10. Rkomi, Taxi Driver
Un concept album ora leggero, ora profondo, che riscrive il concetto di featuring. Come De Niro nell’omonimo capolavoro di Scorsese, Rkomi porta con sè le vite dei passeggeri condividendo con loro parte del proprio percorso (in questo caso, di vita). Le anime si toccano, i sound si mescolano, i generi si sublimano in un crossover d’autore che ha chiavi di lettura diverse e gradi di accessibilità compatibili con quasi tutti gli ascoltatori. Da sottolineare lo spessore della versione agli MTV Unplugged: una perla che porta Taxi Driver alla sua dimensione più viscerale e pura.
9. Massimo Pericolo, Solo tutto
Il secondo album di Massimo Pericolo è un prodotto maturo, schizofrenico, viscerale e nel contempo acerbo, lineare e superficiale. Tutto è il contrario di tutto in questo disco, perché è ciò che contraddistingue la natura delle persone sincere: l’incoerenza. La capacità di cambiare, per poi tornare al punto di partenza. Se c’è un superpotere in cui Massimo Pericolo è, a modo suo, un fuoriclasse della scena, è proprio l’incoscienza con cui riesce a mettersi a nudo. Solo tutto è un disco per voyeur. Perché non servono necessariamente gli occhi per guardare dentro ad una persona, se solo essa te lo lascia fare.
8. Madame, Madame
Partecipazione a Sanremo con Voce e debutto ufficiale per il talento veneto più chiacchierato dell’anno, che così – tra spaventose letture introspettive ed incalzanti ritornelli – è capace di lasciarci con un primo capitolo ben confezionato e con uno sguardo pieno di speranza per il futuro, configurandosi a pieno titolo come una tra le penne femminili più interessanti della scena musicale italiana.
7. Mahmood, Ghettolimpo
Ghettolimpo è la tesi sperimentale di Mahmood, che ha voluto abbandonare gli schemi ed il ruolo che la stessa musica pop italiana avrebbe voluto cucirgli addosso. I nuovi suoni spaziano tra elettronica, pop, R&B, rap e cori folkloristici sardi, mentre dal punto di vista estetico Alessandro ha imboccato la strada della maturità in merito all’iconografia e l’immaginario che vuole ricreare, tra riferimenti ad anime giapponesi e divinità pagane.
6. Gué, GVESVS
Due progetti in un solo anno per la G nazionale che, dopo il quarto volume della serie Fastlife Mixtape, si è rifatto vivo con un nuovo disco di inediti firmato Gué: GVESVS. Mr. Fini scava nel profondo del suo narcisismo per scrivere una delle pagine più introspettive ed affascinanti della sua carriera. Per ricordarci che il rap – nelle mani giuste – può certamente far saltare ed esaltare le folle, ma con il potere di indurle a riflettere. Sofisticata ignoranza permettendo.
5. Blanco, Blu Celeste
L’album di debutto di Blanco era una delle cose che più attendevamo in assoluto. Un prodotto senza fronzoli, che rispecchia lo stile scansonato e punk dell’artista bresciano, ma con un’autorialità e una sincerità pazzesche per un ragazzo di 18 anni. Capo tribù della generazione Z, Blanco con Blu Celeste riesce nell’impresa di arrivare anche agli adulti, grazie al suo stile innovativo e già inconfondibile.
4. Iosonouncane, Ira
Un’opera grandiosa. Un viaggio nei panorami sonori del jazz e dell’elettronica, uno storytelling fatto di linguaggi, in grado di cambiare e di adattarsi in base alla necessità (italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco e addirittura arabo). Iosonouncane con Ira porta la sperimentazione su un piano nuovo, praticamente inedito per il mercato italiano. Autoriale e ambizioso, questo disco è una delle piacevoli sorprese più inaspettate dell’anno solare.
3. Venerus, Magica musica
Affascinante, fine ed elegante: non sapremmo come meglio descrivere l’inconfondibile stile di Venerus. Magica musica è questo e tanto altro, nonché uno dei migliori dischi italiani di questo 2021. Una piacevole e matura alternativa musicale (insieme a Mace) che è stata sorprendentemente – dati i trend degli ultimi anni – capace di flirtare con l’universo mainstream. E noi ci auguriamo che possa continuare a farlo.
2. Mace, OBE
Anche voi avete avuto la sensazione di aver sentito qualcosa di diverso dopo cinque anni di vera e propria “trapcrazia”? Bene, sappiate che il merito è tutto di Mace e del suo ipnotico immaginario psichedelico. Il producer milanese, infatti, ha incarnato meglio di chiunque altro la voglia di cambiamento in termini prettamente musicali: un cambiamento direttamente connesso ad una maggiore ricercatezza del suono.
1. Marracash, Noi, loro, gli altri
Noi, loro, gli altri non lascia vie di scampo: è un modo piuttosto diretto di analizzare noi stessi e chi ci circonda. Marra sfrutta se stesso, la sua vulnerabilità e le sue domande esistenziali per fare in modo che quelle stesse domande ricadano su di noi. Laddove Persona ci permetteva di entrare dentro Fabio per avere un preciso ritratto del suo essere – e talvolta per compartirlo – qui siamo noi tutti ad essere oggetto di analisi. Perché lasciatemi dire una cosa: questo disco è perfetto come se fosse stato programmato da un software e, nonostante ciò, riesce ad essere ancora più intimo ed introspettivo del precedente.
Extra
È stato un anno buono per la musica italiana. Ecco perché non possiamo non citare alcuni prodotti già cult del loro genere: dal Motta più intimo di Semplice, al Caparezza di Exuvia: ricercatore di sé stesso e navigatore esperto in naufragi di successo. Abbiamo poi La terza estate dell’amore di Cosmo, un prodotto solido e nel contempo etereo, sognante eppure vigile. Il solito ottimo prodotto antipodale in grado di emozionare anche gli haters dell’elettronica. È poi l’anno del FLOP di Salmo, un disco che divide pubblico e critica, e che pertanto merita la nostra menzione. Il 2021 non è l’anno di Teatro d’ira – Vol. I, sarebbe troppo riduttivo. Questo è senza dubbio l’anno dei Måneskin come prodotto discografico. Dalla vittoria a Sanremo con Zitti e buoni si apre per la band capitolina un volano di opportunità lucenti e maestose, che toccano il loro apice con il coinvolgimento di Iggy Pop nel remake di I Wanna Be Your Slave. Scusate se è poco.