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Dentro “No Time To Die”, l’ultimo James Bond di Daniel Craig

A sei anni di distanza da Spectre, James Bond, per l’ultima volta interpretato da Daniel Craig, torna sul grande schermo nell’attesissimo No Time To Die. Con Casino Royale, il primo film interpretato da Craig, la casa di produzione EON ha messo in atto un profondo rinnovamento della saga: il nuovo 007, impersonato da un attore che si discosta in modo notevole dagli illustri predecessori, vanta infatti un arco narrativo caratterizzato da un’inedita continuity tra i diversi capitoli. No Time To Die segna quindi la fine della fortunata era di Daniel Craig anche in termini strettamente narrativi: se tutti i precedenti 007 si potevano infatti guardare in ordine sparso senza problemi di comprensibilità, Casino Royale inaugura una vera e propria saga nella saga, impossibile da fruire pienamente senza seguire con ordine tutti i capitoli. «È una conclusione appropriata ed emotivamente soddisfacente per l’arco del personaggio di Daniel Craig», spiega la co-produttrice Barbara Broccoli. «Le amicizie vengono cementate e rafforzate dalla pressione che i personaggi vivono verso la fine, cosa che ritengo sia successa anche negli ultimi due film», sostiene Rory Kinnear, e aggiunge che «le amicizie nella famiglia dell’MI6 si riflettono nel legame stretto tra gli attori». Lo stesso Daniel Craig dichiara di aver sentito che con No Time To Die ci fosse una storia da finire e molte questioni in sospeso da portare a termine: «Penso che l’abbiamo fatto e ne vado orgoglioso. Essere solo una piccola parte di tutto questo, è stato un onore».

No Time To Die, grazie a un impatto sentimentale senza precedenti, è una pellicola destinata a occupare un posto d’eccezione nella lunga saga di 007: lo sbalorditivo finale del film è infatti solo l’apice di quello che Craig definisce un vero e proprio «viaggio emotivo», in cui «i temi più importanti sono l’amore e la fiducia». Cary Joji Fukunaga, primo regista americano a firmare la regia uno 007 e già direttore della seconda unità dei film precedenti, ha sfruttato nel modo migliore l’altissimo budget a disposizione ed è riuscito a sostenere questo episodio di inedita importanza con un apparato tecnico di altissimo livello. La regia è elegante, il coordinamento degli stuntmen frutto di un lavoro impeccabile e la fotografia, curata da Linus Sandgren – premio Oscar per La La Land, è negli interni davvero notevole, anche grazie al contributo di una scenografia varia, coerente con i numerosi luoghi in cui si svolge l’azione e sempre suggestiva. Fukunaga voleva «onorare tutti i film di Bond in termini di leitmotiv e aspettative», e sicuramente non ha fallito. Il comparto tecnico è valorizzato da un cast stellare, che, Craig a parte, vede il ritorno di Ralph Fiennes, Léa Seydoux, Naomie Harris, Ben Whishaw e Christoph Waltz, oltre a illustri new entries quali Ana de Armas e il premio Oscar Rami Malek, magistrale nella sua glaciale interpretazione del villain Lyutsifer Safin.

Risultano all’altezza delle enormi aspettative anche due dei settori in cui i film di 007 si sono sempre distinti, ovvero il main title design, curato dall’affermato regista pubblicitario Daniel Kleinman, e la colonna sonora, affidata ad Hans Zimmer, in prima persona fan della saga. «Mi è stata sottoposta una canzone di Billie Eilish creata da lei e da suo fratello Finneas O’Connell – dice il compositore in riferimento alla già celebre title track – era solo una demo, eppure ho detto: “Non voglio sentire altro. Questo è tutto”. Allora non conoscevano la storia, ma la loro canzone mi è sembrata già una storia». «È un brano molto moderno, ovviamente, ma molto intenso. È piuttosto radicale perché è così fragile, e la sua forza sta nell’aspetto minimalista», spiega invece Johnny Marr, che ha collaborato con Zimmer. Insomma, No Time To Die è il degno epilogo di una saga che ha ridefinito in modo radicale l’universo di 007 e un’esperienza audiovisiva a 360 gradi, che riconferma l’importanza della sala cinematografica per essere fruita nel modo più completo.