Il progetto Thelonious B. è stato ampiamente commentato, discusso e criticato fin dalla prima apparizione nel panorama musicale. Raccontare i Thelonious B. non è facile come può sembrare, non sono solo un duo formato dai frontmen Kirua e Brown, ma un vero e proprio collettivo, che rappresenta un sound, un’estetica ed un immaginario che cercano di essere coerenti e complementari. Il viaggio dei Thelonius è iniziato nel 2019, ed il primo progetto pubblicato a fine 2020 è stato il diario di bordo che ha raccontato i mesi di formazione artistica e personale del collettivo. Dopo il successo di THB, il loro disco d’esordio, che ha totalizzato oltre 40 milioni di stream sulle piattaforme digitali, il duo romano è tornato con THB I, un repack che rappresenta il completamento spirituale del percorso iniziato due anni fa.
Ad una settimana dall’uscita di THB I come vi sentite?
Kirua: Stiamo bene, siamo in fase di recupero dal lancio del disco ed inoltre nell’ultimo periodo abbiamo lavorato come dei matti, ora ci stiamo godendo l’uscita.
Dal punto di vista artistico avete un obiettivo chiaro o i risultati sono un effetto collaterale del fare musica per divertirvi e come piace a voi?
Brown: La cosa è cominciata come puro divertimento e per fare quello che ci piace, però negli ultimi due anni io e Kirua ci siamo fatti un piano preciso per i prossimi anni. Per adesso lo abbiamo rispettato, anche il ritmo altalenante con cui sono uscite le cose era tutto pensato. Ora dobbiamo riuscire a raggiungere tutte le tappe che ci siamo prefissati.
Quindi anche l’idea di far uscire la deluxe a più di un anno di distanza dal progetto originale era qualcosa di già pensato?
Kirua: È stato frutto di più cose, non è uscita esattamente come volevamo noi. A causa di tour rinviati, e tempistiche cambiate abbiamo deciso di far uscire quello che ci sembrava più adatto per il momento. Tutto questo perchè abbiamo un’idea chiara di quello che deve essere il secondo disco. Queste tracce volevamo farle uscire, ma non rientravano nell’idea del secondo disco e quindi abbiamo optato per la deluxe.
In che senso secondo disco?
Brown: THB I lo abbiamo chiamato così proprio perchè non è una semplice repack, ma preannuncia altri capitoli.
La copertina della deluxe è un restyling completo rispetto al progetto originale. Cosa rappresenta ora?
Kirua: L’idea della copertina di THB I è nata dall’esigenza di fare le copie fisiche, che è anche il motivo per cui abbiamo fatto questa uscita. Volevamo stampare il disco e fare il tour, per dare importanza al progetto. In merito alla copertina è necessario dire che quella del bacio l’abbiamo vista come una fase del completamento di questo primo disco. L’idea era di creare un immaginario il più iconico e riconoscibile possibile, e che ovviamente ci rappresentasse. Questa volta abbiamo deciso di usare un’altra immagine senza mettere le nostre facce in copertina.
Brown: Mettendo una classe di bambini e due teschi si è capito subito che i due teschi siamo noi, senza dover comparire esplicitamente in copertina. Volevamo una copertina che fosse meno riconducibile al genere che abbiamo fatto, ma una copertina che vedendola ti incuriosisce, ma non hai idea di quello che ci puoi trovare dentro.
Lavorate tra Milano, Roma e Napoli/Anversa. Le sei nuove tracce che arricchiscono il progetto originale dove sono nate?
Brown: Sono le tracce più milanesi del disco. Le uniche forse. Interamente scritte, vissute e registrate a Milano, a differenza del resto del disco, che è stato concepito e registrato in giro per tutta Italia.
THB ha totalizzato oltre 40 milioni di stream. Vi aspettavate questo grande riscontro?
Kirua: Io personalmente non ci credevo mentre vedevo la cosa crescere.
Brown: È stata l’opportunità per rendersi conto che le persone che avevano capito.
Il fatto di non aver potuto portare in tour il disco e vivere gradualmente la crescita del seguito vi preoccupa?
Brown: Abbiamo una fanbase molto affezionata e comunque abbiamo fatto recentemente qualche live in giro per l’Italia, quello ci ha sorpreso. Al live di Brescia c’erano più di 800 persone e quello proprio non me lo aspettavo. Ci siamo resi conto che non era solo una cosa di internet, comunque era la prima volta che facevamo brani vecchi anche di un anno ed il riscontro è stato lo stesso che mi sarei potuto aspettare un anno prima. Io non vedo l’ora di partire per il tour.
Voi avete fatto anni di gavetta prima del progetto THB, ma dalla sua uscita quanto è cambiata la vostra vita?
Kirua: Io e Brown avevamo due vite completamente diverse. Lui aveva già il progetto avviato, mentre io avevo iniziato da 4 anni ed ai tempi ero appena tornato dalla Francia, dove avevo avuto diversi problemi tra denunce e galera. Sono tornato a Roma ed è stato un periodo della mia vita dove facevo tante cose diverse; il cameriere, il ballerino e stavo per strada. Mi ero anche iscritto all’università di architettura, mi ero appassionato molto e sono arrivato fino alla laurea con tutti gli esami fatti per poi decidere di cominciare a fare musica.
Brown: La vita è cambiata, noi no.
Questa è una cosa che vede anche vi sta intorno?
Brown: La verità è che ci guardano un po’ con occhi diversi.
Vivete ancora a Roma?
Kirua: No per niente, viviamo stabilmente a Milano da quando è uscito l’album.
Il vostro è stato un progetto a 360 gradi, in cui sono coinvolti attivamente anche grafici, registi e produttori. Qual è il vostro processo creativo?
Kirua: C’è Zombie che è il nostro graphic designer, lui cura tutto. Per il resto la regola numero uno è: non avere regole. Cerchiamo sempre di trovare un modo nuovo di fare le cose, per non annoiarci.
Brown: Più che cercarlo, avviene. Non ci prefissiamo un metodo da seguire, ad un certo punto scriviamo una traccia e nascono le idee, ma non è sempre così: a volte parte da noi e altre invece da Zombie. La confusione più totale è il nostro metodo.
C’è qualche aneddoto in particolare sui brano?
Kirua: Cavallini e Ammò sono due singoli che abbiamo fatto perché io e Brown avevamo litigato, pensavamo anche di separarci poi ad un certo punto abbiamo deciso di riprendere in mano la situazione, per immortalare questa cosa e darle un valore simbolico abbiamo deciso di fare uscire una traccia mia e una sua insieme. Io in quel periodo mi ero trasferito a Napoli, avevo conosciuto dei ragazzini dei quartieri spagnoli, ci vedevamo tutti i giorni e ho instaurato un rapporto con loro. Erano proprio piccoli, magari mi chiedevano da fumare e io dicevo di no, però volevo regali un’emozione. Quindi ho deciso di portarli a casa e registrare una canzone. Ho registrato Cavallini con loro accanto e gli ho chiesto di trovarmi un posto nei quartieri dove girare un video che spacca. Il video lo abbiamo fatto in casa loro, senza quei ragazzi sarebbe stato impossibile farlo. Quei due mesi a Napoli mi hanno fatto molto bene, mi piace tantissimo anche se non ci vivrei mai stabilmente; nella vita quotidiana mi perderei troppo. Ora siamo Milano, io sono cresciuto in parte a Parigi, ma il prossimo goal è un altro: quest’anno vogliamo andare a Los Angeles.
Se doveste fare un feat con un americano chi sarebbe?
Kirua: Un sogno era Drakeo the Ruler, ci stavamo facendo un pezzo insieme, grazie a questo producer che avevamo conosciuto ad una serata a Milano. Lui ci aveva pluggati, ma purtroppo Drakeo è stato ucciso due giorni dopo che avevamo cominciato a lavorare al brano.
Il disco pensate di chiuderlo ad Los Angeles?
Kirua: Sicuramente ci lavoreremo, sarà parte del nostro processo.
Quello che più affascina di voi è la mentalità DIY e la volontà di fare le cose senza curarsi troppo delle dinamiche del mercato. Pensate di poter mantenere questo modus operandi anche in caso di una crescita ancora più grande in fatto di numeri e seguito?
Brown: Penso che sia una cosa che fa parte di noi a prescindere da tutto. Questo però non significa che ci chiudiamo delle porte, ma le cose saranno sempre nel nostro modo di vivere la vita. THB serve anche per cambiare le carte in tavola.
Quando non fate musica vostra, cosa ascoltate?
Kirua: Quello che ascoltiamo di più è tutto ciò che arriva da Detroit, Chicago e Los Angeles. Però poi il mio gruppo preferito sono i Gorillaz, anche se non c’entra niente ci ispiriamo molto ad un progetto come Demon Days.
Cosa vorreste dire a chi ritiene la vostra musica un meme?
Kirua: Vaffancul… Scherzi a parte io sono contento. Quello che volgiamo dire è don’t try this at home. All’inizio la cosa del meme la vivevamo male e non la volevamo nel nostro mood, però poi ci siamo resi conto che è una cosa che esiste e i meme sono nati da cose che abbiamo fatto a casa nostra per divertirci, quindi la cosa che mi fa sorridere è che sono derivati da cose nostre genuine.
Brown: Noi abbiamo lottato un po’ contro il rischio di diventare un meme, qualcuno in Italia lo è diventato, noi abbiamo evitato subito questa cosa. Se ci fai caso cerchiamo sempre di trovare qualcosa di nuovo e di interessante, per quanto il nostro immaginario sia sempre lo stesso. Non è che se troviamo una cosa che funziona allora quella dopo è la stessa, questo no.
Cosa ne pensate del fenomeno TikTok, dove ormai dilagano le vostre parodie?
Kirua: A chi lavora con noi un po’ gli rode e ci dice di farci TikTok perché potremmo sfruttarlo molto. Pero dal punto di vista personale ci fa ridere, a me è successo anche di ritrovarmi in casa a canticchiare alcune di queste parodie.
Se doveste dire alcuni film o serie che vi hanno ispirato nel processo creativo del disco quali sarebbero?
Kirua: Kids di Harmony Korine, un film che parla dei giovani a New York negli anni Novanta, senza filtri e senza retorica, come la nostra musica. L’idea di fare un film è l’idea che abbiamo quando facciamo un disco, il mood è di dirigere il tutto per creare il film che abbiamo in mente. Un giorno THB sarà anche un film.