa. Ascoltavamo le loro canzoni tra una lezione e l’altra ed è d’obbligo ancora oggi ascoltarli assieme al tramonto d’estate in spiaggia così come spararli al massimo del volume in macchina in giro per la nostra città fingendo che le strade illuminate che percorriamo siano proprio quelle di Los Angeles. Usciamo dall’area concerto e ci sediamo tranquille dove capita, in attesa di un tram meno affollato. Una sconosciuta mi tocca il braccio per attirare la mia attenzione e mi dice «ma hai visto che non hanno fatto Under the Bridge? La aspettavo e invece…», così forte da farsi sentire anche dalle altre. La storia si ripete, probabilmente senza avere mai fine: abbiamo già un nuovo pretesto per tornare a vederli