Classificare la discografia di una band è sempre un lavoro complesso e delicato, poiché il rischio di lasciarsi trascinare dai gusti e non dall’oggettività è dietro l’angolo. Il compito diventa ancora più arduo quando la band in questione non ha praticamente mai sbagliato un album, come nel caso dei Radiohead. Quasi trent’anni di attività e nove album in studio che a loro modo hanno cambiato la concezione della musica e, soprattutto, della discografia mondiale. I Radiohead hanno riscritto il concetto di sperimentazione musicale in una maniera che non si vedeva dai tempi dei Pink Floyd, producendo veri e propri capolavori, ma anche album che forse sono passati troppo in sordina al grande pubblico. La loro discografia può essere divisa in tre triadi di dischi: la prima rappresenta la fase di crescita e sviluppo del loro stile unica, la seconda è la cosiddetta “trilogia della decostruzione”, mentre l’ultima fase rappresenta il distacco totale dalle regole discografiche. Ecco quindi la classifica degli album dei Radiohead, dal peggiore al migliore.
9. Pablo Honey
L’album d’esordio dei Radiohead è probabilmente l’unico esperimento fallito della storia della band. I cinque ragazzi proveniente dall’Oxfordshire non avevano ancora ben chiara la direzione che avrebbero preso negli anni e il disco risulta uno dei tanti lavori britpop di quel periodo. C’è però un grande bug che prende il nome di Creep. La canzone più iconica e più famosa della band ha sede proprio in Pablo Honey. È infatti difficile trovare altri esempi in cui la canzone più conosciuta di un artista si trovi nell’album meno riuscito, tanto da essere in un certo senso disconosciuto dallo stesso Yorke.
8. The King Of Limbs
Da qui in poi gli album dei Radiohead sono tutti incredibili, quindi la classifica prende una piega anche più personale. The King of Limbs del 2011 paga lo scotto di essere la naturale conseguenza dell’album che lo precede, In Rainbows, che troveremo più avanti. La band era ormai in una fase di totale astrazione dal mercato discografico, ma quest’album ha il problema di essere un po’ sottotono in alcuni momenti e troppo poco incisivo. Lotus Flower e, soprattutto, Bloom restano comunque due brani clamorosi.
7. Hail To The Thief
Hail To The Thief è l’album che conclude la “trilogia della decostruzione”. A differenza dei suoi due predecessori, questo lavoro è un finale davvero strano e diverso. Dopo anni di sperimentazione elettronica, infatti, la band decide di tornare ad un sound più sporco e alternative, a tratti violento. È il disco più lungo della storia della band, ma ciò non risulta un punto a favore, poiché sono diversi i passaggi a vuoto. Hail To The Thief a tratti è un album inquietante, rappresentato perfettamente dalla ending track A Wolf At The Door.
6. A Moon Shaped Pool
Ultimo lavoro della band, pubblicato ormai cinque anni fa. A Moon Shaped Pool è un viaggio onirico, da ascoltare in momenti intimi e profondi. La profondità è infatti la caratteristica principale di quest’opera, che non produce nessun vero singolo, ma una sinfonia astratta e coinvolgente. Sarebbe potuta essere sicuramente la colonna sonora di un qualche thriller psicologico, visto che il sentore generale è quello di una finta quiete colma in realtà di un’ansia repressa.
5. Amnesiac
La parte centrale della “trilogia della decostruzione” è un album fantastico, che ha il solo difetto di venire dopo Kid A. A differenza del precedente, Amnesiac, si spinge ancora più a fondo nella sperimentazione, abbracciando l’elettronica, il noise e anche il jazz. Durante l’ascolto di questo disco si rimane sbalorditi nella quantità di momenti particolari, come il controtempo di Pyramid Song o la linea di chitarra di I Might Be Wrong. Un lavoro da riscoprire e riapprezzare ad ogni ascolto.
4. The Bends
The Bends rappresenta il vero punto di svolta per la carriera dei Radiohead. Dopo Pablo Honey, la band inizia a capire la direzione musicale che vuole percorrere, più introversa e sperimentale e intimista nei testi. È da qui che nasce il luogo comune dei Radiohead come “band per depressi”, ma la realtà è che The Bends è uno degli album più belli e importanti degli anni Novanta, grazie soprattutto a brani come High & Dry e Fake Plastic Trees.
3. In Rainbows
Se i gusti personali fossero la variabile predominante, In Rainbows sarebbe probabilmente al primo posto. La pubblicazione di questo album coincide con il momento in cui i Radiohead decidono che le regole discografiche non sono più di loro interesse. Infatti, la modalità di distribuzione di questo lavoro passerà alla storia: la versione digitale poteva essere scaricata da chiunque a un prezzo a libera scelta del acquirente. A livello artistico stiamo parlando di un’opera d’arte che ha come sua caratteristica principale quella di essere la summa perfetta della poetica della band, una sperimentazione complessa, che però arriva all’ascoltatore con semplicità.
2. Kid A
Il momento discograficamente più alto della carriera della band. Stiamo parlando di quello che Rolling Stone ha posizionato al primo posto nella classifica dei migliori cento album degli anni 2000. La svolta elettronica dei Radiohead avviene qui, anche perché fu uno dei primi esperimenti di promozione musicale su internet. Nessun singolo ufficiale, ma dieci tracce che sono entrate nell’immaginario comune di ogni amante della musica rock, da Idioteque a Everything in Its Right Place, passando per The National Anthem o Treefingers.
1. Ok Computer
Forse vi sembrerà un finale un po’ scontato, ma al primo posto di questa classifica non poteva che esserci OK Computer. L’album è una pietra miliare della storia della musica e sancisce la fine dei Radiohead acerbi, proiettandoli in quell’universo artistico che da qui in poi avrebbe accompagnato la loro splendida carriera. L’album è un’esperienza uditiva, sensoriale ed estetica e riesce a trasportare chi lo ascolta in scenari contrastanti, che siano l’universo infinito, il terminale di un pc o gli studi di montaggio di un’industria musicale. Perfezione stilistica e tecnica che può essere riassunta nel brano che più può spiegare cosa sono i Radiohead: Paronoid Android.