Get Back non è un film, né un documentario, né un film musicale. Il miracolo della ditta Peter Jackson & Fab Four è semplicemente un viaggio nel tempo. Le tecniche di restauro delle moltissime ore inedite di filmati (si parla di qualcosa come 57 ore) sono a dir poco miracolose. Ma si sa, il migliore degli attrezzi è nulla senza la mano e l’occhio di chi lo sa usare. Ed è qui Jackson riesce in un atto d’amore indescrivibile: rendere i Beatles vivi. La cosa che infatti salta subito all’occhio – e che poi accompagna l’intera visione dell’opera – è appunto questa sensazione di vita, complice anche un girato totale, senza filtri, finzioni o partiture recitate. Quello che vediamo sono quattro ragazzi (neanche tanto ex) sopravvissuti ad un successo planetario devastante e snaturante.
La fine dell’avventura aleggia su tutto, quasi mai esplicitata ma chiarissima, anche se vissuta da loro con malinconia ed affetto. Si percepisce la voglia e lo sforzo, al contempo, di essere quelli di prima: i ragazzini del Cavern. Anche le tensioni sono affettuose, mai sopra le righe, perse peraltro tra mille sigarette e molti thè, tra mille battute e atteggiamenti psichedelici (alcuni deliri sono divertentissimi quanto musicalmente interessanti). Poi c’è l’affetto fraterno tra John e Paul che si percepisce fortissimo, malgrado la presenza delle due rispettive fanciulle, tanto iper presenti (soprattutto Yoko) quanto fortunatamente ininfluenti. A saltare agli occhi, soprattutto, è il genio irrefrenabile di Paul, arrangiatore, inventore, motivatore e provocatore – il vulcano che francamente non mi sarei aspettato oltre, ovviamente, al mago dell’armonia e della canzone che tutti invece sappiamo.
Insomma, l’ambiente è a dir poco magico e la mano di Jackson è, per chi ci crede, mossa da un Dio che alla musica vuole indubbiamente bene. E di loro che dire? È chiarissimo, guardando quest’opera, perché dopo sessant’anni siamo qui ancora a parlare di loro. La pagina che hanno voltato i Fab Four nella storia della musica leggera è importantissima e oggettiva, ed oggi questa serie piena di attuale ed eterna magia non fa altro che dimostrarlo con una delicatezza commovente. Finita la visione, se non l’aveste ancora visto, recuperate il documentario di Macca con Rick Rubin (s’intitola McCartney 3, 2, 1 ed è disponibile sempre su Disney+) così da capire altre cose della stessa storia e rendervi conto che la magia di Jackson, incredibilmente, pur sembrando eternamente contemporanea, ha avuto molti decenni avanti a sé.