La fenice è un uccello mitologico che trae le sue origini dalla religione dell’antico Egitto, periodo nel quale era conosciuta come Benu, o Bennu, simbolo della nascita e della risurrezione dopo la morte. Nel corso dei secoli venne rinominata dai greci, per l’appunto, phoenix. La peculiarità che l’ha resa una delle figure mitologiche più popolari è legata alla sua morte e resurrezione: giunta alla fine della sua esistenza, la fenice moriva bruciata, riducendosi in cenere. Dalle sue stesse ceneri, nasceva una nuova fenice. Ed è proprio in quest’ottica che ho interpretato il decimo film del DC Extended Universe. La DC è riuscita a riportare in auge il filone narrativo della Suicide Squad affossato fin da subito dal pessimo primo capitolo diretto da David Ayer. Tutto ciò, però, non sarebbe stato possibile senza la mano di James Gunn. Il regista statunitense aveva già apportato dei cambiamenti rilevanti al MCU con i due capitoli sui Guardiani della Galassia, pur non avendo completamente carta bianca sulla realizzazione. Con The Suicide Squad – Missione suicida, Gunn ha avuto totale libertà creativa e ha sfoderato il miglior film del DC Extended Universe.
Per quanto non sia tecnicamente un sequel, i collegamenti con il film di Ayer ci sono, come la presenza di Harley Quinn, Rick Flag e Amanda Waller. L’impostazione, però, è completamente diversa, come se James Gunn avesse voluto prendere le distanze, in tutti i sensi, dal primo film. Le prime scene sono dedite alla demolizione degli ultimi residui rimasti, concreti e concettuali, del film di Ayer, a partire dalla Suicide Squad stessa. Quella di Gunn, è una squadra fatta di emarginati, derelitti che vivono in una fase di riscatto. La stessa Harley Quinn, che mantiene lo stesso carattere folle del prequel, avrà il suo momento di redenzione, facendo riferimento in maniera velata alla sua storia con il Joker. A differenza della prima Suicide Squad, composta da criminali fantocci e patetici, che in maniera forzata si ripetevano di essere i cattivi, l’empatia con i nuovi membri è molto più forte, proprio per questo loro carattere più umano, nonostante il film e i personaggi siano sopra le righe. La presenza di John Cena nel ruolo di Peacemaker è esemplificativa da questo punto di vista. Il suo ruolo dimostra come il film sia notevolmente calibrato tra spettacolarità e componente riflessiva. Molti dei componenti della squadra hanno un background fatto di traumi e sofferenze che si mescolano con il potere al quale sono legati, come nel caso di Polka-Dot Man. Inoltre, il film di Gunn non si risparmia dal condannare apertamente certe parentesi oscure della storia americana, legata alla figura dell’alieno Starro.
Nonostante la componente riflessiva sia sempre presente nel corso della pellicola, la spettacolarità e la comicità non sono da meno. James Gunn ha dato vita al film più violento e pregno di elementi splatter dell’intero DC Extended Universe, dal quale si evincono le sue radici nella Troma Entertainment. Le scene d’azione sono numerose e ognuna di esse possiede connotati diversi: dal grottesco al drammatico, dall’action allo spionaggio, ogni scena d’azione indossa vesti diverse e offre allo spettatore emozioni uniche e mai ripetitive. A dare maggiori sfumature alle scene d’azione contribuisce anche il montaggio e la complessa colonna sonora, curata da John Murphy, a dimostrazione dell’importanza che James Gunn riserva alla componente musicale. Dopo aver dato una svolta significativa al MCU, James Gunn approda al mondo DC e cambia le carte in regola, ridando vita a un filone ritenuto morto e rendendolo particolarmente redditizio: infatti, è stato annunciato, nel settembre 2020 la produzione di una serie spin-off sul personaggio di Peacemaker, con John Cena nei panni del protagonista e, ovviamente, James Gunn alla stesura.