dark mode light mode Search Menu
Search

Accontentarsi di “Flop” è un errore, Salmo può fare molto di meglio

Ebbene sì, sono proprio caduto nella trappola del talento di Olbia e, a dirla tutta, nemmeno io avrei mai pensato di scrivere una recensione del genere: Flop, sesto album in studio di Salmo, è stato annunciato ironicamente come il «peggiore» della sua discografia ma la triste verità, ahimè, è che non stava scherzando per niente. Siamo ben lontani dai livelli toccati nei lavori precedenti e sarebbe stato sbagliato, d’altronde, pretendere un risultato simile. Il vero problema, però, è che non raggiungiamo nemmeno le altezze del precedente ed altrettanto criticato Playlist che oggi, nella sua interezza, ci appare come un progetto ben più godibile, compatto e di gran lunga meglio realizzato. Vi ricordate le odiatissime Il cielo in una stanza e Sparare alla luna? Perfetto, provate un po’ a metterle a confronto con la disastrosa Kumite e state sicuri che vinceranno la disputa a mani bassissime. Proviamo pure a lasciare da parte certi orrori dal punto di vista lirico come ad esempio i vari “so’ Lillo”, “pazzo per Gesù” o il famoso “caffè politicamente corretto” (sul serio?) degno del peggior Fedez.

E ancora, proviamo a tralasciare il risultato completamente disomogeneo dell’intera opera, che comunque offre molte sonorità interessanti a cui Salmo non è affatto estraneo. Resta tuttavia evidente che Flop non riesce nemmeno per un attimo a creare un’atmosfera coerente, cosa che ci si aspetterebbe da un disco di cotanta ambizione. Cosa ci rimane quindi? Un’intrigante qualità delle produzioni e degli arrangiamenti che, indubbiamente, sostengono una buonissima parte del disco. C’è poi, ovviamente l’invidiabile peso specifico dei featuring (solo quattro: Noyz Narcos, Marracash, Gué Pequeno e Shari). Infine da annotare un concept di base che, almeno sul piano teorico, avrebbe tutte le carte in regola per rendere possibile la realizzazione di un prodotto superiore o quantomeno al pari del suo predecessore (come ampiamente dimostrato dal monologo di Vivo, decisamente uno dei punti più alti della composizione). Perché Flop, alla fine dei conti, è esattamente questo: un lavoro pieno di spunti interessanti all’interno di sonorità altrettanto interessanti che, per una ragione o per un’altra, non vengono sviluppati come dovrebbero, consegnandoci un risultato confuso, incerto e altalenante non in grado di soddisfare chi come me ha seguito con attenzione il percorso del buon vecchio LeBon.

Sia chiaro: le cosiddette “perle” destinate a perdersi in questo grande e caotico calderone, se vogliamo, ci sono pure (La chiave, Ghigliottina, Marla, L’angelo caduto) ma si contano sulle dita di una mano. Tirate le somme, siamo di fronte ad un lavoro sufficiente (e mi sembra incredibile scriverlo) ma che non può spingersi oltre, il che potrebbe anche andare bene se non stessimo parlando di uno degli artisti italiani più influenti, stimolanti ed interessanti degli ultimi anni. Insomma, l’inconfondibile tocco di re Mida che da sempre caratterizza la carriera del rapper sardo sembrerebbe essersi esaurito proprio nel disco che vuole esorcizzare il tanto temuto demone del fallimento. Demone con cui, tra un’intelligente uscita via social ed un’altra, avrà sicuramente dovuto fare i conti e – in tutta onestà – mi pare abbastanza chiaro ed evidente chi ne sia uscito vincitore. Forse molti di voi non saranno d’accordo ma, alla fine, si è avverato proprio quello a cui non avremmo mai voluto credere e quella che ci era sembrata nulla più di un’innocente battuta volta a destare hype pare sia diventata realtà: dopo qualche giorno di riflessione, possiamo dire senza alcun timore che Flop è davvero il peggior disco di Salmo.